Il grande pittore francese Eugène Delacroix ebbe a scrivere che Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 - Roma, 1520) fu “la manifestazione terrestre di un’anima che parla con gli dèi”. Molti altri artisti hanno definito l’Urbinate in questi termini, descrivendolo come una sorta di dio in terra: per esempio, Giorgio Vasari affermò che coloro che possiedono doti simili a quelle di Raffaello sono “dei mortali”, e diversi autori e teorici, come Bellori, Malvasia, Milizia, Quatremère de Quincy e tantissimi altri ritenevano che Raffaello fosse un assoluto modello di perfezione. Raffaello è uno dei più grandi protagonisti della storia dell’arte perché nessuno come lui è riuscito a coniugare in modo così equilibrato e armonioso il bello ideale, la purezza delle figure rappresentate, uno spiccato senso dello spazio che si traduceva in composizioni apparentemente semplici ma in realtà molto studiate e articolate, la dolcezza e la tranquillità degli atteggiamenti. Quella di Raffaello è un’arte complessa e facile allo stesso tempo: “la sua pittura”, ha detto la storica dell’arte Marzia Faietti, “ è talmente meditata, ponderata, sublimata, contiene tanti e stratificati livelli di lettura che ogni osservatore, dal più semplice al più colto, ha la possibilità di ammirarla ed ammirarne aspetti e qualità diverse. Raffaello è un artista per tutti”.
Raffaello fu un artista straordinariamente ricettivo: aperto a molti stimoli, studiò l’arte antica ma guardò anche con passione alle opere dei suoi contemporanei, su tutti Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti, grazie ai quali il suo linguaggio potè ulteriormente arricchirsi, aggiornarsi e aggiornare a sua volta. Le opere di Raffaello furono punti di riferimento per il rinnovamento della ritrattistica, per la pala d’altare, e anche per la rappresentazione dei temi tradizionali della cultura umanistica: nella Stanza della Segnatura, per esempio, il grande artista marchigiano seppe dar vita ai contenuti programmatici di papa Giulio II con immagini che riuscivano a esprimere il significato in maniera chiara e coinvolgente, facendo dialogare la rivelazione cristiana e la sapienza antica con straordinaria armonia.
Infine, Raffaello può esser considerato il pittore del bello ideale, modello non soltanto per i suoi allievi diretti, ma per tutti i pittori classicisti del Seicento, come Guido Reni o il Domenichino, fino ad arrivare al neoclassicismo del Sette e dell’Ottocento (si pensi ad Anton Raphael Mengs), per arrivare al XIX secolo (Jean-Auguste-Dominique Ingres e Théodore Gericault tra gli altri), fino anche all’arte contemporanea. Ancora, Roma deve parte della sua bellezza a Raffaello: non solo perché, per Pietro Aretino, papa Leone X fu “l’inventore della grandezza dei papi” grazie ai lavori che Raffaello eseguì sotto il suo pontificato, ma anche perché se oggi possiamo ammirare buona parte delle meraviglie della Roma antica, lo dobbiamo proprio a Raffaello, che possiamo quasi considerare il primo soprintendente della storia. Nel 1515 infatti Leone X lo investì del ruolo di prefetto di tutti i marmi e le lapidi, e l’artista si accinse a compilare un catalogo delle antichità da preservare: possiamo desumere tutta la sua passione per l’antico in una famosa lettera inviata al pontefice, diventata quasi una base del moderno concetto di tutela. Tante, dunque, le anime dell’arte di Raffaello, uno dei maggiori artisti di tutti i tempi.
Raffaello, Autoritratto (1506-1508; olio su tavola di pioppo; Firenze, Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture). Gabinetto fotografico delle Gallerie degli Uffizi - Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo |
Raffaello e Baldassarre Castiglione, Lettera a papa Leone X (s.d. [1519], manoscritto cartaceo, 6 carte di 220 x 290 mm circa ciascuna; Mantova, Archivio di Stato) |
Raffaello Sanzio nasce a Urbino il 28 marzo. Il padre è Giovanni Santi, uno dei pittori di corte dei Montefeltro (“Sanzio” è la volgarizzazione del latino “Sancti”), e la madre è Magia di Battista Ciarla, scomparsa quando l’artista ha solo otto anni d’età. Raffaello compie il suo primo apprendistato nella bottega paterna negli anni Novanta del Quattrocento, a Urbino, dove ha modo di compiere ripetute visite al Palazzo Ducale e dove può dunque vedere le opere di Piero della Francesca, Melozzo da Forlì, Antonio del Pollaiolo, Pedro Berruguete, Giusto di Gand, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini e altri importanti artisti attivi nella corte feltresca. Giovanni Santi muore nel 1494, e Raffaello diventa successivamente allievo del Perugino, anche se non conosciamo con esattezza quando i due si incontrano. Nel 1499, all’età di sedici anni, l’artista si trasferisce a Città di Castello, dove ottiene la sua prima commissione indipendente: lo Stendardo della Trinità, che lo pone in luce presso gli ambienti locali, tanto che, nel 1500, dalle monache del monastero di Sant’Agostino gli viene commissionata la Pala di san Nicola da Tolentino, che l’artista esegue a Evangelista da Pian di Meleto. Nello stesso periodo, tra il 1501 e il 1502, Raffaello compie viaggi a Firenze e a Siena, dove viene invitato, secondo Giorgio Vasari, dal Pinturicchio. Risale al 1504 uno dei suoi più grandi capolavori: lo Sposalizio della Vergine desinato alla chiesa di San Francesco di Città di Castello. In seguito, nello stesso anno, l’artista si trasferisce a Firenze, dove si trattiene fino al 1508.
A Firenze, Raffaello dipinge alcuni dei suoi capolavori più noti, come la Madonna del Cardellino (leggi un interessante articolo su quest’opera e su com’è nata), la Sacra Famiglia Canigiani, la Madonna del Belvedere, la Madonna Tempi, la Madonna Bridgewater, i ritratti dei coniugi Agnolo e Maddalena Doni. L’artista lavora quasi esclusivamente per committenti privati e nel frattempo continua a mantenere rapporti con l’Umbria: nel 1505, per esempio, dipinge la Trinità coi santi nella chiesa del monastero di San Severo a Perugia, opera lasciata incompleta e terminata poi diverso tempo dopo dal Perugino. Inoltre, nel 1507, e sempre per Perugia, dipinge lavorando a Firenze uno dei suoi capolavori più noti, la Deposizione Baglioni, per la chiesa di San Francesco al Prato, oggi alla Galleria Borghese (leggi un dettagliato approfondimento su quest’opera importante). Il periodo fiorentino si conclude con un capolavoro destinato a influenzare moltissimi pittori: la Madonna del Baldacchino, che l’artista lascia incompiuta.
Nel 1508, Raffaello si trasferisce a Roma, dove il papa Giulio II gli commissiona la decorazione ad affresco della Stanza della Segnatura: qui l’artista dipinge alcuni dei suoi capolavori più celebri, su tutti la Scuola di Atene, e l’apprezzamento è tale che gli viene affidata la decorazione di altre stanze (la Stanza di Eliodoro e la Sala dell’Incendio di Borgo, mentre realizzerà per la Sala di Costantino i cartoni per la decorazione che i suoi allievi eseguiranno dopo la sua scomparsa, tra il 1520 e il 1524). Risale al 1512 la realizzazione della Madonna di Foligno con cui l’artista rinnova la tradizione della pala d’altare (e lo stesso farà nel 1513-1514 con la Madonna Sistina, diventata famosissima soprattutto per gli angioletti in primo piano, una delle immagini più iconiche dell’intera storia dell’arte), e nel 1514 l’artista diventa sovrintendente alla fabbrica di San Pietro, succedendo al conterraneo Donato Bramante dopo esserne stato collaboratore. Nello stesso anno, il nuovo papa, Leone X, gli commissiona i cartoni per i celeberrimi arazzi conservati oggi nei Musei Vaticani. Nel 1516 inizia a lavorare alla Trasfigurazione, il suo ultimo capolavoro, che terminerà nell’ultimo anno della sua vita. L’artista scompare a Roma il 17 aprile del 1520.
Raffaello, Madonna del Cardellino (1506; olio su tavola, 107 x 77 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi) |
Raffaello, Ritratti dei coniugi Doni, a sinistra Agnolo (1506 circa; olio su tavola, 65 x 45 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi), a destra Maddalena Strozzi (1506 circa; olio su tavola, 63 x 45 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi). Ph. Credit Finestre sull’Arte |
Raffaello, Deposizione Borghese (1505-1507; olio su tavola, 174,5 x 178,5; Roma, Galleria Borghese) |
Sono molti i temi che si potrebbero introdurre approfondendo l’arte di Raffaello, a partire dagli elementi che seppe desumere dagli artisti coi quali venne a contatto, sia in maniera diretta sia indirettamente. Con i frammenti della Pala di San Niccolò da Tolentino (la Madonna con l’Eterno conservata al Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli, l’angelo conservato alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, e l’angelo del Louvre) si possono apprezzare i suoi legami coi modelli toscani e umbri nell’ambito dei quali si formò, nonché il legame con Melozzo da Forlì, pittore da cui Raffaello può aver desunto il senso della delicatezza e della serenità ravvisabile soprattutto nell’angelo di Brescia (Melozzo da Forlì è stato artista capace d’innestare lirismo e dolcezza sulle composizioni solenni e prospetticamente impeccabili derivanti dallo studio di Andrea Mantegna di Piero della Francesca: il forlivese fu probabilmente il primo pittore a proporre un nuovo canone di bellezza fondata sulla grazia, una bellezza umana e gentile). Con il San Sebastiano dell’Accademia Carrara di Bergamo si può invece approfondire il rapporto di Raffaello con l’eleganza tipica dell’arte del Perugino: il Raffaello giovane è un artista che sta elaborando un nuovo linguaggio autonomo e originale.
Ci sarebbe arrivato molto presto, già a Firenze, in particolare con le sue Madonne, che per secoli hanno rappresentato il canone di bellezza ideale, la massima perfezione femminile, a cui tanti artisti si sono ispirati. Le sue Madonne non esprimono soltanto senso di devozione, ma grande umanità, perché le Madonne di Raffaello, pur colte nella loro bellezza ideale che fece da modello per secoli, emanano un forte calore umano che notiamo dalle pose, dagli sguardi, dagli atteggiamenti. E, a proposito di invenzioni innovative, non è possibile non menzionare la Madonna del Baldacchino, dipinta nel 1508 e lasciata incompiuta perché in quell’anno l’artista dovette partire per Roma (l’opera si trova oggi a Firenze, a Palazzo Pitti): Raffaello qui introduce un elemento originale, ovvero l’elegantissimo baldacchino sotto cui si trovano la Madonna con il Bambino, ambientazione che sarebbe stata poi “imitata” da diversi altri artisti, come Andrea del Sarto e fra’ Bartolomeo. Raffaello avrebbe poi di nuovo rinnovato la formula della pala d’altare con la Madonna di Foligno del 1516: è un dipinto che si distingue per la delicatezza della Madonna con il Bambino (malgrado la loro presenza costituisca una teofania che si allontana un po’ dall’intimità delle atmosfere delle Madonne del periodo fiorentino, le loro figure mantengono comunque quell’aspetto così umano che caratterizzava le Madonne del periodo precedente), per il naturalismo dei personaggi (si vedano il committente e il san Giovanni Battista), per il modo in cui i personaggi sono inseriti nel paesaggio, per il dettaglio insolito delle nuvole che assumono le sembianze di putti: la Madonna di Foligno rinnova così il tema della sacra conversazione in particolare e la pala d’altare in generale.
Nel periodo romano, dal 1509 al 1520, la fase più lunga della carriera di Raffaello, fondamentale fu il rapporto con l’antico, a tutti i livelli. L’argomento è molto vasto, ma si potrebbe cominciare dalla Scuola di Atene: nelle Stanze Vaticane è possibile apprezzare un Raffaello molto diverso rispetto da quello del periodo fiorentino, un Raffaello che si aggiorna col contatto con Michelangelo e con l’arte antica per elaborare un linguaggio monumentale e classicheggiante. La Scuola di Atene è stata variamente interpreta, ma la lettura forse più probabile è quella che vorrebbe la filosofia come mezzo per arrivare al vero, secondo una lettura in chiave neoplatonica. Il fatto che i filosofi siano rappresentati con le fattezze degli artisti introduce un elemento a sostegno di questa tesi: l’arte, in quanto modo per esprimere la bellezza, è in grado di condurre l’essere umano al bene e al vero, secondo l’idea neoplatonica per la quale la bellezza è la manifestazione terrena dell’amore e anche della verità e della conoscenza potremmo. Inoltre, nella Roma dei papi, dei grandi umanisti, degli intellettuali e delle lettere, Raffaello poté cimentarsi anche con l’architettura e con l’archeologia: l’artista ebbe modo di partecipare a scavi che riportarono alla luce tracce dell’antichità classica, di conoscere e conservare i reperti della Roma antica, di perfezionare lo studio della sua pittura grazie ai modelli antichi.
Raffaello, infine, pose anche le basi per ciò che sarebbe arrivato dopo di lui. La sua potente Trasfigurazione, la sua ultima opera, è infatti una fulgida anticipazione del manierismo. La rappresentazione è divisa in due registri, quello superiore in cui vediamo l’episodio, con i tre apostoli abbagliati dall’apparizione divina di Gesù con ai lati i profeti Mosè ed Elia, e il registro inferiore popolato di personaggi che fanno riferimento all’episodio immediatamente successivo nel Vangelo, ovvero la guarigione di un indemoniato, che vediamo sulla destra trattenuto dall’uomo vestito in verde, con la folla che lo mostra ai discepoli a fare da contorno. La scena in alto è simmetrica, celestiale, invece in basso è concitata e tumultuosa, e nonostante questa diversità d’atmosfere Raffaello è riuscito a creare un’opera molto equilibrata, densa di accenni michelangioleschi ma anche di delicatezza cromatica: proprio la tavolozza della Trasfigurazione costituirà un riferimento per molti pittori manieristi. La Trasfigurazione è un tipico esempio dell’ultimo Raffaello, del periodo in cui le composizioni più intime e delicate cedono il passo a scene audaci e movimentate, pur se sottoposte sempre a un attento controllo formale. È un’opera che mostra dunque tutte le caratteristiche dall’arte di Raffaello, dalla delicatezza cromatica all’armonia che contraddistingueva la prima parte della sua carriera (la notiamo soprattutto nella parte alta), per arrivare al dinamismo del registro inferiore che invece è esemplificativo dell’ultimo Raffaello. Non a caso è stata un’opera sempre molto apprezzata, e addirittura, secondo Vasari, è la più bella mai realizzata che Raffaello realizzò.
Raffaello, San Sebastiano (1501-1503; tecnica mista su tavola, 45,1 x 36,5 cm; Bergamo, Accademia Carrara) |
Raffaello Sanzio, Scuola di Atene (1509-1510; affresco; Roma, Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Stanza della Segnatura) |
Raffaello, Trasfigurazione (1518-1520; tempera grassa su tavola, 410 x 279 cm; Città del Vaticano, Musei Vaticani, Pinacoteca Vaticana) |
Buona parte delle opere di Raffaello è concentrata a Roma: oltre alle Stanze Vaticane, ci sono sue opere alla Pinacoteca Vaticana, alla Galleria Borghese, a Palazzo Barberini (si trova qui la famosissima Fornarina), alla Villa Farnesina (la splendida Galatea), e da non dimenticare anche gli affreschi della cappella Cesi in Santa Maria della Pace e l’affresco del profeta Isaia nella chiesa di Sant’Agostino (vedi anche questo articolo con cinque luoghi a Roma nei quali scoprire l’arte di Raffaello). L’altra città “raffaellesca” per antonomasia è Firenze, dove è possibile trovare capolavori di Raffaello, intanto, agli Uffizi: la Madonna del cardellino, i ritratti dei coniugi Doni, il ritratto del Perugino, i ritratti di Guidobaldo da Montefeltro e di Elisabetta Gonzaga, il famoso autoritratto, il ritratto di papa Giulio II, il ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi. A Palazzo Pitti si ammirano invece la Madonna della seggiola, la Madonna del granduca, la Visione di Ezechiele, la Madonna del Baldacchino, il ritratto di Fedra Inghirami e la Velata. Chi si trova a Urbino non perda una visita a Casa Santi, dove si può ammirare la prima opera nota del pittore: la Madonna di Casa Santi, attribuita a un Raffaello all’incirca quindicenne. Da mettere in calendario, sempre se si è a Urbino, una visita alla Galleria Nazionale delle Marche per vedere la Muta. Ancora, a Perugia si può visitare la Cappella di San Severo che conserva l’affresco con la Trinità, e sembre in Umbria lo Stendardo della Santissima Trinità è conservato alla Pinacoteca Comunale di Città di Castello. A Bologna un suo capolavoro è conservato alla Pinacoteca Nazionale: è l’Estasi di santa Cecilia. E poi ancora opere di Raffaello si trovano al Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli, alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, all’Accademia Carrara di Bergamo, alla Pinacoteca di Brera a Milano (qui si ammira il magnifico Sposalizio della Vergine).
Tra le opere più famose di Raffaello all’estero troviamo la Madonna Connestabile (all’Hermitage di San Pietroburgo), la Madonna del Belvedere (al Kunsthistorisches Museum di Londra) le Tre Grazie, la Madonna di Orléans e la Madonna del velo (tutte e tre al Musée Condé di Chantilly), la Pala Ansidei, la Madonna dei garofani e la Madonna Aldobrandini (alla National Gallery di Londra), la Belle Jardinière e il ritratto di Baldassarre Castiglione (al Louvre), la Madonna Bridgewater e la Madonna del Passeggio (alla National Gallery of Scotland di Edimburgo), la Madonna Sistina (alla Gemäldegalerie di Dresda), la Madonna del Pesce, la Madonna della Rosa, lo Spasimo di Sicilia e la Visitazione (al Prado di Madrid), il ritratto di Bindo Altoviti (alla National Gallery di Washington).
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