Con Postimpressionismo si definiscono le tendenze artistiche che si svilupparono in Francia, con importanti influenze anche nel resto d’Europa, all’incirca tra il 1880 e gli inizi del Novecento, che seguirono e, allo stesso tempo, superarono l’esperienza dell’impressionismo. Laddove nel 1886 si svolse l’ultima mostra ufficiale degli impressionisti, si manifestarono in successione non propriamente cronologica le attività di artisti che con le loro opere traghettarono nel nuovo secolo. La maggior parte degli artisti detti post-impressionisti aderì inizialmente al movimento impressionista, per poi volgere successivamente ad un stile autonomo e via via più ambizioso e soggettivo. Il termine, di origine inglese, indica convenzionalmente non un gruppo organizzato con un manifesto programmatico, bensì l’insieme delle espressioni eterogenee di diversi pittori, intese come evoluzioni della scoperta impressionista della scomposizione della luce e dei colori. Fu una clima artistico che coinvolse artisti di interessi e temperamento differenti, divenuti nomi assoluti della storia dell’arte come Paul Cézanne e Georges Seurat, Paul Gauguin e Vincent van Gogh, che con i propri orientamenti e capolavori hanno procurato un impatto di vasta portata estetica che determinò successive correnti.
Alla rappresentazione imitativa di soggetti tratti dalla vita borghese e dalla natura, i post-impressionisti preferirono ognuno una sperimentazione personale con esiti autonomi e indirizzi diversi, valorizzando comunque quella libertà dalla tradizione e dai dettami dell’arte accademica appena prima sperimentati, e ammettendo il debito ai colori dell’impressionismo e alla tecnica di utilizzo di questi con brevi pennellate. Per quanto determinati ad andare oltre i loro predecessori, ogni pittore perseguì l’unicità della propria ricerca verso una nuova definizione delle forme, non condividendo necessariamente obiettivi stilistici con gli altri. Esposero insieme in occasioni comuni, ma dipingendo principalmente da soli nei propri atelier, al contrario degli impressionisti che avevano intrattenuto come gruppo affiatato rapporti assidui dipingendo en plein air. La storiografia dell’arte ha raggruppato i vari stili postimpressionisti grosso modo in due correnti: da un lato uno stile strutturato o geometrico che introdusse al cubismo, dall’altro un’espressività non geometrica che guidò all’espressionismo astratto.
Il termine Postimpressionismo è in uso dalla prima decade del 1900, coniato per il lavoro di pittori d’area francese della fine dell’Ottocento dall’artista e critico d’arte inglese Roger Fry (Londra, 1866 – 1934). Fu introdotto, successivamente alla realizzazione delle opere in questione, in un saggio del 1906 e poi divenne titolo della prima mostra che decretava l’approdo di alcuni importanti rappresentanti dell’Impressionismo ad un linguaggio artistico nuovo.
Manet and the Post-Impressionists fu la collettiva organizzata presso le Grafton Galleries di Londra nel 1910, anche definito “l’anno dei post-impressionisti”, che vide esposti quadri di Paul Cézanne (Aix-en-Provence, 1839 – 1906), Georges Seurat (Parigi, 1859 – Gravelines, 1891), Paul Gauguin (Parigi, 1848 – Hiva Oa, 1903) e Vincent Van Gogh (Zundert, 1853 – Auvers-sur-Oise, 1890), a partire dalle opere del padre dell’Impressionismo Édouard Manet (Parigi, 1832 – 1883), nome a quel tempo già noto in Inghilterra. Mostra appunto sulla pittura francese contemporanea che coinvolse anche Paul Signac, Pablo Picasso, Henri Matisse, Odilon Redon, Maurice Denis e Felix Vallotton, tra gli altri. Tutti questi pittori francesi, a parte che l’olandese Van Gogh e lo spagnolo Picasso di stanza a Parigi, che scandalizzarono la scena artistica inglese, rimasta ancorata a un’arte d’imitazione rispetto alla personalizzazione e astrazione a cui andava orientandosi la Francia e il resto d’Europa.
Manet considerato come il primo artista moderno, non solo perché aveva scelto soggetti del suo tempo ma anche per aver sfidato le tradizionali tecniche di rappresentazione, trainava in quell’occasione i nomi, misconosciuti in Inghilterra, di coloro che furono definiti i “quattro evangelisti del Post-impressionismo”, Cézanne, Seurat, Gauguin e Van Gogh, quando ormai gli artisti erano già scomparsi. La loro identità di gruppo fu dunque postuma, rappresentativa del cambiamento nell’approccio autonomo all’opera d’arte. Le loro caratteristiche comuni furono la ricerca della solidità dell’immagine rispetto alla pittura fluttuante degli impressionisti, la certezza e la libertà del colore. Malgrado le critiche che l’esposizione e il curatore attirarono, Roger Fry scelse di riproporre una Second Post-Impressionist Exhibition nel 1912, a sostegno della considerazione internazionale che meritavano i protagonisti e allargando l’orizzonte con opere di artisti inglesi e russi. Un segnale di quella che era stata una vera demarcazione stilistica.
Dopo una fase di inquieto dissenso tra gli impressionisti, così come Cézanne dipinse in isolamento ad Aix-en-Provence nel sud della Francia, Paul Gauguin nel 1891 si stabilì in esilio autoimposto a Tahiti nella Polinesia francese, e Van Gogh dipinse nella campagna di Arles lasciando il centro nevralgico di Parigi. Seurat era morto precocemente a 31 anni, e il suo metodo stilistico fu ripreso e diffuso da Paul Signac (Parigi, 1863 – 1935). Andava infatti radicandosi tra gli intellettuali occidentali, come eredità del Romanticismo di inizio Ottocento, la necessità di un rinnovato contatto con la natura autentica e il fascino per le culture lontane e meno sviluppate dal punto di vista industriale, considerate più vicine alla spiritualità e alle forze elementari del cosmo, rispetto ai centri urbani “artificiali” delle controparti europee.
Cézanne, conosciuto anche come il “Maestro di Aix” dalla località amena in cui si trasferì nel sud della Francia, è considerato pietra di paragone della qualità artistica e dell’innovazione di fine Ottocento. Abbandonando nel 1878 la tecnica dell’“impressione” degli effetti di luce evanescenti, il suo approccio infondeva ai soggetti una permanenza monumentale e ogni elemento della tela era esaminato da più angolazioni, le cui proprietà materiali erano ricombinate dall’artista non come una copia, ma come ciò che chiamava “un’armonia parallela alla natura”. Il pittore affrontò la questione fondamentale della profondità spaziale, ricercando una sintesi nelle forme geometriche, un primo tentativo di semplificare oggetti e figure con un’attenzione alla definizione dei volumi, che ispirò poi il Cubismo di Georges Braque e Picasso nella prima fase di sviluppo. Le pennellate di Cézanne con colori separati fecero scuola per molti.
Nel 1884 Seurat rilevava un’intenzione simile a quella di Cézanne con dipinti che mostravano concentrazione sulla composizione e che approfondivano la scienza del colore. Prendendo come punto di partenza la pratica impressionista di utilizzare il colore spezzato e l’accostamento dei complementari, cercava di ottenere la luminosità attraverso formule ottiche con minuscoli punti di colori contrastanti scelti e affiancati, per fondersi a distanza in un colore dominante. Questa tecnica estremamente teorica, chiamata “pointillisme” in italiano puntillismo o puntinismo, fu adottata da numerosi pittori contemporanei e costituì la base dello stile pittorico noto come “Divisionismo” o “Neoimpressionismo”.
Anche Gauguin, dopo aver esposto con gli impressionisti fino al 1886, vi rinunciò per cercare un’estetica più istintiva, allontanandosi dal sofisticato mondo dell’arte urbana di Parigi e manifestando un sempre crescente "primitivismo” nelle scelte di vita e nella visione artistica. Trovò ispirazione nell’iconografia tribale, allontanandosi dalle convenzioni occidentali, nelle vetrate e manoscritti medioevali ed esplorò il potenziale espressivo del colore e della linea di contorno, da cui nacque la tecnica del “Cloisonnisme”. Per evolvere via via verso armonie cromatiche sempre più esotiche e sensuali, quando andò a vivere tra i tahitiani. Gauguin cercava un tipo di relazione diretta con il mondo naturale e trattò la sua pittura come una meditazione sul significato dell’esistenza umana. Nella sua ricerca, tra viaggi ed esplorazioni, furono particolarmente importanti i significati simbolici e altamente personali, che rappresentavano una sintesi tra gli elementi formali e l’idea o l’emozione che gli trasmettevano.
Stesso detto per Van Gogh che, arrivato a Parigi in quello stesso 1886 in tempo per assistere all’ultima mostra degli impressionisti, adattò rapidamente le loro tecniche e il colore per esprimere le sue risposte emotive e suoi ricordi e idee. Nelle opere mature, oggi icone della storia dell’arte di ogni tempo, le brevi pennellate dell’impressionismo divennero linee di colore curve e vibranti, che descrivevano la sua visione sul paesaggio naturale, le persone, se stesso. Fu importante il rapporto con Gauguin e prima che questi partisse per Tahiti, i due nel 1888 vissero ad Arles alcuni mesi e lavorarono insieme influenzandosi l’un l’altro.
Nel Postimpressionismo molti artisti furono impegnati nel ricercare stili vividi nella composizione, nei colori e nei contenuti simbolici. L’enfasi sull’espressività fece sì che la vita della città non fosse più il soggetto dominante. Cézanne si dedicò soprattutto alle nature morte (Il tavolo da cucina, 1889-1890), ritratti (Madame Cézanne nella poltrona gialla, 1888-1890) e paesaggi (Mont Sainte-Victoire, 1905 circa), cercando di articolare sempre un’organizzazione compositiva, convinto che la natura potesse essere descritta “nei termini del cilindro, della sfera, del cono", ovvero le componenti geometriche più semplici. Usando piani di colore per creare queste forme, univa parti di figure in primo piano con elementi dello sfondo, superficie e profondità insieme. Molti storici dell’arte considerano infatti Le grandi bagnanti (1900-1906) il suo capolavoro, in cui impiegò questa tecnica di costruzione dell’immagine con linee e forme geometriche attraverso un impasto denso di colori, steso con la spatola e non con il pennello. I corpi, gli alberi e il paesaggio sono piani di colore che compongono una scena che si legge sia simultaneamente che consecutivamente, lungo oltre i 2 metri di lunghezza di questa. L’effetto visivo delle bagnanti, definite nettamente nei contorni neri ma fuse con i rami degli alberi nel paesaggio retrostante, rappresenta uno slittamento visivo che preannunciava il futuro della pittura modernista.
Seurat sviluppò uno stile pittorico scientifico di punti e segni ciascuno fatto di un colore unico, sapientemente accostati, per comporsi negli occhi dello spettatore. Esemplare è la grande tela Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte (1884-1886), in cui Seurat applica il colore in campi densi di minuscoli punti, per imitare l’aspetto vivido e vibrante della luce naturale, che è anche il risultato della fusione di vari precisi colori. Uno dei primi esempi della reazione artistica al movimento impressionista. Se osservato da vicino, il dipinto appare come quasi astratto, simile a un ricamo. Se visto da una distanza adeguata viene a fuoco. Seurat ha posizionato accuratamente ogni punto in relazione a quelli circostanti per creare l’effetto ottico desiderato. Lo fece per dare struttura e razionalità a ciò che percepiva essere disorganizzato nella visione degli impressionisti, sebbene si rifacesse a elementi loro tipici, come la resa della luce e dell’ombra e soggetti quali le attività ricreative della borghesia parigina (Spettacolo da circo, 1887-1888).
Paul Signac seguì da vicino le orme di Seurat in queste esplorazioni (Ingresso al porto di Marsiglia, 1911) andando ad allargare i piccoli punti in quadratini o rettangoli di colore.
Gauguin sviluppò ulteriori idee di superamento della pittura precedente con la teoria del "sintetismo". Secondo i suoi principi, la forma visiva finale si determinava da una sintesi tra l’aspetto esteriore degli aspetti naturali e le considerazioni estetiche che corpi e natura suscitavano in lui. Gauguin scartò l’ombreggiatura, la modellazione e la prospettiva da un singolo punto di vista, utilizzando colore puro, linee forti e bidimensionalità piatta per suscitare un impatto emotivo viscerale. In cerca, come si diceva, di un certo grado di libertà spirituale e candore primitivo, fece esperienza in Bretagna, nel nord della Francia, con le comunità religiose rurali e si immerse in vari paesaggi dei Caraibi, educandosi anche alle ultime idee francesi in materia di pittura e teoria del colore, che gli ispirarono opere come La visione dopo il sermone (La lotta di Giacobbe con l’angelo) del 1888. Il dipinto raffigura una visione rivelatrice di Giacobbe alle prese con un angelo, in cui la folla di fedeli che sperimenta la visione è in primo piano, e la lotta biblica appare su sfondo rosso, a rappresentare l’emozione religiosa. Come dimostra questo lavoro e altri come Il Cristo giallo dell’1889, il pittore sperimentò via via nuovi approcci al colore, aprendo la strada a un nuovo stile di pittura denominato “simbolismo”. Un nuovo modo di intendere a pittura che sposava l’osservazione del quotidiano con il simbolismo mistico, fortemente influenzato dagli aspetti popolari delle arti “primitive” dell’Africa, dell’Asia come della Polinesia francese. Quando nel suo ultimo periodo prese a dipingere ritratti di donne tahitiane (Manao Tupapau. Lo spirito dei morti vigila, 1892) rivelò la sua capacità di suggerire significati più profondi dietro le apparenze superficiali della realtà. Una pittura appunto sintetica, che funzionava come un riflesso simbolico, piuttosto che meramente documentario. Il rifiuto di Gauguin della sua famiglia europea, della società e del mondo dell’arte e urbano parigino per una vita altrove, è diventato un modello del ruolo dell’artista mistico-errante (Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?, 1897).
Anche Van Gogh ha incarnato il rifiuto dell’osservazione ottica impressionista a favore di una rappresentazione emotivamente carica, che ha fatto appello al cuore dello spettatore utilizzando un’applicazione impulsiva e gestuale della pittura e dei colori simbolici per esprimere emozioni soggettive. È considerato sicuramente uno degli artisti più dotati ed emotivamente turbati dell’era moderna, sebbene gravemente sottovalutato durante la sua vita.
Il primo capolavoro rivalutato I mangiatori di patate del 1885 già all’epoca in cui fu dipinto rappresentò un fuori regola, vista la tavolozza di colori opachi e la scelta di rappresentare le squallide condizioni di vita dei contadini, quando gli impressionisti avevano dominato l’avanguardia parigina per oltre un decennio con le loro tavolozze chiare e scene di benessere borghese. Van Gogh andò però verso i colori saturi e le ampie pennellate evocative del tumulto interiore, influenzato da una varietà di fonti, non ultima la sua passione per le rappresentazioni stilizzate delle stampe Ukiyo-e giapponesi.
Combinando influenze diverse come la pennellata sciolta degli impressionisti e i contorni forti della xilografia giapponese, Van Gogh è arrivato a una modalità espressiva davvero unica nei suoi dipinti. Con la tecnica dell’impasto, o della stratificazione della pittura bagnata, strutturava una superficie nel senso della profondità e della forza emotiva. Anche nel suo lavoro, risaltano i contorni scuri e spessi e strisce piatte di colore. Rimase fedele alla pittura tonale scura fino a che a Parigi non conobbe Seurat e Signac che lo avvicinarono alla dottrina dei contrasti complementari.
Riscrisse interpretandoli, con un tratto personale riconoscibile, alcuni generi tradizionali come la pittura di fiori, di cui è celebre la serie dei Girasoli, l’autoritratto, ne realizzò moltissimi, e il ritratto (Ritratto di Joseph Roulin, 1888) e non ultimo il paesaggio (Campo di grano con volo di corvi, 1890), in cui le linee e le trame a rilievo giocarono un ruolo fondamentale (Notte stellata, 1889). Espresse nelle sue oltre due migliaia di opere una visione personale della natura, che sottintendeva quasi sempre l’intervento e la presenza umana. Case, villaggi e campi in cui era evidente il lavoro dell’uomo, di cui riuscì in termini figurativi a rendere la dignità di lavoratore a tutti i livelli. Dai contadini (Seminatore al tramonto, 1888) alle prostitute, autorappresentandosi e ritraendo figure nelle loro azioni e ruoli nella società, anche quando semplici frequentatori di caffè notturni (Terrazza del caffè la sera, Place du Forum di Arles, 1888). Il temperamento instabile e umorale di Van Gogh, che lo portò a legare arte e vita indissolubilmente fino alle estreme conseguenze (Autoritratto con l’orecchio bendato, 1889), divenne simbolica dell’immagine dell’artista torturato. La sua vicenda di talento incompreso fu d’esempio per molti artisti nel XX secolo.
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