Il Realismo è stata una corrente artistica e letteraria sorta in Francia intorno alla metà del XIX secolo che, in aderenza agli sviluppi della storia politica e sociale nazionale, ha scardinato gli ideali del Romanticismo, rifiutando l’idealizzazione immaginativa a favore invece di un’attenta osservazione e riproduzione della natura e della vita contemporanea. Il termine “realismo”, inteso in senso ampio come indirizzo stilistico che si propone la più stretta aderenza al reale, è riferibile a diversi momenti della storia dell’arte, e comprende la tendenza nella letteratura e nelle arti figurative alla rappresentazione fedele della realtà con dettagli verosimili, che prevalgono sull’interpretazione e sentimentalismo dell’artista.
Limitatamente al preciso significato storico di Realismo ottocentesco, si tratta più che di un movimento programmatico di un orientamento letterario e pittorico che si diffuse tra il 1850 e il 1880 circa. Negli anni dunque subito successivi alla rivoluzione del 1848, quando crollò la monarchia inaugurando la Seconda Repubblica (1848-51), e che raggiunse i suoi massimi nel periodo del Secondo Impero (1852-1870), caratterizzato da un forte sviluppo economico e tecnologico. Nell’ambito di una più ampia ondata rivoluzionaria europea che portò cambiamenti sociali ad ampio raggio in diversi paesi, gli eventi politici in Francia lungo tutto l’Ottocento gettarono una nuova luce sui margini della società e il Realismo divenne il linguaggio visivo per la loro rappresentazione.
I pittori realisti presentavano un carattere rivoluzionario rispetto dell’ordine costituito dai Salons parigini, stimolati da diversi input intellettuali che caratterizzarono la prima metà del XIX secolo: il movimento antiromantico in Germania, con la sua enfasi sull’uomo comune come soggetto artistico, la filosofia positivista di Auguste Comte in cui si sottolineava l’importanza della sociologia come studio scientifico della società e l’ascesa del giornalismo professionale che registrava l’attualità. Inoltre la scoperta della fotografia nel 1839, con cui la pittura da quel momento iniziò a confrontarsi, andava determinando una spinta a riprodurre la realtà visiva con estrema precisione.
La corrente pittorica realista coinvolse artisti che lavorarono in modo indipendente, ma che condivisero spirito e atteggiamenti comuni. Sebbene si conoscessero, e tra loro con gli scrittori realisti sostenendosi a vicenda, non si costituirono mai in un gruppo. Le motivazioni storiche e artistiche che portarono alla genesi e allo sviluppo del realismo, nell’arte e nell’etica dei pittori, hanno poi trovato aderenza successiva in tutto il mondo nelle generazioni a venire. Il maggiore esponente del realismo in pittura fu Gustave Courbet, che sulle orme del lavoro di Jean-Françoise Millet, pittore di scene rurali della Scuola di Barbizon, rifiutò la visione neoclassica e romantica e rese invece la vita quotidiana materia per la sua grande pittura storica. Insieme a Honoré Daumier, grande autore di satire sociali, contribuì all’affermazione della missione democratica dell’arte, abbracciando gli obiettivi progressisti del modernismo, cercando nuove verità attraverso il ribaltamento dei tradizionali sistemi di valori e credenze.
Una delle prime apparizioni del termine Realismo fu nella una rivista letteraria Mercure français du XIXe siècle del 1826, in cui la parola è usata per descrivere una dottrina basata non sull’imitazione delle conquiste artistiche del passato, ma sulla rappresentazione veritiera e accurata dei modelli che la natura e la vita contemporanea offrono all’artista. I fautori francesi del realismo erano d’accordo nel loro rifiuto dell’artificialità delle accademie e nel sostenere la dignità pittorica dei soggetti reali come messaggi di in un’opera d’arte efficace. Negli anni Trenta dell’Ottocento si manifestò una spinta al positivismo scientifico, l’avvento della fotografia quale mezzo per catturare del tutto oggettivamente la realtà, così come della caricatura come strumento di narrazione visiva che assunse i colori ed i toni degli argomenti politici, di pari passo con i primi giornali umoristici.
Sfidando la visione del Neoclassicismo e del Romanticismo, della creazione artistica come evasione dalla realtà di fronte alle più grandi questioni sociali portate dal turbolento XIX secolo, il Realismo prese piede in Francia intorno agli anni Quaranta dell’Ottocento in risposta all’alternanza dei governi, all’occupazione militare e alla censura, alle tematiche dell’industrializzazione e urbanizzazione delle città. Il Realismo era un tentativo di avvicinarsi attraverso l’arte alla concretezza del dato reale nelle sue caratteristiche anche morali e politiche. Al contrario di un’arte che idealizzava i personaggi e gli eventi, si contrappose uno sguardo obiettivo sul proprio tempo in grado di registrare situazioni e personaggi, espressioni della vita dell’epoca: i costumi delle classi medie e degli umili, la quotidianità ordinaria e il dato naturale senza orpelli. Erano ormai in crisi le tendenze spiritualistiche e letterarie del Romanticismo, e si andava operando in nome del non eccezionale, dell’ordinario e del disadorno. Attraverso i suoi pittori più importanti, si manifestò anche il ruolo dell’artista e autore letterario impegnato a sfondo sociale, per riprodurre tutti gli aspetti fino ad allora ignorati nei Salons parigini, come gli atteggiamenti delle persone e dei lavoratori, le loro impostazioni fisiche e condizioni materiali.
Il principale sostenitore del realismo, Gustave Courbet (Ornans, 1819 – La Tour-de-Peilz, Svizzera 1877) era un ardente democratico e condusse un multiforme assalto al potere politico francese, ai costumi sociali borghesi e all’istituzione artistica. Era fortemente contrario all’idealizzazione nella sua arte ed esortò altri artisti, inserito nel contesto di Parigi di quel tempo, a considerare la rappresentazione schietta di scene di vita quotidiana come un’arte veramente democratica.
Con la sua partecipazione al Salon del 1850-1851 segnò il debutto del Realismo, provocando uno scandalo con la sua raffigurazione concreta di un funerale rurale nei toni che tradizionalmente erano riservati alla pittura storica. L’imponente opera Il Funerale a Ornans (1849-1850, di oltre 3 x 6 metri) è considerata, su stessa dichiarazione dell’artista, “in realtà la sepoltura del romanticismo”, aprendo a un nuovo stile visivo in un mondo sempre più moderno. Si attenne ai fatti di una vera sepoltura, evitando connotazioni spirituali amplificate. Attraverso i ritratti di personaggi sconosciuti (la rivoluzione del 1848 aveva stabilito il suffragio maschile universale) Courbet stava mostrando ai frequentatori dei Salons di Parigi la nuova classe politica del paese.
L’esplicita affermazione del Realismo, come forza significativa nella scena artistica europea, avvenne però nel 1855, anno in cui il pittore definì e manifestò i suoi ideali artistici in un opuscolo scritto in occasione del Salon - Esposizione universale di Parigi, quale catalogo di una sua mostra personale auto organizzata: in quella occasione tre delle quattordici tele che Courbet aveva presentato alla giuria furono respinte, l’artista allora inventò un modo sorprendente per sfidare e rispondere a questo giudizio, realizzando un suo padiglione esterno che intitolò Pavillon du Réalisme e in cui mostrò quaranta dei suoi quadri. Questo atto può considerarsi il manifesto di una nuova poetica, nonché la nascita di un nuovo modo di fare impresa per gli artisti. Oltre a distogliere l’attenzione dalle mostre istituzionali all’interno del Salon creò “pubblicità” intorno al suo lavoro, incoraggiando gli artisti a esporre la loro arte in modo indipendente.
Nella storia del Salon, come Esposizione universale d’arte che ebbe origine nel 1699, già dal 1833 andava via via accentuandosi sempre più il dissidio tra l’orientamento accademico delle forze conservatrici e le tendenze artistiche nuove, che raggiunse un punto di rottura e non ritorno proprio col Realismo messo in campo da Courbet con il suo padiglione del 1855. Courbet dipinse grandi opere con soggetti che mettevano in discussione i valori della società francese e oltre a confondere le categorie e i soggetti tradizionali della pittura accademica, mise in crisi la stessa istituzione statale dell’arte. Negli anni Sessanta dell’Ottocento Courbet si concentrò su nudi erotici, scene di caccia, paesaggi e marine che hanno sfidato le norme del suo tempo e in alcuni casi rimangono ancora problematici fino ai giorni nostri (L’origine del mondo, 1866).
Altro grande artista francese realista fu Honoré Daumier (Marsiglia, 1808 – Valmondois, 1879) che già alla metà degli anni ’30 dell’Ottocento disegnava caricature satiriche della società e della politica francesi. Come Courbet, era un democratico e finì imprigionato per aver criticato la monarchia. Nella litografia Gargantua del 1831, ritrasse un grasso re Luigi Filippo seduto in trono che divorava sacchi di monete trascinati su da piccoli lavoratori, a rappresentare la folla di sudditi indigenti a cui il monarca e i suoi ministri avevano strappato reddito attraverso offerte obbligatorie.
Con la larga espansione del giornalismo e le nuove modalità di comunicazione, sulla scia della rivoluzione meccanica e industriale e di quella politica del 1830, si diffuse anche la stampa popolare, compresa di immagini che sbeffeggiavano l’ordine costituito. Daumier potè usare la sua abilità di caricaturista direttamente al servizio di obiettivi sociali, ma la carriera del pittore seguì gli andamenti governativi e della censura. Le incisioni, che potevano essere riprodotte e diffuse mezzo stampa, permisero a Daumier di far circolare le sue composizioni critiche e, nonostante la prigione, continuò a creare litografie realiste come Rue Transnonain, 15 aprile 1834 che mostrava le brutali conseguenze di un massacro di innocenti della classe operaia da parte del governo. L’opera era considerata così potente e pericolosa per la monarchia che Luigi Filippo inviò uomini ad acquistare quante più copie possibile per distruggerle.
Le caricature si distinguono come le sue opere di maggior successo, fu uno dei commentatori sociali e politici più ampiamente riconosciuti del suo tempo, per quanto realizzò anche altri disegni e acquarelli, dipinti ad olio e sculture. Lavorò per diversi decenni, perseguendo lo spirito di denuncia con mirabili esiti, la famosa tela La carrozza di terza classe (1862-64) ne è un esempio importante.
Lo stile e i soggetti dell’opera di Courbet si inserirono su un terreno già rotto dai pittori del Scuola Barbizon che all’inizio degli anni ’30 dell’Ottocento si stabilirono nel villaggio di Barbizon vicino Parigi con l’obiettivo di riprodurre fedelmente il carattere locale del paesaggio. Sebbene ogni pittore di Barbizon avesse il proprio stile e interessi specifici, tutti sottolineavano nelle loro opere gli aspetti semplici e ordinari della natura. Si allontanarono dal pittoresco melodrammatico e dipinsero forme solide e dettagliate che erano il risultato di un’attenta osservazione. Con opere come Le spigolatrici (1857), Jean-François Millet (Gréville-Hague, 1814 – Barbizon, 1875) era stato uno dei primi artisti a ritrarre i braccianti contadini con una grandezza e una monumentalità fino a quel momento riservate a personaggi più importanti.
Courbet dipinse altrettanto la gente normale, in tutta la sua gloriosa ordinarietà, attraverso una pittura viscerale. Nell’eliminare la retorica dell’accademia, Courbet optò per composizioni che sembravano grezze rispetto alla sensibilità prevalente. Esordì con figurazioni piatte, in cui esaltava i contorni delle forme, per poi abbandonare l’attenta modellazione in favore di un’applicazione dei colori in modo denso, come attraverso delle macchie che rompevano la superficie. Tale innovazione stilistica lo rese molto influente sui modernisti successivi che hanno promosso una maggiore libertà della trama superficiale di quadri.
Ma la sua caratteristica prevalente è soprattutto nella scelta dei soggetti che sovvertirono il classicismo accademico. Da Gli spaccapietre (1849), che i critici accusarono di bruttezza intenzionale, ai nudi scabrosi e ai paesaggi, come quelli marini degli ultimi anni, in cui la resa dell’acqua è tangibile, la pittura è densa sulla superficie creando l’illusione dell’acqua stessa. Quanto ai nudi, già nel 1853 ne Le bagnanti rappresentò, indignando il pubblico, due donne qualsiasi, senza alcuna simbologia mitologica o retorica, rese naturalmente nella loro fisicità non idealizzata. Così come ne Il sonno del 1866 si spostò verso un realismo erotico che divenne prevalente nel suo lavoro successivo, di cui L’origine del mondo sarà il più innovativo, inquadrando il pube di una donna a cosce aperte in una scandalosa visione intima dell’anatomia femminile descritta con schietto realismo.
Anche lo stile pittorico di Daumier con le sue pennellate sciolte ed espressive, evitando le superfici controllate e levigate della pittura neoclassica, fu energico e carico di dettagli realistici, con un trattamento scultoreo della forma che descriveva l’immoralità e la bruttezza della società francese. Come detto, la sua prolifica produzione di caricature bidimensionali superò di gran lunga quella pittorica e scultorea, tuttavia, il suo lavoro presentò delle particolarità: l’uso del colore nella pittura come nell’acquerello, la gamma di toni così come i contrasti estremi di chiaro e scuro nelle litografie in bianco e nero, e una crudezza delle forme scolpite.
Visse attivamente a Parigi durante un periodo di disordini politici e sociali, due rivoluzioni e frequenti cambi di regime, una guerra e un assedio. La censura limitò la produzione artistica di Daumier ma il suo più grande contributo all’arte è stata la sua capacità di catturare anche i momenti più semplici della vita e infonderli di emozione. Le vignette satiriche erano prive di sentimentalismo pur non creando quel tipo di distanza emotiva tipica in Courbet. Il soggetto principale del suo lavoro fu la condizione umana.
Gli acquerelli presentavano temi contemporanei ed erano molto richiesti dal mercato dell’arte. Avevano una qualità simile a uno schizzo e con taglio documentaristico. I suoi dipinti ad olio del primo periodo avevano una stile simile a una caricatura, fino a quando non iniziò anche a trascorrere più tempo fuori città a Barbizon in compagnia di Millet e dei pittori della Scuola e a quel punto, in una sorta di fusione di stili, la sua opera assunse un aspetto sempre più pittorico, anche nei disegni per le litografie. Temi ricorrenti in Daumier furono la quotidianità di Parigi, passeggeri dei treni, gli artisti di scena o gli avvocati in tribunale, con attenzione all’impatto dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione sulla popolazione operaia, come si evince dai dipinti a olio Il fardello (La lavandaia) del 1850-1853 o la La carrozza di terza classe. Anche nelle sue forme modellate in rilievo e in tre dimensioni, una delle le sue caricature di maggior successo è il bronzo Ratapoil (1851), riecheggiava il realismo spietato che si celava sotto le caricature dell’artista.
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