Prime acquisizioni di NFT per uno dei musei d’arte contemporanea più importanti del mondo, il Centre Pompidou di Parigi. Si tratta della prima acquisizione di una serie di NFT da parte di un’istituzione pubblica francese, e la prima di tale importanza da parte di un’istituzione dedicata all’arte moderna e contemporanea. Queste acquisizioni rientrano nella strategia del Musée National d’Art Moderne di sostenere, fa sapere il museo, gli artisti nella conquista di nuovi mezzi di creazione. È il risultato di un lavoro congiunto con i team scientifici e amministrativi del Ministero della Cultura. Le acquisizioni riguardano 18 progetti di 13 artisti francesi e internazionali, selezionati da un’apposita commissione del Centre Pompidou, ed entrano nella collezione tramite donazione o acquisto. Queste opere sono relative a varie pratiche e culture: crypto art, arti visive, net art e arte generativa. Riflettono la sorprendente ricchezza delle forme di creazione artistica legate alla blockchain e la varietà delle posizioni assunte dagli artisti di fronte a questo fenomeno.
Questi gli artisti che entrano nella collezione con, tra parentesi, le relative opere: Aaajiao (NTFs_aaajiao), Emilie Brout et Maxime Marion (Nakamoto – The Proof), Claude Closky (NFT), Fred Forest (NFT-Archeology), John Gerrard (Petro National – Nigeria), Smoke Hands (dark), Agnieszka Kurant (Sentimentite-Mt. Gox. Hack), Jonas Lund (Smart Burn Contract – Hoarder), Larva Labs (CryptoPunk #110, Autoglyph #25), Jill Magid (Hand-hacked Bouquet 1), Sarah Meyohas (Bitchcoin, Cloud of Petals), Robness (Bitcoin, Dorian Generatives), Rafael Rozendaal (Horizon 31, Horizon 59, Horizon 73), John F. Simon Jr (Every Icon #419).
“La blockchain”, afferma il museo in una nota, “ha segnato notevolmente l’ecosistema dell’arte digitale, sia in termini di produzione che di circolazione delle opere. La ricerca svolta dal Musée National d’Art Moderne su questo fenomeno ha permesso di costruire un ambizioso progetto di acquisizione della collezione nuovi media, dedicata fin dalla creazione del Centre Pompidou nel 1977 all’osservazione degli usi artistici di tecnologie emergenti. Non si tratta tanto di interessarsi al fenomeno culturale dei ‘collectibles’, raccolte di immagini vendute da NFT, quanto di esplorare gli usi creativi più arditi di questa tecnologia, impegnandosi in una singolare riflessione sull’ecosistema crypto. le definizioni e i contorni dell’opera d’arte, dell’autore, della collezione e del pubblico ricevente. Questo progetto mira quindi innanzitutto a un approccio selettivo, in linea con i gesti forti della storia dell’arte che, a partire dal Novecento, hanno assunto una dimensione concettuale per avvicinarsi al mondo contemporaneo e farne parte deviando l’uso commerciale delle risorse sia tecnologiche che artistiche. Una delle missioni del Centre Pompidou è l’attenzione costante alla creazione emergente e alla sperimentazione artistica. Il Musée National d’Art Moderne, con la sua prospettiva storica, richiede un approccio scientifico, sia esplorativo che selettivo. Si tratta di iscrivere nelle collezioni dello Stato realizzazioni artistiche che, per la loro originalità, la loro complessità e la loro qualità critica, siano in grado di dialogare con la storia dell’arte presente e futura, al di là degli effetti mediati del mercato”.
La collezione del Musée National d’Art Moderne in effetti ha sempre storicamente accolto forme d’arte che, per il loro carattere profondamente innovativo, sfidano le abitudini di un’istituzione in termini di acquisizione, conservazione e diffusione della creazione artistica. La collezione dei nuovi media, in particolare, ha la missione di concentrarsi sulle forme d’arte legate alle tecnologie emergenti. Questa missione ha riunito dagli anni Settanta un gruppo di opere con pochi eguali al mondo, che spazia dai pionieri del suono e del video elettronici (Peter Campus, Joan Jonas, Bruce Nauman, Nam June Paik, Julia Scher, Steina e Woody Vasulka, Bill Viola), alle opere digitali interattive o che utilizzano tecnologie generative. Diverse generazioni di artisti che prediligono gli strumenti informatici sono quindi già rappresentate in questa raccolta: Zoe Beloff, Claude Closky, Rainer Ganahl, Chris Marker, Mika Tajima, Juha Van Ingen, Young-Hae Chang Heavy Industries, ecc.
Allo stesso tempo, la collezione del Musée National d’Art Moderne testimonia una tradizione di opere “immateriali”, basate su certificati o altre forme sperimentali di transazione: da Checkbook di Yves Klein (1959) fino alla performance di Tino Sehgal, This Situation, opera del 2007 acquisita nel 2010 senza che l’artista abbia lasciato alcuna traccia materiale della transazione, secondo il protocollo specifico della sua pratica abitativa, escludendo ogni forma di archivio. Tante opere che riflettono una genealogia della smaterializzazione e riproducibilità dell’opera d’arte, essenziale per comprendere il fenomeno degli NFT.
L’acronimo NFT (non-fungible token) designa un “token non fungibile”. Si tratta concretamente di un token digitale, memorizzato su una blockchain, vale a dire una tecnologia di archiviazione delle informazioni in rete simile a un registro condiviso, decentralizzato e crittografato. A differenza di altri token digitali, come quelli utilizzati nelle criptovalute, gli NFT non sono intercambiabili, da qui la loro designazione come token “non fungibili”. Questa unicità spiega l’uso privilegiato degli NFT come certificati o titoli di proprietà di beni digitali, comprese le opere d’arte. Quando circolano sul mercato, gli NFT consentono anche di automatizzare la gestione di alcuni aspetti del diritto d’autore (tra cui il diritto di seguito, a condizione che l’artista riceva una percentuale sulla transazione per ogni vendita dell’opera). Gli NFT sono anche un modo per i creatori di mantenere un rapporto più diretto con una comunità di appassionati e collezionisti, liberandosi dai tradizionali attori del mercato dell’arte. Se questi token possono attestare la proprietà di un’opera, raramente ne sono il medium, riferendosi nella maggior parte dei casi a un file archiviato esternamente: si parla allora di opere “off-chain”. Più raramente contengono tutte le informazioni costitutive dell’opera di cui costituiscono veramente un supporto: si parla allora di opere “on-chain”.
Il prossimo sabato 8 aprile si terrà al Centre Pompidou una tavola rotonda interamente dedicata agli NFT. La parola è data in via prioritaria agli artisti, che illustreranno gli effetti che lo sviluppo della blockchain ha avuto sulla loro pratica, e sul mondo dell’arte in generale. Inoltre, tutte le nuove opere acquisite saranno oggetto di una presentazione all’interno della collezione del Museo nel corso del 2023.
Immagine: Agnieszka Kurant, Sentimentite-Mt. Gox. Hack
Il Centre Pompidou di Parigi acquisice 18 opere in NFT per la propria collezione |