Opere di Van Gogh: 15 capolavori per conoscere il grande artista


Quindici opere per conoscere Vincent Van Gogh, la sua arte, la sua grandezza, in un percorso che copre tutta la sua carriera.

In tutto l’arco della sua carriera, Vincent van Gogh (Zundert, 1853 - Auvers-sur-Oise, 1890) dipinse centinaia di opere d’arte, oggi conservate nei musei di tutto il mondo: si stima che Van Gogh sia autore di circa novecento dipinti e oltre un migliaio di disegni. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare nonostante la vasta mole di opere di Van Gogh che conosciamo, la sua carriera fu di brevissima durata: l’artista, infatti, arrivò molto tardi alla pittura (prima lavorò come commerciale alla casa d’arte Goupil e poi, dal 1876 al 1880, trascorse un periodo come insegnante in Inghilterra, dopodiché, tornato in patria, lavorò come libraio a Dordrecht: solo dal 1881 si dedicò totalmente all’arte, pur senza successo), e la sua parabola durò meno di dieci anni, dal 1881 fino alla sua scomparsa avvenuta nel 1890.

Anche il pieno riconoscimento arrivò soltanto postumo. Nonostante Van Gogh fosse un artista estremamente colto, al contrario di ciò che le narrazioni mainstream potrebbero far pensare (il suo lavoro alla casa d’arte Goupil gli permise di studiare l’arte in modo approfondito, inoltre possedeva una buona libreria personale), e nonostante potesse vantare l’amicizia di alcuni tra i migliori artisti del tempo (è ben noto il suo legame con Gauguin), la portata innovativa della sua arte non venne immediatamente percepita dai suoi contemporanei. Van Gogh fu però tra i primi artisti, insieme allo stesso Gauguin e a pochi altri, a mutare radicalmente il corso dell’arte, che anche grazie a lui cominciò a concentrarsi sui moti dell’animo e sull’interiorità dell’artista, più che sulla natura o sugli aspetti esteriori della realtà.

Oggi conosciamo alla perfezione l’arte di Van Gogh anche perché conserviamo quasi per intero il suo corpus epistolare: in particolare, le lettere inviate al fratello, il mercante d’arte Théo van Gogh (Zunder, 1857 - Utrecht, 1891), nelle quali l’artista, confidandosi intimamente, rivelava i suoi sogni, le sue ambizioni, le sue ricerche e anche le sue difficoltà e i suoi tormenti, sono una preziosissima fonte per comprendere le motivazioni che animavano la sua arte. Dovendo tuttavia tracciare un percorso nella sua arte, quali sono le opere che meglio aiutano a comprendere la sua pittura? La scelta è difficilissima: abbiamo però fatto un tentativo e proviamo di seguito a elencare quindici opere fondamentali per cominciare a prendere confidenza con l’arte di Vincent van Gogh, scelte in modo da coprire tutta la sua carriera, anche se in maniera equilibrata, ovvero con maggior concentrazione nei periodi in cui la sua pittura è giunta agli esiti più innovativi.

1. Natura morta con cavolo e zoccoli (novembre-dicembre 1881; olio su tela, 34,5 x 55 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)

È la prima opera nota dell’artista, contrassegnata col numero d’inventario F1 nel catalogo generale delle opere di Van Gogh. Il dipinto, che non è firmato, viene menzionato anche in una lettera inviata a Théo il 12 dicembre del 1881. Il dipinto attesta gli esordi del pittore, che con le sue prime opere si dedicò a un’arte d’imitazione di stampo realista, raffigurando (e questa sarebbe stata una costante per tutta la sua vita) ciò che aveva a disposizione, in questo caso alcuni oggetti che aveva in casa. Si tratta in questo caso di poco più che un esercizio su forma e colore, che comunque l’artista risolve in nonostante la poca esperienza, riuscendo a comunicare la differenze di consistenza dei materiali dipinti. Siamo comunque ancora ben lontani dagli esiti maturi della sua arte.

Vincent van Gogh, Natura morta con cavolo e zoccoli (novembre-dicembre 1881; olio su tela, 34,5 x 55 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)
Vincent van Gogh, Natura morta con cavolo e zoccoli (novembre-dicembre 1881; olio su tela, 34,5 x 55 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)

2. Ragazza in un bosco (1882; olio su tela, 37 x 58,8 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)

Il Kröller-Müller Museum ospita la seconda più vasta raccolta al mondo di opere di Van Gogh (la prima è quella del Van Gogh Museum di Amsterdam), e a questa collezione appartiene anche la Ragazza in un bosco, altra opera non firmata, che rappresenta una ragazza all’interno di una foresta nei dintorni dell’Aia: qui Van Gogh si recava per compiere i suoi primi esperimenti en plein air, cominciando a maturare quello stretto rapporto con la natura che sarebbe stato un altro degli elementi fondanti della sua arte (a questo tema abbiamo anche dedicato un lungo approfondimento sulla rivista). Il tema dell’autunno, con i suoi colori che trasformano l’aspetto del bosco, dà modo a Vincent di iniziare a esprimere la sua visione sentimentale della natura.

Vincent van Gogh, Ragazza in un bosco (1882; olio su tela, 37 x 58,8 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)
Vincent van Gogh, Ragazza in un bosco (1882; olio su tela, 37 x 58,8 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)

3. I mangiatori di patate (aprile-maggio 1885; olio su tela, 82 x 114 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)

L’opera è nota in due versioni, entrambe risalenti allo stesso periodo e conservate l’una al Van Gogh Museum di Amsterdam e l’altra al Kröller-Müller Museum di Otterlo. Risale al periodo che l’artista trascorse tra i minatori del Borinage, un’area rurale del Belgio che all’epoca viveva quasi esclusivamente di agricoltura. Van Gogh, entrato a contatto con la durissima realtà dei contadini che vivevano solo del frutto delle loro terre, ricavò da questa esperienza un impatto notevole: perse tutte le speranze nella religione (prima di diventare pittore aveva manifestato la volontà di fare il pastore protestante, lo stesso mestiere che faceva il padre: l’esperienza nel Borinage però gli fece cambiare radicalmente idea), maturò nuove convinzioni politiche e sociali. “Un contadino”, avrebbe scritto in una lettera a Théo, “e più vero con i suoi abiti di fustagno tra i campi, che quando va a messa alla domenica con una specie di abito da società. Allo stesso modo credo che sia sbagliato dare a un quadro di contadini una specie di superficie liscia e convenzionale. Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalle patate lesse [...], va bene, è giusto che questo sia l’odore di stalla”.

Vincent van Gogh, I mangiatori di patate (aprile-maggio 1885; olio su tela, 82 x 114 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)
Vincent van Gogh, I mangiatori di patate (aprile-maggio 1885; olio su tela, 82 x 114 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)

4. Paesaggio al tramonto (1885; olio su tela, 35 x 43 cm; Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza)

È un dipinto molto poco noto, ma è comunque interessante perché è una delle opere che chiudono il periodo di Nuenen (la cittadina dove l’artista soggiornò tra il 1883 e il 1885, passando lunghi periodi a contatto coi minatori del Borinage), e dove l’artista cominciò a far valere davvero il proprio talento. E poi l’opera non è trascurabile perché è uno dei primi casi in cui Van Gogh opera quella trasfigurazione della realtà secondo il proprio sentire che sarà uno dei capisaldi della sua pittura sul finire della carriera. Il brano rappresentato in questo dipinto spagnolo non è stato identificato con sicurezza data l’assenza di punti di riferimento. Ancora, l’atmosfera crepuscolare consente all’artista di cimentarsi ancora con quei toni cupi che aveva ammirato nei dipinti olandesi del Seicento e che caratterizzano la prima parte della sua carriera. Com’è noto, negli ultimi anni la sua tavolozza avrebbe invece abbracciato una luminosità sconosciuta ai dipinti dei primi anni.

Vincent van Gogh, Paesaggio al tramonto (1885; olio su tela, 35 x 43 cm; Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza)
Vincent van Gogh, Paesaggio al tramonto (1885; olio su tela, 35 x 43 cm; Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza)

5. Giapponeseria: Oiran (ottobre-novembre 1887; olio su tela, 100,7 x 60,7 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)

Si tratta della prima opera direttamente dipendente dall’arte giapponese, che Van Gogh approfondì durante il suo soggiorno ad Anversa (1886), quando riuscì a procurarsi diverse stampe giapponesi commerciate a poco prezzo dai mercanti della zona del porto. Dal contatto con l’arte giapponese Van Gogh ricavò una semplificazione e una libertà compositiva che lo avrebbero poi accompagnato per il resto della carriera (a questo link trovi un articolo per approfondire il rapporto tra Van Gogh e il Giappone). Questo olio su tela è la libera interpretazione di un’opera di Kesai Esan che a sua volta era stata riprodotta sulla rivista Paris illustré (numero del 4 maggio 1886).

Vincent van Gogh, Giapponeseria: Oiran (ottobre-novembre 1887; olio su tela, 100,7 x 60,7 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)
Vincent van Gogh, Giapponeseria: Oiran (ottobre-novembre 1887; olio su tela, 100,7 x 60,7 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)

6. Fritillaria imperiale in un vaso di rame (1887; olio su tela, 73,5 x 60,5 cm; Parigi, Musée d’Orsay)

La protagonista di questo dipinto risalente al periodo parigino è una pianta di fritillaria (una bulbosa che fiorisce in primavera) dentro un vaso di rame. Si tratta di un dipinto che risente del contatto dell’amicizia che Van Gogh maturò con Paul Signac e che impresse un’ulteriore svolta alla sua arte: Vincent, rifacendosi alle teorie del pointillisme mutuate da Signac, realizzò lo sfondo blu mediante tanti puntini vicini che si riflettono a vicenda, e lo stesso fa con il vaso di rame, giungendo a un risultato di luminosità che non ha precedenti nella sua arte. Inoltre qui Vincent, che aveva studiato la pittura del Cinquecento, adopera anche i colori complementari (in questo caso, il blu dello sfondo e l’arancione dei fiori) per avere una lucentezza maggiore. Van Gogh dipinse spesso fiori perché gli davano la possibilità di compiere molti esperimenti sui colori.

Vincent van Gogh, Fritillaria imperiale in un vaso di rame (1887; olio su tela, 73,5 x 60,5 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Vincent van Gogh, Fritillaria imperiale in un vaso di rame (1887; olio su tela, 73,5 x 60,5 cm; Parigi, Musée d’Orsay)

7. Il ponte di Langlois (marzo 1888; olio su tela, 59 x 74 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)

Il ponte di Langlois è una delle opere più note del periodo di Arles (dove l’artista si trasferì nel febbraio del 1888 con l’intento di schiarire la sua tavolozza alla luce del “Midi”) ed è profondamente debitrice delle stampe giapponesi che Vincent aveva continuato a comperare e a collezionare. La Provenza, per Van Gogh, era una specie di “Giappone europeo”, e dati questi presupposti ideali si comprende bene perché anche Il ponte di Langlois faccia uso di quegli scorci arditi e di quella specie di bidimensionalità piatta che sono due elementi tipici degli ukiyo-e, le xilografie degli artisti nipponici. “Il paese”, avrebbe scritto Vincent a Théo dalla Provenza, “mi sembra bello come il Giappone per la chiarezza dell’atmosfera e per gli effetti di colore gioioso”. A partire da questo dipinto, e da altri dello stesso periodo, Van Gogh arrivò a utilizzare colori molto luminosi impostati su tonalità chiare.

Vincent van Gogh, Il ponte di Langlois (marzo 1888; olio su tela, 59 x 74 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)
Vincent van Gogh, Il ponte di Langlois (marzo 1888; olio su tela, 59 x 74 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)

8. Il postino Joseph Roulin (agosto 1888; olio su tela, 81,3 x 65,4 cm; Boston, Museum of Fine Arts)

Impossibile tracciare un elenco di opere di Van Gogh senza fare riferimento alla sua ritrattistica, e il ritratto del postino Joseph Roulin è uno degli esempi più significativi in tal senso. Van Gogh volle ritrarlo per la sua presenza imponente (la sua barba, diceva l’artista, gli ricordava quella del filosofo greco Socrate), oltre che per l’amicizia che li legava: esistono diversi ritratti di Roulin, anche se quello di Boston è il più famoso. Secondo Giulio Carlo Argan, il ritratto di Roulin è una delle opere da cui meglio si evince la visione dell’arte secondo Van Gogh, e in particolare del ruolo dell’artista di fronte alla realtà: “Fa il ritratto di un postino, il signor Roulin. [...] Non c’è un interesse sociale: non ritrae il signor Roulin perché è, né benché sia, un postino, e neppure perché lo interessi come tipo umano. [...] È una realtà che non giudica né commenta: può soltanto subirla passivamente oppure farla propria, ri-farla con la materia e gli atti che sono del proprio mestiere di pittore, della propria esistenza. Infatti la costruisce, la modella col colore: vive lo spessore del panno nella densità opaca del turchino, [...] la trasparenza delle carni nelle velature fredde sul rosa”.

Vincent van Gogh, Il postino Joseph Roulin	(agosto 1888; olio su tela, 81,3 x 65,4 cm; Boston, Museum of Fine Arts)
Vincent van Gogh, Il postino Joseph Roulin (agosto 1888; olio su tela, 81,3 x 65,4 cm; Boston, Museum of Fine Arts)

9. La camera di Vincent ad Arles (ottobre 1888; olio su tela, 72 x 90 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)

La camera di Vincent ad Arles è diventata uno dei simboli dell’arte di Van Gogh, un po’ per la sua semplicità, un po’ perché la trasfigurazione della realtà (si vedano ad esempio la parete con i quadri storti, i colori irrealistici della finestra di fondo, l’ardito scorcio prospettico) è tipica dell’ultima fase dell’arte di Van Gogh, anche se poi arriverà a livelli ulteriormente avanzati. Inoltre, il dipinto che raffigura la sua camera (ce ne sono comunque diversi: se ne conoscono almeno tre) è diventato un’icona anche perché ci permette di entrare nell’intimità di Van Gogh, di vedere come viveva (ai limiti della miseria), quali erano gli oggetti che gli facevano compagnia nel suo vissuto quotidiano. Un’opera che, insomma, ci parla dell’artista: anche per questo è così famosa.

Vincent van Gogh, La camera di Vincent ad Arles (ottobre 1888; olio su tela, 72 x 90 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)
Vincent van Gogh, La camera di Vincent ad Arles (ottobre 1888; olio su tela, 72 x 90 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)

10. Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles (16 settembre 1888; olio su tela, 80,7 x 65,3 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)

Altro dipinto iconico, noto perché ci permette di entrare nella Arles del 1888, ma importante anche per un motivo in realtà poco noto al grande pubblico, ovvero si tratta di un dipinto di ispirazione letteraria: Vincent infatti realizzò la Terrazza dopo aver letto il celeberrimo romanzo Bel-Ami di Guy de Maupassant. Il perché viene spiegato in una lettera a Théo: “l’inizio di Bel Ami contiene una descrizione di una notte illuminata di stelle a Parigi con i caffè vivacemente illuminati sul boulevard ed è all’incirca lo stesso soggetto che ho appena dipinto”. È inoltre un dipinto insolito perché è una delle poche opere degli ultimi anni dove le linee si fanno più distese e dove l’impasto è più lavorato rispetto a quello di altre opere coeve, segno che l’artista dovette dipingere l’opera in tutta serenità, al contrario di quanto avrebbe fatto nel periodo immediatamente successivo. Non mancano comunque alcuni elementi, come gli scavi nell’impasto e le pennellate spesse, che l’artista continua comunque a utilizzare, dando rilievo al dipinto.

Vincent van Gogh, Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles (16 settembre 1888; olio su tela, 80,7 x 65,3 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)
Vincent van Gogh, Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles (16 settembre 1888; olio su tela, 80,7 x 65,3 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)

11. I Girasoli (1888; olio su tela, 91 x 72 cm; Monaco di Baviera, Neue Pinakothek)

Van Gogh dipinse i girasoli sia durante il soggiorno a Parigi sia durante il soggiorno ad Arles: a Parigi i girasoli erano recisi, mentre ad Arles il pittore li pone sempre in un vaso. I girasoli parigini si conoscono in quattro versioni, mentre quelli di Arles in sette versioni (una delle quali, quella già conservata in Giappone, distrutta durante la seconda guerra mondiale, nel corso di un attacco aereo statunitense). Sono tra le opere più famose di Van Gogh tanto da essere diventate ulteriori icone della sua arte: il girasole era per Van Gogh una sorta di simbolo della luce del sud ed è per questa ragione che fa parte della sua arte. Inoltre, girasole viene scelto per il suo colore (Van Gogh adorava il giallo, e questo fiore gli dava pertanto la possibilità di sperimentarne le varie tonalità): come sempre accadeva nelle sue nature morte floreali, i fiori diventano una sorta di “pretesto” per fare ricerche sul colore.

Vincent van Gogh, I Girasoli (1888; olio su tela, 91 x 72 cm; Monaco di Baviera, Neue Pinakothek)
Vincent van Gogh, I Girasoli (1888; olio su tela, 91 x 72 cm; Monaco di Baviera, Neue Pinakothek)

12. Notte stellata (giugno 1889; olio su tela, 73,7 x 92,1 cm; New York, Museum of Modern Art)

È una delle prime opere risalenti al periodo che l’artista trascorse nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy-de-Provence per farsi curare la propria malattia mentale, il più difficile e tormentato della sua carriera, ma anche epoca in cui la sua arte giunse a nuove vette. È la celeberrima veduta notturna del borgo di Saint-Rémy-de-Provence, che viene dipinta dall’artista... così come la vede dentro di sé. Si tratta di un’opera suggestiva, che non rappresenta una veduta reale (sono pochissimi i contatti che il paesaggio ha con la realtà), ma un’immagine interiore.

Vincent van Gogh, Notte stellata (giugno 1889; olio su tela, 73,7 x 92,1 cm; New York, Museum of Modern Art)
Vincent van Gogh, Notte stellata (giugno 1889; olio su tela, 73,7 x 92,1 cm; New York, Museum of Modern Art)

13. Il giardiniere (settembre 1889; olio su tela, 61 x 51 cm; Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea)

Il ritratto di questo contadino provenzale è una delle rare opere di Van Gogh conservate in una collezione pubblica italiana, probabilmente la più importante di tutte. Tornano alcuni elementi dell’ultimo Van Gogh: l’utilizzo di colori primari e complementari, l’impasto molto denso, le pennellate in parte filiformi e in parte sinuose, l’accostamento di brevi tratti di pennello secondo la tecnica mutuata dai pointilliste. È considerato uno dei capolavori della ritrattistica di Van Gogh ed è uno dei 140 dipinti che l’artista realizzò mentre era ricoverato a Saint-Rémy-de-Provence.

Vincent van Gogh, Il giardiniere (settembre 1889; olio su tela, 61 x 51 cm; Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea)
Vincent van Gogh, Il giardiniere (settembre 1889; olio su tela, 61 x 51 cm; Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea)

14. Autoritratto (1889; olio su tela, 65 x 54 cm; Parigi, Musée d’Orsay)

Van Gogh realizzò una grande mole di autoritratti, e quello dipinto nel 1889 a Saint-Rémy-de-Provence è probabilmente il più famoso della sua carriera. Quando lo dipinse, l’artista riteneva di essere guarito dalla malattia che lo aveva reso folle: “Noterai”, scriveva in una lettera al fratello Théo, “come l’espressione del mio volto sia più calma, anche se mi pare che lo sguardo sia più instabile di prima”. Forse proprio lo sguardo alienato (unitamente allo sfondo mosso e ondulato) hanno reso così celebre questo capolavoro, che palesa i sintomi di uno stato di nevrosi ancora probabilmente irrisolto.

Vincent van Gogh, Il giardiniere (settembre 1889; olio su tela, 61 x 51 cm; Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea)
Vincent van Gogh, Il giardiniere (settembre 1889; olio su tela, 61 x 51 cm; Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea)

15. Campo di grano con volo di corvi (1890; olio su tela, 50,3 x 103 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)

Il Campo di grano con volo di corvi è stato a lungo ritenuto l’ultima opera di Van Gogh: non è così, anche se appaartiene alle fasi estreme della sua attività. Di sicuro, è uno dei quadri più sofferti dell’artista: le pennellate tese e nervose con cui l’artista dipinge la natura (il grano, il cielo, i corvi), i colori estremamente accesi, il disordine che ammanta la composizione sono indici dello strazio interiore che l’artista provava pochi giorni prima della sua scomparsa. È l’artista stesso a comunicare queste sensazioni di tristezza, di pessimo umore, come se si sentisse minacciato da un male ignoto.

Vincent van Gogh, Campo di grano con volo di corvi (1890; olio su tela, 50,3 x 103 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)
Vincent van Gogh, Campo di grano con volo di corvi (1890; olio su tela, 50,3 x 103 cm; Amsterdam, Van Gogh Museum)


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