È stato presentato questa mattina a Roma, al Ministero della Cultura, il Padiglione Italia alla 59a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Il padiglione, curato da Eugenio Viola, vedrà la presenza di un solo artista, Gian Maria Tosatti, e si intitolerà Storia della notte e destino delle comete. “Un titolo evocativo e complesso”, lo ha definito il curatore Viola, “che si riferisce a una situazione legata la nostro presente incerto e metapandemico. Scientificamente è provato che esiste una correlazione tra epidemia e progresso. Alla luce degli scenari attuali, nell’elaborazione del nostro progetto ci chiedevamo come l’arte potesse riflettere su questi scenari incerti, come potesse rapportarsi alle ecologie sostenibili”.
Questi interrogativi, ha spiegato Viola, informano Storie della notte e destino delle comete, un lavoro teatrale che inizia con un prologo in sordina e si sviluppa in due atti scanditi dal nome del progetto. Si tratterà di un progetto immersivo, anche strutturalmente molto importante, ragion per cui sono state necessarie risorse adeguate: il Padiglione Italia costerà infatti oltre due milioni di euro, 600.000 dei quali finanziati dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, mentre 1.450.000 giungeranno dagli sponsor e dai donatori. Sanlorenzo e Valentino sono i due main sponsor, ai quali si affiancano Xiaomi, e ancora Folio e Ital Stage come sponsor tecnici principali, e Bonotto, Laterlite, Marcegaglia, Fondazione Morra, Mosaico Studio come sponsor tecnici. Tra i vari donor e quanti hanno sostenuto il progetto figurano Gianfranco D’Amato, Bareva Foundation, Dedar, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Giuseppe Iannaccone, Francesca Lavazza, Palazzo Bentivoglio, Spada Partners, Margherita Barberis Canonico, LCA Studio Legale, Galleria Lia Rumma.
Il progetto si svelerà ai visitatori “in un crescendo rossiniano, con una epifania finale”, ha spiegato Viola. La storia della notte ripercorre una parte della storia d’Italia, ovvero l’ascesa e la caduta del sogno industriale italiano dal boom economico (il “miracolo italiano” come veniva chiamato all’epoca) fino alla caduta degli ultimi anni. La prima parte, molto concettuale, preparerà alla visione finale, quella del destino delle comete, che annuncia una visione palingenica e catartica che però proporrà anche uno sguardo propositivo sul presente. “Crediamo che l’ottimismo di questi tempi debba essere una necessità etica, un’obbligaazione morale”, ha dichiarato Viola. Il percorso sarà sostenuto da referenti letterali come tipico del lavoro di Tosatti, da Andrea Zanzotto (il “progresso scorsoio”) a La dismissione di Ermanno Rea, passando anche per Gomorra di Roberto Saviano. “Non intendiamo prendere una posizione decisa su quello che andiamo a presentare”, ha specificato Viola: “io personalmente ritengo che un’opera, un progetto, un padiglione siano riusciti se una volta terminata l’esperienza della visione, il visitatore vada via con più domande di quando è arrivato”. Quanto all’artista, con cui Viola collabora da anni, il curatore ha spiegato: “Ritengo il lavoro di Gian Maria un unicum nel panorama artistico italiano e internazionale. La sua formazione per certi versi è eccentrica: inizia confrontandosi con i domini dell’arte e dell’abitare (il peccato originale del teatro ha irriducibilmente plasmato e plasma il lavoro che andremo a presentare), negli ultimi vent’anni ha costruito un corpus coerente di lavori che dialoga in maniera dialettica con le coeve esperienze contemporanee ma allo stesso tempo ribadisce le ragioni di una ricerca ancora una volta irriducibilmente italiana”. Il curatore ha concluso definendo “ambizioso, difficile, visionario” il suo Padiglione Italia, ritenendolo un progetto “che unisce il lavoro di Gian Maria Tosatti a una serie di stimoli differenti sfidando la tradizione avanguardistica della Gesammtkunstwerk”.
“Il 1° febbraio 1975”, ha dichiarato Gian Maria Tosatti, “Pier Paolo Pasolini sul Corriere della Sera scriveva un editoriale in cui lamentava che mentre il nostro Stato si perdeva dietro alle sue lotte costanti, alle sue piccolezze di potere e di burocrazia, non ci accorgevamo che stavano scomparendo le lucciole. La scomparsa delle lucciole per Pasolini significava un cambiamento del rapporto tra uomo e natura, pericolosissimo e irreversibile. Il 1975 era tanto tempo fa e io non ero nemmeno nato, noi ci preoccupavamo di piccolezze e intanto il mondo sprofondava, e dopo tutti questi anni siamo ancora impegnati in queste piccolezze dell’umano... e allora la Russia, l’America, l’Ucraina... siamo sempre lì a parlare delle solite cazzate (come la guerra). Non ci muoviamo mai: è questa la battaglia, la guerra che abbiamo perduto: non ci stiamo evolvendo. Pasolini diceva ’darei l’intera Montedison per una sola lucciola’. Quando lavoravo l’anno scorso sulla frontiera russa, un frontiera militarizzata (sono anche stato arrestato), restavo molte ore al giorno su un fiume che costituisce la frontiera tra la Russia e l’Estonia, e guardavo gli uccelli che passavano da una parte all’altra, e mentre noi avevamo tutte le limitazioni del mondo, c’erano questi animali che con la massima libertà potevano andare dove volevamo, e io mi sentivo fortemente inferiore a loro, e mi rendevo conto che abbiamo perso la libertà. La storia della notte del nostro padiglione deve finire con un’immagine che mostri non una via d’uscita, ma un’evoluzione: non si esce da dietro vigliaccamente, ma si affrontano i problemi e si superano. Di questo parla il nostro padiglione: di ciò che non siamo stati capaci di diventare fino a oggi, e di ciò che dovremmo trovare il coraggio di diventare”.
Secondo Tosatti, “il compito dell’arte è farci sentire nelle vene il bruciore di una condizione insostenibile che chiede il nostro cambiamento. La tragedia per me è l’atto fondatore dell’arte moderna, basato su un meccanismo che è quello della catarsi”. Non sarà, ha voluto spiegare, un padiglione Italia moralista: “La catarsi non è fare la morale: è uscire dalla tragedia con il sangue che brucia nelle vene e dice che non possiamo continuare a essere ancora per un minuto ciò che siamo stati fino a oggi. L’uomo dev’essere in grado di cambiare sempre. Abbiamo delle sfide in questo momento e non possiamo rispondere con risposte che sono già vecchie. Dobbiamo svegliarci nel presente. Altrimenti moriamo”.
“La scelta di Eugenio Viola e di Gian Maria Tosatti (e di conseguenza la scelta su un unico autore)”, ha affermato il ministro della cultura Dario Franceschini, “ha costruito un progetto legato a grandissimi temi di attualità, domande che la pandemia ci pone tutti i giorni in modo più urgente rispetto a quando ci venivano poste fino a qualche tempo fa. Crediamo che sia un lavoro in sintonia con la mostra internazionale, un’altra prova che l’Italia in molti settori riesce a essere avanti”.
“È un’iniziativa alla quale crediamo moltissimo”, sottolinea Onofrio Cutaia, direttore generale Creatività Contemporanea del MiC. “Abbiamo proceduto all’individuazione di una terna sulla quale poi il ministro ha preso la decisione finale per Eugenio Viola e Gian Maria Tosatti: la nostra direzione generale è molto dinamica, ha il know how per questa attività, abbiamo individuato dieci curatori italiani con esperienza internazionale, quindi di grande valore, e semplicemente abbiamo poi verificato quali fossero le condizioni migliori per arrivare all’individuazione del progetto finale. Certamente ha giocato molto il fatto che avremmo voluto concentrarci su non più di due o tre artisti, e certamente avremmo anche individuato con molto favore un progetto che poi ne proponesse veramente uno. È un progetto di natura immersiva: quando abbiamo letto, confrontandolo anche con tutte le proposte che ci sono arrivate, questo progetto siamo rimasti molto sorpresi. A cominciare dal titolo: ci ha molto colpiti l’idea di questo percorso che Eugenio ha immaginato e che Gian Maria concretizzerà nell’opera che vedremo”.
Nella foto: Gian Maria Tosatti
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