Tamara de Lempicka, icona femminile della Parigi degli anni Venti. Vita, opere, stile


Tamara de Lempicka, pittrice polacca, è nota per essere icona femminile degli sfavillanti anni Venti a Parigi. Vita, opere, stile.

Tamara de Lempicka, nata Maria Gurwik-Górska (Varsavia, 1898 – Cuernavaca, 1980), è stata una pittrice polacca, icona degli sfavillanti e sfrenati lussi degli anni Venti a Parigi, dove approdò da San Pietroburgo in fuga dai moti rivoluzionari russi: in Francia, De Lempicka aderì allo stile Art Déco e portò sulla tela personaggi della sua quotidianità adornati da abiti all’ultima moda e gioielli dispendiosi.

La particolarità delle sue opere risiede nell’unione di questi elementi moderni con uno stile che richiama la ieraticità e plasticità delle statue antiche. Le sue figure possenti sono realizzate con linee pulite e nette, e i colori risultano vivaci ma applicati con pennellate piatte e compatte, che esaltano le volumetrie.

Verso gli anni Quaranta, in concomitanza con lo scoppio della seconda guerra mondiale, de Lempicka cambiò temi e stili della sua pittura virando verso tematiche di tipo religioso ed umanitario, spesso non incontrando il favore della critica, che tuttavia la riscoprì in tarda età negli anni Settanta.

Oggi le opere di De Lempicka sono ammirate ed apprezzate per la loro modernità ed eleganza, e non è raro vederle utilizzate in contesti differenti. Ad esempio, una sua grande estimatrice è la cantante Madonna, che spesso si è ispirata alle opere di de Lempicka per i suoi look e le ha mostrate nei tour.

Tamara de Lempicka

La vita di Tamara de Lempicka

Tamara de Lempicka nacque Maria Gurwik-Górska a Varsavia il 16 maggio 1898, da madre polacca, Malvina Decler, e da padre di nazionalità russa, Boris Gurwik-Górski, un ricco ebreo che tuttavia abbandonò la sua famiglia quando l’artista era una bambina. Una figura molto importante nella crescita dell’artista fu la nonna Clementine, che si occupò di lei e le permise di poter frequentare prestigiosi istituti scolastici, come il Collegio Polacco di Rydzyna o la scuola Villa Claire di Losanna, in Svizzera. La nonna fu anche un punto di riferimento per la formazione culturale della De Lempicka: le due fecero infatti un viaggio in Italia che si rivelò fondamentale. Quando la nonna venne a mancare nel 1907, De Lempicka si trasferì a San Pietroburgo. Nel frattempo, già intorno ai 10 anni, De Lempicka aveva iniziato ad usare gli acquerelli e ad appassionarsi all’arte.

A San Pietroburgo, nel 1916, l’artista sposò un giovane avvocato di nome Tadeusz Lempicki, e proprio da lui deriva il cognome con cui è conosciuta. Nello stesso anno, dall’unione nacque una bambina di nome Kizette, che compare in alcune opere dell’artista. Nel frattempo scoppiarono in città i tumulti legati alla Rivoluzione Russa, così la coppia si spostò a Parigi nel 1918, e qui de Lempicka iniziò a lavorare come disegnatrice di cappelli per potersi mantenere. Riuscì ad iscriversi ai corsi di pittura dell’Académie de la Grande Chaumiere e dell’Académie Ranson, dove ebbe come maestri gli artisti Maurice Denis e André Lhote. Raggiunse rapidamente un buon successo, ed iniziò ad esporre pubblicamente per la prima volta nel 1922 al Salon d’Automne, per poi partecipare alle maggiori mostre di Parigi.

Negli anni successivi, Tamara de Lempicka diventò un punto di riferimento della vita artistica, ma anche mondana, di Parigi. L’artista, consapevole del suo successo, iniziò a costruirsi una sorta di personaggio dedito agli sfrenati divertimenti che la città francese offriva in quegli anni, così da aumentare la sua popolarità. Si lasciò andare pubblicamente a storie passionali anche con donne, le quali poi comparirono in alcune opere. Si recò nuovamente in Italia nel 1925, con l’intento di studiare le opere della classicità. Durante un soggiorno a Milano ebbe modo di allestire una sua mostra personale alla galleria Bottega di Poesia.

Sempre in Italia conobbe Gabriele d’Annunzio, di cui realizzò un ritratto, e Filippo Tommaso Marinetti, che contribuì a far conoscere la sua pittura nel paese. Nel 1928 Tamara de Lempicka si separò dal marito ed iniziò una nuova relazione con il barone Raoul Kuffner de Diószegh, con cui si risposò successivamente nel 1933. Dopo numerosi viaggi per l’Europa, all’inizio della seconda guerra mondiale De Lempicka si stabilì con la famiglia negli Stati Uniti, precisamente a Beverly Hills in California. Questa nuova vita oltreoceano coincise tuttavia con una crisi esistenziale dell’artista, che la condusse ad impegnarsi in attività umanitarie e di solidarietà.

Negli Stati Uniti, de Lempicka fu presente in diverse mostre e gallerie tra New York, Los Angeles e San Francisco. Seguì un periodo di inattività artistica, che durò fino al 1957. In quell’anno, De Lempicka espose opere inedite alla Galleria Sagittarius di Roma, accolte tuttavia sfavorevolmente dalla critica. Nel frattempo, nel 1962 morì il suo secondo marito, così De Lempicka si trasferì ad Houston, in Texas, dove intanto si era stabilita sua figlia. Nel 1969 tornò nuovamente a Parigi e riprese a dipingere, ottenendo un rinnovato successo grazie ad una mostra antologica allestita nel 1972 presso la Galerie du Luxembourg. Nel 1978 Tamara de Lempicka si trasferì in Messico, a Cuernavaca. Qui morì il 18 marzo 1980, e le sue ceneri vennero sparse sul cratere del vulcano Popocatépetl, così come da richiesta dell’artista.

Tamara de Lempicka, Kizette al balcone (1927; olio su tela, 130 x 80,8 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Tamara de Lempicka, Kizette al balcone (1927; olio su tela, 130 x 80,8 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Tamara de Lempicka, Autoritratto (1929; olio su tavola, 35 x 26,6 cm; Svizzera, Collezione privata)
Tamara de Lempicka, Autoritratto (1929; olio su tavola, 35 x 26,6 cm; Svizzera, Collezione privata)
Tamara de Lempicka, Il sogno (1927; Collezione privata)
Tamara de Lempicka, Il sogno (1927; Collezione privata)
Tamara de Lempicka, La bela Rafaëla (1927; olio su tela, 64 x 91 cm; Collezione privata)
Tamara de Lempicka, La bela Rafaëla (1927; olio su tela, 64 x 91 cm; Collezione privata)

Lo stile e le opere di Tamara de Lempicka

I dipinti di Tamara de Lempicka sono profondamente connessi con il suo stile di vita, restituendo un’immagine sfavillante degli anni Venti a Parigi. In particolare, furono molto celebri i suoi ritratti in pieno stile Art Déco di varie personalità dell’aristocrazia e dell’alta borghesia parigina, tra uomini in abiti eleganti e donne ricoperte di gioielli e adornate con cappelli, guanti e voluttuosi foulard. Non mancano gli status symbol più in voga all’epoca, come automobili, mete lussuose come Saint Moritz e lo skyline di New York. Il lusso e lo sfarzo venivano spesso accompagnati anche dalla sensualità e dal fascino, che permeavano le opere di Tamara de Lempicka fino a virare verso l’erotismo. Per lo più, nei dipinti compaiono come protagoniste donne dall’aria malinconica ed irraggiungibile, altezzose e in atteggiamenti provocanti. Le scene venivano costruite con linee pulite e colori vividi stesi con pennellate compatte, che andavano ad accentuare la plasticità delle forme. De Lempicka non usava molte tonalità cromatiche, nelle sue opere ricorrono infatti più o meno gli stessi colori.

Più di tutto, la particolarità che caratterizza i dipinti di de Lempicka risiede nell’unione di questi elementi moderni con una plasticità delle figure che richiama sia la scultura classica, ma anche le rielaborazioni dell’antico già proposte da Jean-Auguste-Dominique Ingres. Imponenti figure ieratiche occupano quasi tutto lo spazio della tela e sono poste davanti a fondali neutri, sui toni del grigio, così da risaltare ulteriormente. Proprio come le statue antiche, nelle opere di de Lempicka si trovano spesso dei drappeggi, che a volte sono riprodotti in senso letterale, a volte invece vengono richiamati dalle balze dei vestiti o dalle pieghe dei foulard, modernizzandoli al massimo.

Già la prima opera presentata al Salon del 1922, dal titolo Le due amiche, iniziano a comparire questi elementi caratterizzanti. Protagoniste dell’opera, due giovani donne che sembrano quasi dei manichini, in quanto gli sguardi risultano inespressivi, distaccati, e le linee sono molto dure e nette. Il dipinto tuttavia non incontrò il favore del pubblico sia per la mancanza di espressività, che per l’allusione provocatoria di un legame saffico tra le due protagoniste.

Risale al 1927 Kizette al balcone, in cui de Lempicka ritrae la figlia seduta su uno sgabello sul balcone. La posa in cui viene ritratta richiama il Ritratto di Bia de‘ Medici di Agnolo Bronzino, un artista da lei molto amato e che conferma lo studio approfondito dei grandi capolavori italiani. I dettagli più moderni riguardano il paesaggio su cui si affaccia il balcone, che viene decostruito in maniera cubista.

Grande successo ebbe, invece, l’opera Autoritratto (1929), al punto da diventare una vera icona dell’epoca. L’opera venne utilizzata in diverse occasioni, ad esempio come copertina della rivista tedesca “Die Dame”, ed ancora oggi è simbolo dell’indipendenza e dell’emancipazione femminile, nonché del mito della velocità tipico di quegli anni. De Lempicka si ritrae a bordo di un’automobile Bugatti decappottabile, vestita di tutto punto con guanti e foulard che riparano collo e testa dal vento. Lo sguardo della donna è fiero, ad accentuare il senso di fierezza a bordo della sua auto fiammante, e crea un efficace contrasto con la morbidezza dei lineamenti del volto e con le linee geometriche date dal movimento del foulard con il vento. La protagonista del dipinto è stata spesso accostata ad un altro personaggio, di fantasia, presente nel romanzo di Francis Scott Fitgerald Il grande Gatsby, ossia la giovane mondana Daisy, interesse amoroso del misterioso Gatsby. In quest’opera, come in molte altre, viene spesso spontaneo riconoscere diverse influenze da correnti a lei contemporanee, come il Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti o al Cubismo di Pablo Picasso in alcuni modi spigolosi di rendere le linee e di dividere le forme in una sorta di settori ben definiti. Del resto, il suo maestro era il pittore post-cubista costruttivista e sintetico André Lhote.

In merito al tema dell’erotismo, soprattutto in chiave saffica, De Lempicka elaborò una serie di dipinti in cui è protagonista una giovane donna di nome Rafaëla, che si rivelò essere un diretto riferimento ad una passione vissuta in prima persona dall’artista nei confronti di una donna che l’aveva colpita profondamente per i suoi occhi e per il fisico generoso. Alcuni dipinti a lei dedicati furono Il sogno (1927), in cui conferisce alla donna una sensazione di tenerezza e persino di timidezza, evidente nel gesto di coprire il seno che differisce nettamente degli sguardi ammiccanti delle opere precedenti, e La bella Rafaëla (1927) in cui la sensualità della donna campeggia su tutto il quadro. Simile nell’impostazione, e di grande raffinatezza ed eleganza è inoltre Giovane fanciulla con guanti (1930), un altro dipinto molto celebre di de Lempicka che colpisce per la resa dei drappeggi, che si espandono nello spazio in numerosi movimenti e pieghe quasi come se la protagonista fosse una moderna Nike di Samotracia.

L’artista, dopo il trasferimento negli Stati Uniti degli anni Trenta, cambiò decisamente le tematiche delle sue opere, optando per dipinti di stampo religioso che riflettevano una personale crisi esistenziale che la portò a restare inattiva per diversi anni. Dipingere soggetti religiosi sembrava darle conforto, e De Lempicka confermò anche in questa fase la tendenza a portare sulla tela le persone che facevano parte della sua quotidianità. Ad esempio ritrasse la madre superiora di un convento di Parma nel dipinto La madre superiora (1935), uno dei dipinti da lei più amati che donò al museo di belle arti di Nantes, rifiutandosi di venderlo. In un altro dipinto, invece, ritrasse il suo psichiatra nelle vesti di Sant’Antonio. Le opere tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta si dividono tra temi più surrealisti come Chiave e mano (1941), Mano surrealista (1947) e temi umanitari come I rifugiati (1931).

Per un lungo periodo De Lempicka restò inattiva, e solo nel 1957 produsse nuove opere, per lo più composizioni astratte, e in seguito dipinti realizzati a spatola, che tuttavia non incontrarono il favore della critica. Furono le ultime opere realizzate dall’artista.

Tamara de Lempicka, Giovane fanciulla con guanti (1930; olio su compensato, 61,5 x 45,5 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Tamara de Lempicka, Giovane fanciulla con guanti (1930; olio su compensato, 61,5 x 45,5 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Tamara de Lempicka, La madre superiora (1935; olio su cartone, 30 x 19,8 cm; Nantes, Musée des Beaux-Arts)
Tamara de Lempicka, La madre superiora (1935; olio su cartone, 30 x 19,8 cm; Nantes, Musée des Beaux-Arts)
Tamara de Lempicka, Chiave e mano (1941; olio su tela, 48 x 36 cm; Nantes, Musée des Beaux-Arts)
Tamara de Lempicka, Chiave e mano (1941; olio su tela, 48 x 36 cm; Nantes, Musée des Beaux-Arts)
Tamara de Lempicka, I rifugiati (1931; olio su tavola, 54 x 49 cm; Saint-Denis, Musée d'Art et d'Histoire)
Tamara de Lempicka, I rifugiati (1931; olio su tavola, 54 x 49 cm; Saint-Denis, Musée d’Art et d’Histoire)

Dove vedere le opere di Tamara de Lempicka

Le opere di Tamara de Lempicka sono presenti in alcuni importanti musei europei, mentre diverse sue opere sono presenti in collezioni private, per cui è possibile vederle in occasione di mostre dedicate all’artista. Il primo dipinto, Le due amiche (1922), è presente a Ginevra, in Svizzera, presso il Musée du Petit Palais.

A Parigi, nel Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou è conservato Kizette al balcone (1927). Inoltre, la celebre opera Giovane fanciulla con guanti (1930) fu acquistata dallo Stato francese per essere esposta nella sezione polacca della Galleria Nazionale d’arte contemporanea Jeu de Paume nel Giardino delle Tuileries. Sempre in Francia, nel Musée des Beaux-Arts di Nantes è possibile vedere La madre superiora (1935). Fanno, infine, parte di collezioni private le opere Autoritratto (1929), La bela Rafaëla (1927), Il sogno (1927).

In Italia non sono presenti opere di Tamara de Lempicka in collezioni pubbliche, pertanto si possono ammirare esclusivamente in occasione di mostre a lei dedicate, come una grande mostra che è stata allestita nel 2015 presso il Palazzo Chiablese (in Piazza Castello) di Torino.


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