Pieter Bruegel, detto il Vecchio (Breda, 1525 circa – Bruxelles, 1569), è stato il più grande artista nei Paesi Bassi del XVI secolo, esercitando una forte influenza sulla pittura dell’epoca e successiva, e attraverso i suoi figli, Pieter e Jan, diventato l’antenato di una dinastia di pittori sopravvissuta fino al XVIII secolo. Della sua produzione giunta fino a noi, molti disegni, incisioni e poco più di quarantadipinti autenticati, sono particolarmente noti i paesaggi e le scene di vita contadina, spesso rese in senso umoristico, caricaturale e grottesco, attraverso una minuziosità di particolari tipici della precedente pittura fiamminga. Con Bruegel la vita del popolo acquistò importanza, natura e umanità furono fonte inesauribile delle sue rappresentazioni.
L’evoluzione artistica di Bruegel il Vecchio è tracciata attraverso le opere firmate e datate, altrimenti, a partire dall’incerto anno di nascita, non si conoscono con precisione i dettagli della sua vita. Le informazioni biografiche derivano principalmente dallo “Schilderboek” o “Libro della Pittura” del 1604 del fiammingo Karel van Mander, biografo degli artisti come lo era stato l’italiano Giorgio Vasari. Ciò che si sa è che intorno al 1551 Bruegel partì per un viaggio in Italia, dove oltre ad una serie di disegni dei luoghi visitati, realizzò anche il suo primo dipinto firmato nel 1553.
Di ritorno nei Paesi Bassi, ottenne una certa fama attraverso immagini satiriche e moralizzanti. Un tratto di peculiarità del pittore è l’allontanamento dai modelli dell’arte rinascimentale europea, per riservare la scena a individui comuni e non più solo a personalità eroiche o eventi gloriosi. Il suo lavoro si concentrò su temi come la vita lavorativa rurale, la religione e la superstizione e gli intrighi politici e sociali. Molti capolavori ritraggono abitudini e costumi olandesi, traducendo in immagini pittoriche modi di dire coloriti o espressioni verbali popolari, paesaggi stagionali e vedute realistiche della vita e del folclore contadino o eventi biblici e mitologici in scenari panoramici, spesso visti dall’alto. Fece scuola il suo nuovo approccio protestante all’argomento religioso. Ebbe successo in vita, mecenati importanti e commissioni da collezionisti. Il geografo Abramo Ortelius, amico e collezionista di Bruegel, scrisse di lui: “Egli ha saputo dipingere le cose che non si possono dipingere […] in tutte le sue opere bisogna saper intendere sempre più di quello che è stato dipinto”, indicando così un significato ulteriore da cercare nei dipinti.
Secondo il suo primo biografo van Mander, Pieter Bruegel il Vecchio, nato Peeter Brueghel a Breda nei Paesi Bassi intorno al 1525, fu apprendista a Bruxelles di Pieter Coecke van Aelst, scultore, architetto e disegnatore di arazzi e vetrate che aveva viaggiato e conosceva l’Italia. Dopo la morte di Van Aelst nel 1550, Bruegel si trasferì ad Anversa, dove ricevette il suo primo incarico per collaborare alla realizzazione di una pala d’altare su commissione di una corporazione. Il sistema delle corporazioni era importante per promuovere le carriere artistiche, e la vita professionale di Bruegel iniziò effettivamente nel 1551 quando fu eletto alla Gilda di San Luca, un’associazione di pittori di Anversa. Quell’anno partì per un lungo viaggio di pittura e ricerca attraverso l’Italia, testimoniato da disegni in composizioni libere e bozzetti, poi diventati opere compiute per la maggior parte dopo il suo ritorno ad Anversa.
Da diversi disegni, dipinti e incisioni ancora esistenti, si può dedurre che viaggiò oltre Napoli fino in Sicilia. Le prime opere del 1552 sono paesaggi italiani. Numerosi i disegni di regioni alpine, realizzati tra il 1553 e il 1556, che indicano il grande impatto visivo ed emotivo che l’esperienza della montagna ebbe su di lui. Van Mander osservò che l’artista “aveva ingoiato tutte le montagne e le rocce per risputarle poi al suo ritorno su tele e pennelli”. I paesaggi montani risultanti dal tour in Italia fecero scuola nell’arte europea. Nel 1553 sicuramente visse per qualche tempo a Roma, dove realizzò il suo primo dipinto firmato e datato, Paesaggio con Cristo e gli Apostoli al mare di Tiberiade. Al ritorno ad Anversa intorno al 1555, Bruegel iniziò a lavorare per l’artista incisore e principale editore di stampe della città, Hiëronymus Cock. Dal 1556 in poi si concentrò su argomenti satirici e moralizzanti, spesso alla maniera fantastica o grottesca di Hiëronymus Bosch (’s-Hertogenbosch, 1453 –1516), le cui imitazioni erano molto popolari all’epoca. Cock sfruttò l’occasione vendendo un’incisione di Bruegel relativamente sconosciuta, Il pesce grande mangia il pesce piccolo (1556), spacciandola per un originale di Bosch morto quarant’anni prima. Alcuni artisti si accontentarono di lavorare come imitatori, ma l’inventiva di Bruegel si elevò e ben presto trovò il modo di esprimere le sue idee con una personale espressione. Bruegel prese a produrre opere pittoriche soprattutto dal 1557 circa in poi, sviluppando un inconfondibile stile compositivo e raggiungendo lo status di artista significativo e richiesto. Si interessò alla figura umana senza abbandonare il paesaggio ed estese le sue sperimentazioni in questo campo. Accanto alle composizioni di montagna, iniziò a disegnare i boschi della campagna, si rivolse poi ai villaggi fiamminghi e verso il 1562 ai paesaggi urbani con le torri e le porte di Amsterdam.
La maggior parte dei suoi dipinti furono realizzati per dei collezionisti, ricchi mercanti e membri della chiesa. Tra i suoi mecenati vi furono da Antione Perrenot cardinale de Granvelle, presidente del consiglio di stato dei Paesi Bassi, a Niclaes Jonghelinck che nel 1566 acquistò suoi 16 dipinti. Dal 1559 l’artista aveva cambiato l’ortografia del suo nome da “Peeter Brueghel” a “Pieter Bruegel”. Nel 1563 sposò Mayken Coecke, la figlia del suo primo maestro Pieter Coecke van Aelst, e si trasferirono a Bruxelles. Il matrimonio generò quella che poi è stata una dinastia di artisti: i due figli, Pieter poi conosciuto come Pieter Brueghel il Giovane nato nel 1564, e Jan Brueghel il Vecchio nato nel 1568, così come il nipote Jan Brueghel il Giovane seguirono le sue orme (restituendo al loro cognome l’h che il Vecchio aveva abbandonato) e contribuirono a garantire la reputazione internazionale del padre. A Bruxelles, Bruegel produsse i suoi più grandi dipinti e solo pochi disegni per incisioni, poiché si era allentato il legame con Hiëronymus Cock dopo che aveva lasciato Anversa.
Verso la fine della sua carriera, oltre ai numerosi paesaggi continuò a dedicarsi alle storie religiose e alle scene di vita quotidiana che lo resero unico e influente, soprattutto dato il contesto storico e politico in cui furono create. Bruegel si distaccò dalla rappresentazione iconografica dei santi e dei martiri cattolici, in dissenso con le sanguinarie campagne della Controriforma: in quella metà del 1500 i Paesi Bassi divennero dominio del governo cattolico spagnolo che reprimeva e perseguitava la ribellione protestante. Nonostante il focus religioso di gran parte del suo lavoro maturo, alcuni storici dell’arte suggeriscono che Bruegel fosse abbastanza consapevole del significato politico della sua opera, come raccontata lo stesso Van Mander: non molto tempo prima di morire, l’artista chiese alla moglie di bruciare alcune sue opere, credendo che il loro contenuto potesse metterla in pericolo. Anche delle circostanze della sua morte si sa poco, se non che non esistendo dipinti datati nel 1569, il 1569 fosse anche l’ultimo anno della sua vita, in cui inoltre il consiglio comunale di Bruxelles lo esonerò dall’obbligo di lavorare con una guardia di soldati spagnoli di stanza nella sua casa, suggerendo che il contenuto politicamente sovversivo del suo lavoro era stato appunto ben compreso. Fu sepolto a Notre-Dame de la Chapelle a Bruxelles.
Bruegel si distinse in qualità di disegnatore, nell’arte incisoria e nella pittura. Inoltre fu capace di descrivere i più minuti particolari, in linea con la tradizione formale e coloristica fiamminga. La sua produzione fu straordinariamente ampia. La maestria tecnica permetteva al pittore di restituire la visione e la componente atmosferica dei paesaggi, come tra gli altri quelli invernali o marini, nonché di dettagliare accuratamente le figure. Il suo repertorio consiste in scene naturali in cui si stagliano episodi biblici convenzionali, parabole di Cristo, soggetti mitologici e satire sociali profane, scene della vita contadina fino ai suoi “paesi dei proverbi”, con cui ha illustrato detti proverbiali e quotidianità popolare dei Paesi Bassi. Dalle due serie incise de I vizi (1556–57) e Le virtù (1559–60), a soggetti che esulano dalla classificazione tematica come Lotta tra Carnevale e Quaresima (1559) o Giochi di bambini (1560) e Margherita la pazza (1562), le sue composizioni sono costruite in modo allegorico, tali da dover ricercare contenuti e riferimenti per interpretarle.
Il suo contributo stilistico distintivo nella storia dell’arte è stata la forma di composizione narrativa per cui il paesaggio vive grazie all’umanità di figure che si muovono e popolano le tele. Dopo il suo ritorno dall’Italia, si dedicò a rappresentazioni di folle di persone disposte in modo da creare vari punti focali intersecanti e solitamente viste dall’alto. Nel 1564 e nel 1565 ridusse drasticamente il numero delle figure, rendendole più grandi e ravvicinate in uno spazio molto ristretto, per tornare più tardi alle folle, disposte in gruppi densamente concentrati. Questo approccio distingue Bruegel da molti artisti rinascimentali che prediligevano composizioni visivamente più armoniose, nell’offrire invece un ritratto di una società umana caotica e indisciplinata.
Nell’apparente caos delle sue grandi opere si trovano uomini e oggetti rappresentati con preciso effetto e collocazione. Esemplificativo della sua tecnica compositiva è il dipinto dei Proverbi fiamminghi (1559), dove nello scorcio di un villaggio Bruegel muove le azioni rappresentative della saggezza popolare, in quelli ravvisati come 120 episodi sulla follia e i vizi. Ancora un’altra caratteristica dell’arte di Bruegel fu l’interesse nel rendere il movimento. I numerosi dipinti di danze contadine sono esempi evidenti, fino alle rappresentazioni processionali in La Conversione di San Paolo (1567) dove torna questa sensazione apparsa nei primi disegni delle montagne. Verso la fine della sua vita, Bruegel sembra essere rimasto affascinato dal problema della figura che cade. I suoi studi raggiunsero l’apice nella Parabola dei ciechi (1568) in cui l’unità di forma, contenuto ed espressione segna un punto culminante nell’arte europea.
I suoi figli portarono il suo stile nel XVIII secolo. Il giovane Pieter avrebbe continuato a creare molte copie dei dipinti di suo padre, contribuendo a garantirne la reputazione internazionale anche molto tempo dopo la sua morte e provocando dubbi d’attribuzione su quali fossero opere del Vecchio e quali del figlio.
Bruegel è stato un pioniere di quella che sarebbe diventata nota come “pittura di genere”, scegliendo di rappresentare la gente comune impegnata nelle scene quotidiane della vita domestica. Nei secoli a venire, in particolare attraverso il lavoro degli artisti olandesi del Seicento come Rembrandt, questa attenzione al contesto della vita quotidiana sarebbe diventata la base del Realismo della Francia del XIX secolo e oltre.
Oltre a disegni e incisioni, di Bruegel sono stati conservati 45 dipinti autenticati, parte di una produzione molto più ampia ora perduta. Il maggior numero a noi pervenuto è concentrato tra il Kunsthistorisches Museum di Vienna, con capolavori come la Grande torre di Babele (1563), Cacciatori nella neve (1565; leggi qui un approfondimento sull’opera) o la Danza di contadini (1568), e il Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles che conserva la Caduta di Icaro (1558), la Caduta degli Angeli ribelli (1562), il Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli (1565) e il Censimento di Betlemme (1566).
Sempre a Bruxelles la sua casa nel quartiere Marolles è stata restaurata e trasformata in un museo. Vi è, tuttavia, qualche dubbio sulla correttezza dell’identificazione. Altre opere sono distribuite nei più importanti musei del mondo, in Europa e negli Stati Uniti, dalla National Gallery di Londra al Louvre di Parigi, al Museo del Prado di Madrid come al Metropolitan Museum New York. Si segnalano a Rotterdam al Museum Boijmans Van Beuningen la Piccola Torre di Babele, e ad Anversa i Dodici proverbi (1558) e Margherita la Pazza (1561), custoditi al Mayer Van Den Bergh Museum. Quanto all’Italia, si trovano opere di Bruegel al Museo di Capodimonte a Napoli, dove si conservano la Parabola dei ciechi e il Misantropo del 1568, e la Galleria Doria Pamphilj a Roma, che accoglie la Battaglia nel porto di Napoli.
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