Vittore Carpaccio, protagonista della Venezia del '400. Vita, opere, stile


Vittore Carpaccio è stato uno dei pittori protagonisti della Venezia del XV secolo. La vita, le opere, lo stile.

Vittore Carpaccio, detto talvolta anche Vittorio (Venezia, 1465 circa – Capodistria, 1526), è stato uno dei massimi pittori veneziani del Rinascimento. Particolarmente legato alla sua città, Venezia, Carpaccio divenne celebre per i grandi teleri, grandi opere su tela che nella città lagunare, per ragioni di conservazione, sostituivano gli affreschi (che per effetto dell’umidità si sarebbero facilmente degradati), e su cui spesso venivano rappresentate storie sacre, in particolare di santi.

In generale, Carpaccio ha sempre privilegiato le tematiche agiografiche, dimostrando di possedere una vasta cultura umanistica, grazie all’inserimento nelle sue opere di citazioni particolari e alla capacità di inserire elementi non realistici all’interno di episodi realmente accaduti. Grazie ai suoi teleri è inoltre ritenuto uno dei migliori testimoni dell’aspetto della Venezia del Quattrocento.

Fu molto rinomata la sua tendenza a dedicarsi in maniera molto laboriosa ai dettagli più minuti della composizione. La sua fortuna fu altalenante, tra scarso successo e grandi commissioni, fino ad un progressivo declino e abbassamento di livello della sua pittura, a causa della sua convinzione di non volersi adattare alle nuove tendenze, ma restare coerente con i suoi modi pittorici.

Vittore Carpaccio
Vittore Carpaccio

La vita di Vittore Carpaccio

La vita e la parabola artistica di Vittore Carpaccio sono strettamente legate alla città di Venezia. Qui, l’artista nacque intorno al 1465. Non si conoscono molti dettagli della sua vita a causa della scarsità di informazioni su fonti scritte, tuttavia diverse notizie a noi note sono state desunte dall’analisi delle date apposte sui dipinti che recano la sua firma. Riguardo alla sua famiglia, le informazioni certe riguardano il nome del padre, Pietro, ed è risaputo che sin da piccolo Carpaccio fosse un assiduo frequentatore dei prestigiosi ambienti umanistici di Venezia. Anche da adulto, l’artista diede ampia dimostrazione di avere una cultura molto vasta, tramite l’inserimento nelle sue opere di citazioni ricercate. Il cognome “Carpaccio” (italianizzazione della firma Carpathius e Carpatio con cui l’artista si firmava) è in realtà un adattamento di “Scarpazza” o “Scarpazo”, famiglia originaria dell’isola di Mazzorbo che tuttavia, forse già nel Trecento, si era trasferita a Venezia. Risale tuttavia al 1472 il primo documento che lo riguarda: si tratta del testamento dello zio, Ilario, frate del convento di Sant’Orsola (al secolo Giovanni Scarpazza), che designava Vittore come erede in caso di lite tra i beneficiari del testamento.

Vittore Carpaccio fu uno dei massimi esponenti della scuola pittorica veneziana, e si ritiene che i maestri che lo accompagnarono nella sua formazione artistica e che furono di ispirazione per la sua arte furono Gentile Bellini, Lazzaro Bastiani, Giovanni Bellini e Antonello da Messina. A questo contatto diretto, Carpaccio abbinava una buona conoscenza dell’arte fiamminga. Inoltre, è quasi certo che abbia avuto modo di vedere e studiare le opere di Piero della Francesca a Ferrara. Alcune fonti individuano come altro suo maestro il pittore Jacometto Veneziano, molto celebre ed ammirato all’epoca.

Rispetto all’alta attenzione riservata ad altri artisti veneziani a lui contemporanei, le opere di Carpaccio sono state a lungo poco valorizzate. Tuttavia, in seguito, le sue opere sono state rivalutate e Carpaccio iniziò pià tardi a diventare molto richiesto, ottenendo importanti committenze dalle potenti Scuole veneziane. Per esempio, tra il 1490 e il 1495 fu coinvolto nella realizzazione dei teleri con le Storie di sant’Orsola per la Scuola di Sant’Orsola, oggi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, e più tardi sarebbe stato incaricato delle decorazioni per la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista. Ancora, tra il 1501 e il 1502 fu incaricato di realizzare un grande telero per la Sala dei Pregadi in Palazzo Ducale, e sempre all’inizio del Seicento ottenne la commissione per il ciclo di teleri della Scuola di San Giorgio degli Schiavoni. Successivamente avrebbe lavorato per la Scuola di Santa Maria degli Albanesi (tra il 1504 e il 1508) e per quella di Santo Stefano (tra il 1511 e il 1520). Tuttavia, mentre la pittura veneziana si apriva verso alcuni rinnovamenti, Carpaccio preferì sempre restare molto coerente con il suo stile e non volle adeguarsi alle novità, subendo nel tempo un declino piuttosto rapido. A poco a poco, infatti, le committenze diventarono più ridimensionate, arrivando per lo più da piccole chiese di provincia. Una di queste arrivò dal duomo di Capodistria, città dove Carpaccio si stabilì definitivamente e dove morì nel 1526.

Vittore Carpaccio, Incontro dei fidanzati e partenza per il pellegrinaggio, dalle Storie di sant'Orsola (1495; tempera su tela, 280 x 611 cm; Venezia, Gallerie dell'Accademia)
Vittore Carpaccio, Incontro dei fidanzati e partenza per il pellegrinaggio, dalle Storie di sant’Orsola (1495; tempera su tela, 280 x 611 cm; Venezia, Gallerie dell’Accademia)
Vittore Carpaccio, Sogno di sant'Orsola, dalle Storie di sant'Orsola (1495; tempera su tela, 274 x 267 cm; Venezia, Gallerie dell'Accademia)
Vittore Carpaccio, Sogno di sant’Orsola, dalle Storie di sant’Orsola (1495; tempera su tela, 274 x 267 cm; Venezia, Gallerie dell’Accademia)
Vittore Carpaccio, Martirio e funerali di sant'Orsola, dalle Storie di sant'Orsola (1493; tempera su tela, 271 x 561 cm; Venezia, Gallerie dell'Accademia)
Vittore Carpaccio, Martirio e funerali di sant’Orsola, dalle Storie di sant’Orsola (1493; tempera su tela, 271 x 561 cm; Venezia, Gallerie dell’Accademia)
Vittore Carpaccio, Miracolo della Croce a Rialto (1496 circa; tempera su tela, 365 x 389 cm; Venezia, Gallerie dell'Accademia)
Vittore Carpaccio, Miracolo della Croce a Rialto (1496 circa; tempera su tela, 365 x 389 cm; Venezia, Gallerie dell’Accademia)
Vittore Carpaccio, San Giorgio e il drago, dalle Storie di san Giorgio (1502; tempera su tavola, 141 x 360 cm; Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni)
Vittore Carpaccio, San Giorgio e il drago, dalle Storie di san Giorgio (1502; tempera su tavola, 141 x 360 cm; Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni)

Lo stile e le opere principali di Vittore Carpaccio

Carpaccio si è rivelato uno degli artisti più colti ed intellettuali del suo tempo. Nei suoi lavori è possibile individuare elementi che rivelano una conoscenza approfondita in merito ai primi libri stampati, i poemi e romanzi cortesi, l’archeologia, le opere della classicità, le iscrizioni greche ed ebraiche, l’agiografia, l’araldica, i bestiari e gli erbari. Il critico d’arte Giulio Carlo Argan sottolineò come la pittura di Carpaccio, che per lo più si concentra su tematiche agiografiche, non avesse fini educativi per insegnare a pregare o a filosofare. Anzi, aderiva più alla dottrina di Aristotele e all’empirismo, molto diffusa al tempo nell’Università di Padova.

Sin dagli esordi, Carpaccio ha sempre presentato nelle sue opere uno stile personale, non adeguandosi alle mode pittoriche del periodo. Caratteristici della sua produzione sono i teleri, grandi quadri su tela che venivano utilizzati diffusamente come decorazioni a muro ed erano molto richiesti a Venezia. Spesso venivano decorati con rappresentazioni di storie di santi, come i primi teleri conosciuti di Carpaccio con le Storie di sant’Orsola (1940), realizzati per una cappella della Scuola dedicata alla santa e tratti dalla Legenda aurea di Jacopo da Varazze. Carpaccio eseguì in tutto nove tele, le cui date asciano intendere che non realizzò gli episodi nell’ordine del racconto, ma vi si dedicò a più riprese appena le pareti dell’edificio venivano sgomberate da elementi di mobilio antichi.

Proprio il distacco nel tempo fa emergere come Carpaccio avesse sviluppato una maturazione molto rapida, passando dall’essere piuttosto acerbo e in alcuni casi impacciato, soprattutto nella composizione e nella prospettiva delle scene, che mancano spesso di un focus narrativo, a presentare soluzioni di grande pregio, grande sicurezza nella composizione dei paesaggi e scorci profondi. I personaggi ritratti non vengono mai rappresentati con espressioni emotive particolari, ma sembrano quasi sospesi in un limbo senza tempo. La luce viene utilizzata per dare risalto a dettagli molto minuziosi delle architetture e degli abiti. In generale, Carpaccio fu un pittore molto abile nella resa dei particolari, a cui dava molta importanza applicandovisi con grande dedizione. Inoltre, attraverso le scene della santa che viene rapita e poi brutalmente uccisa a Colonia da parte di un’orda di unni, subendo lo stesso destino delle vergini che l’avevano accompagnata nel viaggio per incontrare a Roma il suo promesso sposo, è possibile leggere una chiara allegoria della vicenda di Venezia, impegnata a quel tempo in uno scontro contro i turchi.

I teleri di Sant’Orsola garantiscono a Carpaccio altre commissioni, come altri teleri per la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista e il Miracolo della Croce a Rialto (1496), in cui il miracolo viene posto sulla sinistra della tela, e il resto dello spazio viene dedicato ad una rappresentazione di Venezia piena di vita, costituendo uno dei casi in cui la veduta della città lagunare raggiungerà un livello così elevato da detenere a lungo il primato, fino all’arrivo di Canaletto. Carpaccio volle rappresentare la città di Venezia nel suo momento di massimo splendore e ricchezza, con un duplice obiettivo: enfatizzare il grande orgoglio civico che serbavano i veneziani, e ricalcare le posizioni ideologiche e politiche dei suoi committenti, che riconoscevano quindi in Carpaccio una evidente tendenza a ricoprire il ruolo di pittore di propaganda.

Spesso Carpaccio si permise di inserire alcune licenze nelle sue opere, come la rappresentazione di edifici non esistenti nella realtà, oppure la presenza di abiti e copricapi molto variopinti ed animali dal gusto esotico, conferendo alle scene un carattere favolistico, che tuttavia non sfocia mai nel fantastico, in quanto rappresenta pur sempre fatti accaduti realmente.

Tra il 1502 e il 1507, Carpaccio fu impegnato nella realizzazione di alcuni teleri con le Storie di San Giorgio, per la scuola di San Giorgio degli Schiavoni. A differenza dei teleri della Scuola di Sant’Orsola, in cui in ogni storia vi erano rappresentati più episodi, in questi Carpaccio si dedicò a singoli episodi, il cui culmine è San Giorgio uccide il drago. La celebre scena viene ambientata in un paesaggio dal sentore esotico, esaltando così la figura dell’eroe giunto da lontano per risolvere la situazione di pericolo e riportare il mondo all’ordine. Oltre alle storie di san Giorgio, i teleri realizzati per la scuola presentano anche altri episodi agiografici, tra cui alcuni episodi della vita di san Gerolamo e san Trifone, e due scene importanti dei Vangeli quali la Vocazione di San Matteo e la Preghiera nell’orto del Getsemani. Le due scene di san Matteo vennero scelte per indicare la venerazione della Scuola al Santo, dopo che gli venne donata una sua reliquia.

In questo ciclo viene accentuata la presenza di elementi fantastici ed immaginarsi, che si fondono sapientemente con i dettagli più realistici in modo che la scena risulti comunque credibile.

Negli ultimi teleri, datati al 1507, Carpaccio tradisce una certa ripetitività in alcune soluzioni e un impoverimento del colore. Probabilmente in questo periodo aveva iniziato a circondarsi di collaboratori che intervenivano sulle sue commissioni.

Datata al 1510 è l’opera Ritratto di Cavaliere impreziosita dall’incisiva definizione grafica. Si annoverano nella sua produzione anche le pale con san Pietro Martire di Murano e quella per Santa Maria in Vado di Ferrara, a testimonianza di una fama ormai consolidata, che gli permetteva quindi di ottenere commissioni al di fuori di Venezia e per importanti province italiane.

Nel corso degli anni, Carpaccio, non volle adeguarsi alle innovazioni e alle tendenze contemporanee. Infatti, mentre salivano agli onori delle cronache le novità nell’uso del colore portate da Giorgione, Tiziano, Sebastiano del Piombo e si aveva notizia delle grandi opere di Raffaello e Michelangelo, lo stile di Carpaccio al confronto risultava sempre più antiquato. Egli stesso si trovò spaesato al contatto con i nuovi artisti: si narra infatti di un episodio in cui venne chiamato a valutare alcuni affreschi di Giorgione per decidere il compenso da attribuire all’artista, trovandosi davanti ad opere radicalmente diverse dalle sue. Carpaccio rimase così isolato, un fattore che condizionò i suoi ultimi lavori che non furono allo stesso livello dei precedenti. Ne è un esempio il ciclo delle Storie della Vergine eseguito tra il 1504 e il 1508 per la confraternita degli Albanesi, al pari delle Storie di santo Stefano (1511-14), in cui risultava evidente una certa ripetizione di modelli e schemi desunti da opere precedenti. Tutta l’ultima fase produttiva di Carpaccio lo vede lavorare laboriosamente, ottenendo commissioni per piccole chiese di provincia a cui si dedicò sempre restando fedele al suo stile, che tuttavia perde ulteriormente di qualità.

Tra le ultime opere conosciute di Carpaccio, vi sono un Cristo morto (1520), in cui l’atmosfera assume toni decisamente stranianti e surreali dovuti all’inserimento di numerosi simboli di morte, spia di una riflessione personale sulla mortalità umana. Infine, si ricorda la pala d’altare e le portelle dell’organo del duomo di Capodistria, dove si era stabili negli ultimi anni di vita.

Vittore Carpaccio, Vocazione di san Matteo (1502; tempera su tavola, 141 x 115 cm; Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni)
Vittore Carpaccio, Vocazione di san Matteo (1502; tempera su tavola, 141 x 115 cm; Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni)
Vittore Carpaccio, Orazione nell'orto (1502; tempera su tavola, 141 x 107 cm; Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni)
Vittore Carpaccio, Orazione nell’orto (1502; tempera su tavola, 141 x 107 cm; Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni)
Vittore Carpaccio, Ritratto di cavaliere (1510; tempera su tela, 218 x 152 cm; Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza)
Vittore Carpaccio, Ritratto di cavaliere (1510; tempera su tela, 218 x 152 cm; Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza)
Vittore Carpaccio, Leone di san Marco (1516; tempera su tela, 130 x 368 cm; Venezia, Palazzo Ducale)
Vittore Carpaccio, Leone di san Marco (1516; tempera su tela, 130 x 368 cm; Venezia, Palazzo Ducale)
Vittore Carpaccio, Cristo morto (1520 circa; tempera su tela, 145 x 185 cm; Berlino, Gemäldegalerie)
Vittore Carpaccio, Cristo morto (1520 circa; tempera su tela, 145 x 185 cm; Berlino, Gemäldegalerie)

Dove vedere le opere di Vittore Carpaccio

La maggior parte delle opere migliori di Carpaccio rimase a Venezia, sua città natale, proprio a causa di un interesse altalenante nei suoi confronti, rispetto alla fortuna di cui godettero altri veneziani del suo tempo. A Venezia sono tuttora presenti le Storie di sant’Orsola (1490-1495) , la Presentazione di Gesù al Tempio (1491-1510) e il Miracolo della reliquia della Croce a Rialto (1496) nelle Gallerie dell’Accademia, e le Due dame veneziane (1490-1495 circa) al Museo Correr. Inoltre, si ricordano gli altri due cicli di teleri, le Storie dei santi Girolamo, Giorgio, Trifone e Matteo (1502-1507) nella Scuola di San Giorgio degli Schiavoni e alcune scene dalle smembrate Storie della Vergine, ovvero l’Annunciazione alla Galleria Franchetti della Ca’ d’Oro, la Visitazione al Museo Correr, in deposito alla Galleria Franchetti della Ca’ d’Oro e la Morte della Vergine nella Galleria Franchetti della Ca’ d’Oro.

Alcune opere di Carpaccio sono custodite presso importanti musei italiani, come la Presentazione della Vergine al Tempio (1505) e il Miracolo della verga fiorita o Sposalizio della Vergine (1505) dalle Storie della Vergine e Disputa di santo Stefano, nella Pinacoteca di Brera a Milano; Alabardieri e anziani (1490-1493 circa) alla Galleria degli Uffizi di Firenze; il Ritratto di dama (1495-1498 circa) alla Galleria Borghese di Roma.

In Europa, è possibile ammirare opere di Carpaccio al Louvre di Parigi, dove è conservata la Predica di santo Stefano (1514) dalle Storie di Santo Stefano, e alla Gemäldegalerie di Berlino si trova Santo Stefano e sei suoi compagni consacrati diaconi da san Pietro (1511), sempre dalle dalle Storie di Santo Stefano, e poi ancora il Cristo morto (1520).

Negli Stati Uniti, sono conservate, in ordine cronologico, la Caccia in laguna (1490-1495 circa) al Getty Museum di Los Angeles; la Fuga in Egitto (1500-1510 circa), la Madonna leggente (1505), la Madonna col bambino benedicente (1505-1510) alla National Gallery of Art di Washington e infine la Meditazione sulla Passione (1500-1510 circa), al Metropolitan Museum di New York.


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