Il termine Street Art comprende le forme d’arte realizzate in luoghi pubblici che normalmente non sono preposti alla realizzazione di opere, ad esempio muri, strade e piazze. Le prime opere della Street Art vengono fatte generalmente risalire agli anni Ottanta anche se non mancano esempi precedenti, e la corrente ha attraversato ormai diversi decenni assumendo importanza sempre maggiore e diversificandosi nelle tecniche. Inizialmente, infatti, questi interventi erano spesso non autorizzati, e gli artisti venivano di frequente tacciati di vandalismo. Di recente, invece, la street art è stata riconosciuta come arte a tutti gli effetti e valorizzata. Del resto, le opere di questo genere sono decisamente aumentate di numero, entrando a far parte della vita quotidiana delle persone e riuscendo ad influenzare le tendenze e i mezzi di comunicazione. Grazie alla diffusione degli smartphone e dei social network, e di conseguenza alla possibilità di immortalare le opere in tempo reale, la street art oggi diventa spesso “virale”, ovvero viene diffusa e conosciuta molto rapidamente incontrando il consenso di milioni di persone in tutto il mondo che ne condividono i messaggi rappresentati.
Nel corso degli anni è diventata sempre più chiara la differenza tra graffitismo e street art, mentre almeno fino agli anni Novanta venivano entrambe accorpate sotto il nome di “graffitismo”. I writer, o graffitisti, lavorano per lo più con la vernice spray ed elaborano soprattutto scritte, con una particolare attenzione al lettering e al “tag”, la firma che applicano ai loro lavori, curata in modo che sia riconoscibile ed esprima la personalità del writer stesso. Inoltre, il mondo dei writer è strettamente legato alla cultura hip hop, nata negli Stati Uniti negli anni Ottanta. La Street Art, invece, si caratterizza per una ampia varietà di tecniche, ovvero pittura, applicazione di materiali (piastrelle, adesivi e molte altre), scultura e vernice spray, e si basa su obiettivi e concetti differenti. Molto spesso, gli esponenti della Street Art connotano le loro opere di messaggi di denuncia, in particolar modo verso politiche governative oppure particolari ingiustizie che riscontrano nella società. Inoltre, molti artisti scelgono volutamente questa forma d’arte per l’opportunità di lavorare in totale autonomia e di affrancarsi dai vincoli posti da gallerie o musei, con l’ulteriore vantaggio di poter raggiungere un pubblico molto più vasto.
Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, il fenomeno della Street Art dilaga e da atto vandalico diviene a tutti gli effetti un movimento artistico. Ma, a ben vedere, la Street Art come concetto, ovvero il presentare opere d’arte in contesti pubblici ed accessibili a tutti, nasceva già molti anni prima, negli anni Cinquanta e Sessanta. Si trattava di un’epoca caratterizzata dalla sperimentazione e dai risvolti più concettuali del messaggio artistico, un’epoca in cui gli artisti hanno iniziato per la prima volta a sfidare davvero le convenzioni e a ridurre notevolmente le barriere tra pubblico ed artista.
Lo stesso artista Christo, che in quegli anni nascondeva alcuni celebri edifici alla vista del pubblico puntando su un effetto di grande sorpresa collettiva, può essere considerato uno dei precursori della Street Art, intervenendo direttamente sul paesaggio urbano.
Negli anni Settanta, inoltre, le manifestazioni artistiche di carattere pubblico assumevano sempre più connotati politici, in linea con le contestazioni e proteste contro le guerre ed il capitalismo. Quando, invece, i graffiti iniziano a comparire sempre più frequentemente, si è già negli anni Ottanta. Sono gli anni in cui i mass media diventarono preponderanti, la società si avviava verso il consumismo sfrenato, e in questo contesto culturale i graffiti lanciavano messaggi sociali ma potevano essere anche semplicemente decorativi. La stessa tecnica dello stencil, che inizialmente era utilizzata esclusivamente per gli slogan di denuncia, diventa in seguito una modalità di esecuzione privilegiata per qualsiasi lavoro, poiché riduceva i tempi di realizzazione.
La Street Art raggiunse dunque in questi anni il suo apice, ed il punto nevralgico fu il quartiere di Brooklyn nella città di New York, terreno particolarmente fertile per la presenza di zone in stato di abbandono su cui poter agire indisturbati.
Fu poi tra la fine degli anni Novanta e gli anni Duemila che in Europa si assistette a una tendenza da parte dei cosiddetti writers o graffitisti di allargare la propria attività attraverso modalità diverse dal graffito, ovvero poster e vernici a muro. Non di rado, i graffitisti iniziarono a collaborare sempre più con fotografi, poeti e altri artisti che si erano espressi in modo polemico verso le imposizioni dell’establishment artistico.
Uno Street Artist può provenire da un percorso di formazione artistico canonico, oppure essere totalmente audodidatta. Diversi tra questi artisti non hanno rivelato la propria identità, quindi nemmeno il loro percorso di formazione, firmandosi con pseudonimi o sigle ed acronimi. Uno dei primi street artist americani può essere considerato René Moncada (Colombia, 1943), autodidatta, trasferitosi dal Sudamerica a New York negli anni Settanta, decennio sul finire del quale cominciò a realizzare alcuni murali, che spesso affrontavano temi ritenuti scandalosi come il sesso e la violenza. Un’arte fortemente politica era quella di Franco the Great (Frankin Gaskin; Panama, 1928), che realizzava i suoi murali nel quartiere di Harlem a New York,
L’esponente più importante e celebre è certamente uno statunitense attivo a New York, Keith Haring (Reading, 1958 – New York, 1990). Dopo una formazione da grafico pubblicitario, settore che non lo attirava, iniziò a disegnare su cartelloni delle affissioni pubblicitarie rimasti vuoti che aveva notato nei suoi spostamenti con la metropolitana. Fu un’importante esperienza che gli permise di sperimentare e perfezionare la propria tecnica. Definì così lo stile con cui divenne popolarissimo, costituito da figure stilizzate e bidimensionali alle quali riusciva ad infondere espressività e movimento attraverso colori molto vivaci, tipici della grafica pubbicitaria, e l’utilizzo di linee che puntano verso varie direzioni. Si trattava di un espediente usato nel fumetto per sottolineare il movimento di un personaggio, oppure un momento in cui provava stupore e gioia. Attraverso l’immediatezza delle sue figure e di simboli ricorrenti, come il cuore, l’angelo, il cane, i bambini, il televisore e la caratteristica linea scura che fa da contorno alla scena, proprio come le vignette fumettistiche, Haring veicolava messaggi incisivi su temi importanti, tra cui il capitalismo, l’abuso di stupefacenti, l’apartheid in Africa e l’AIDS, malattia che condizionò moltissimo la società negli anni Ottanta e che colpì lo stesso Haring, causandone la morte prematura. Le opere di Haring, allo stesso tempo, trasmettono per lo più sentimenti positivi, di amore per la vita e per il prossimo e di felicità.
Non solo lo stile di Haring era accessibile a tutti, ma anche le sue opere, che realizzò su qualsiasi superficie avesse a portata di mano, persino carrozzerie di automobili. Ancora oggi si possono vedere i suoi lavori stampati su oggetti di uso comune, dall’abbigliamento all’arredamento, così la sua arte è diventata a tutti gli effetti pop art, nel senso di arte popolare.
L’altro grande nome della Street Art, nonché uno dei primi casi di utilizzo di sigle per firmare i suoi lavori è un altro newyorchese, Jean-Michael Basquiat (New York, 1960 – 1988). Ammirato e celebrato per la forte carica espressiva del suo stile, Basquiat ha sia prodotto opere canoniche su tela firmate con il suo vero nome, che realizzato diversi graffiti in coppia con l’amico ed artista Al Diaz, su cui hanno apposto la sigla SAMO. Le sue opere furono in grado di pungolare lo spettatore sia per le tematiche, come l’ipocrisia capitalista e l’esistenzialismo, che per le figure, stridenti e colori accesi, molto espressive, che sghignazzano, ridono, gridano, dipinte come fossero espressione di un’urgenza istintiva. Basquiat aveva sviluppato un interesse figurativo per il corpo umano sin da bambino, avendo ricevuto in regalo il manuale di anatomia Gray’s anatomy.
Altri nomi statunitensi di rilievo sono quelli di John Fekner (New York, 1950) e Richard Hambleton (Vancouver, 1952 – New York, 2017). La Street art ha avuto nuovo slancio negli anni 2000, soprattutto in Europa e in particolare nel Regno Unito e in Francia. In Inghilterra sono particolarmente attive le scene di Londra, dominata dalla figura di Stik, e di Bristol, la cui figura più importante è quella di Nick Walker (Bristol, 1969), anche se nota universalmente per la presenza di Banksy, divenuto, grazie anche al suo successo commerciale, il più famoso tra gli esponenti della Guerrilla art, una branca della Street art caratterizzata dall’assoluto anonimato degli artisti che intervengono nell’ombra su un determinato luogo. In effetti l’identità di Banksy, che nel frattempo è stato a tutti gli effetti riconosciuto come artista e i cui lavori sono stati battuti all’asta per cifre molto consistenti, è ancora oggi ignota e di lui si sa solo che proviene da Bristol, in Inghilterra. In Francia la capitale Parigi è probabilmente la città europea più vitale per la Street Art, che si è diffusa qui tra gli anni Settanta e Ottanta grazie ad artisti come Space Invader, famoso per le sue opere realizzate con la grafica a pixel dei videogiochi degli anni Ottanta, Blek Le Rat (Xavier Prou; Boulogne-Billancourt, 1952), considerato uno dei padri della Stencil Art, e poi ancora Speedy Graphito (Olivier Rizzo; Parigi, 1961), Jef Aérosol (Jean-François Perroy; Parigi, 1957), SP 38, Zevs. In Francia la Street Art ha potuto svilupparsi grazie probabilmente all’azione dei situazionisti che già negli anni Cinquanta scrivevano i loro slogan sui muri, e un impulso importante, come ricordato, è stato dato dagli interventi urbani di Christo e Jeanne-Claude.
Anche in Italia, dove è peraltro presente l’unica opera di Keith Haring pensata per essere permanente, Tuttomondo a Pisa, si è sviluppata una fervida scena della Street Art, in diverse città. Uno dei nomi più conoscuti ed importanti è Blu, originario di Senigallia (Ancona), segnalato dal prestigioso Guardian nel 2011 come uno dei tra i 10 migliori street artist in assoluto. Anche nel suo caso non è nota la sua vera identità.
Le sue prime opere compaiono nel 1999 a Bologna, nei pressi dell’Accademia delle Belle Arti e nei locali occupati dal centro sociale Livello 57, in periferia, realizzando una vera e propria azione di recupero delle zone degradate della città. Questi primi lavori erano realizzati con le bombolette di vernice spray, quindi molto vicini al graffitismo vero e proprio, mentre dal 2001 in poi Blu inizia ad utilizzare la tempera applicata con rulli montati su bastoni telescopici, per raggiungere grandi altezze ed estendere la superficie dell’opera. Ha così firmato murales imponenti, che si sviluppano su facciate di grandi palazzi in verticale o orizzontale. Il segno caratteristico di Blu sono figure umane dai tratti sgraziati e dai connotati spesso deformati, con espressioni sarcastiche oppure drammatiche. Solitamente i colori sono cupi e tenui. L’ispirazione per le sue figure deriva dal mondo dei fumetti e dei videogiochi, e le tematiche rappresentate riguardano la critica verso le politiche governative e le disuguaglianze.
Uno degli artisti italiani più noti a livello internazionale è Millo (Francesco Camillo Giorgino; Mesagne 1979), che intende la Street Art come “forma d’arte che si sta appropriando legalmente e illegalmente dei luoghi invisibili delle nostre città”, confermando la tendenza a privilegiare edifici ai margini delle città. Riguardo il significato delle sue opere, Millo ha dichiarato: “Non ho un messaggio unitario nelle mie opere, ogni opera porta con sé un messaggio diverso e creato appositamente per il luogo in cui si troverà.” La scena della Street art italiana è comunque molto ricca, e oltre agli artisti già nominati si ricordano anche Ericailcane, Ozmo (Gionata Gesi; Pontedera, 1975), Eron (Davide Salvadei; Rimini, 1973) e i collettivi Guerrilla Spam e Cane Morto.
I tentativi, più frequenti negli ultimi anni, di portare la Street Art in mostra nei musei ha generato diverse polemiche, nate soprattutto dagli artisti stessi, contrari alla rimozione dei murales dal contesto per cui sono stati concepiti. Questi hanno privilegiato, piuttosto, i festival a tema all’aperto che vengono organizzati in tutto il mondo, tra cui il Nuart Festival, che si svolge in Norvegia sin dal 2001, Living Walls, negli Stati Uniti dal 2009, e il Pasadena Chalk Festival dal 2020, entrato nel Guinness dei primati come festival di street art più grande del mondo.
Altri festival internazionali di rilevanza sono Urban Art, che ha luogo in Inghilterra, a Brixton, il Mural Festival di Montréal in Canada, il Bloop Festival di Ibiza in Spagna e il Pow! Wow! di Rotterdam in Olanda.
Anche in Italia si svolgono annualmente dei festival di street art, tra cui Frontier e Cheap Festival, dedicato alla poster art (opere su supporti cartacei), entrambi attivi a Bologna dal 2012 circa, mentre dal 2017 si svolge Borgo Universo ad Aielli (L’Aquila), in cui il borgo del titolo viene arricchito ogni anno di nuovi murales.