Tra il Duecento e il Trecento, la città di Siena fu una delle artisticamente più avanzate d’Italia. Le premesse di tutto ciò hanno origini più antiche: nell’XII secolo infatti la città, che da tempo si trovava al centro dei traffici commerciali tra Roma e il nord Italia, aveva iniziato ad acquisire un sempre maggior prestigio politico e commerciale che la rese in breve tempo una delle città più ricche della penisola. In più, l’ordinamento consolare che Siena si era data nello stesso secolo, contribuì a garantirle stabilità politica.
Le mire espansionistiche della ghibellina Siena si scontrarono però con la guelfa Firenze, città con la quale sorse un’accesissima rivalità che portò a diversi scontri, il più famoso dei quali fu la battaglia di Montaperti del 1260, durante la quale i senesi inflissero una dura sconfitta ai fiorentini. Tuttavia, nel 1269 Siena venne sconfitta nella battaglia di Colle Val d’Elsa, e questo portò, per forza di cose, la città a doversi aprire ai guelfi: l’evento fu di capitale importanza per la storia dell’arte senese in quanto permise agli artisti della città di conoscere la miniatura francese del tempo. Questo perché aprirsi ai guelfi significava dover instaurare rapporti con gli Angioini, dinastia francese i cui membri regnavano, all’epoca, su Napoli: stabilire contatti politici voleva dire anche entrare in contatto con nuovi circoli culturali e artistici.
A seguito di alcune lotte interne che seguirono gli stravolgimenti politici causati dalla battaglia di Colle di Val d’Elsa, nel 1287 a Siena venne istituito il Governo dei Nove, una magistratura composta da esponenti della borghesia guelfa cittadina: il Governo dei Nove resse la città fino al 1355 e riuscì a garantire a Siena un lungo periodo di pace e di prosperità che coincise con il periodo di massimo splendore della scuola artistica locale.
Caposcuola della scuola senese è considerato Guido da Siena (1230 circa - 1290 circa), che propose una pittura all’insegna delle influenze ricevute dal fiorentino Coppo di Marcovaldo (1225 circa - 1276 circa), il più importante pittore a Firenze prima di Cimabue. Per trovare la prima personalità di spicco bisognerà però aspettare Duccio di Buoninsegna (Siena, 1255 circa - 1319 circa): quest’ultimo, prendendo le mosse dalla pittura di Cimabue, che fu il suo principale modello di riferimento, aggiornò il linguaggio del pittore fiorentino a quello che era il gusto senese, caratterizzato da grande eleganza e raffinatezza e da una maggiore idealizzazione rispetto alla pittura fiorentina (esemplare la Maestà di Siena, 1308-1311, Siena, Museo dell’Opera del Duomo: leggi qui un approfondimento sull’opera). Sulla nascita del gusto senese ebbe una certa influenza anche l’arte bizantina che i pittori fiorentini, al tempo, volevano superare: anche se a Siena Duccio operò un primo tentativo di superamento del linguaggio bizantino, se ne volle servire per conferire una maggiore raffinatezza alle sue opere.
Questo processo di revisione dell’arte bizantina ebbe sviluppo grazie anche all’arrivo a Siena dei due grandi scultori Nicola e Giovanni Pisano, dai quali i pittori trassero spunti per la riscoperta dell’antico: tuttavia, mancando dipinti provenienti dall’antichità classica, il riferimento più antico per i pittori erano proprio i dipinti bizantini, che costituirono un significativo repertorio di stilemi eleganti al quale i pittori senesi attinsero per dare un orientamento al gusto locale.
Il gusto senese trovò probabilmente il grado di massima perfezione nell’opera di Simone Martini (Siena, 1284 - Avignone, 1344): allievo di Duccio, Simone Martini fece arrivare l’arte senese a un altissimo preziosismo che trovò compiutezza anche per il fatto che Simone Martini era un profondo conoscitore delle tecniche dell’oreficeria. L’oreficeria infatti, molto sviluppata nella Siena del tempo, fu un altro dei “responsabili” dello sviluppo del raffinato gusto senese. Anche a questo si deve l’eccezionale profusione di ori e decorativismi nella pittura di Simone Martini che, peraltro, fu anche il primo artista ad applicare in pittura la tecnica prettamente orafa della punzonatura, ovvero l’incisione di un segno su una superficie in metallo, ma che Simone Martini applicò anche ai supporti per i dipinti (leggi qui un approfondimento sul Polittico Orsini). Tutte qualità che riscontriamo in uno dei suoi maggiori capolavori, l’Annunciazione, 1333, Firenze, Uffizi.
Lavorando nel cantiere di Assisi a partire dal 1316, Simone Martini entrò a contatto con l’arte di Giotto, che costituì un importante punto di riferimento per i successivi massimi esponenti della scuola senese, ovvero i fratelli Pietro (Siena, 1285 circa - 1348) e Ambrogio (Siena, 1290 circa - 1348) Lorenzetti. Ambedue contemporanei di Simone Martini, di pochissimo più giovani, probabilmente furono entrambi, come Simone, allievi di Duccio. I Lorenzetti si posero come grandi continuatori della tradizione senese (leggi qui un approfondimento sui loro affreschi nella basilica di San Francesco a Siena), anche se mostrarono maggiori aperture verso il nuovo linguaggio giottesco (leggi qui la recensione della grande mostra su Ambrogio Lorenzetti del 2017, con approfondimenti sulla vita e sulle opere dell’artista).
In particolare Pietro Lorenzetti dimostrò di compiere una profonda riflessione sulla spazialità e sulle volumetrie giottesche, che influenzarono la sua arte rendendolo il pittore senese più vicino a Giotto. Anch’egli, come Simone Martini, lavorò nel cantiere della Basilica di San Francesco ad Assisi e non poté non confrontarsi con l’ormai consolidato genio di Giotto assimilando, seppur in modo graduale, le sue invenzioni e le sue novità.
Il fratello Ambrogio Lorenzetti si rivelò più “attaccato alla tradizione” rispetto a Pietro, ma tentò comunque di innestare la spazialità giottesca sulle opere di gusto senese producendo quindi capolavori che si distinguevano sia per il loro plasticismo che per la loro linea molto raffinata, lavorando non solo a Siena ma anche in Maremma (leggi qui un approfondimento sulle opere maremmane di Ambrogio). Ma Ambrogio è ricordato soprattutto per essere autore del ciclo degli affreschi del Buon Governo che decorano la Sala del Consiglio dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena e che risalgono al 1338-1340: l’opera è una straordinaria e preziosissima allegoria dei valori civici di Siena e del Medioevo.
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