Marcel Duchamp (Henri-Robert-Marcel Duchamp; Blainville-Crevon, 1887 – Neuilly-sur-Seine, 1968), pittore, scultore e scacchista francese naturalizzato statunitense, viene considerato uno degli artisti più influenti e importanti del XX secolo. Grazie a lui nacque infatti l’arte concettuale, originatasi dall’intuizione dei cosiddetti ready made, ovvero oggetti di uso comune che vengono decontestualizzati in modo da diventare opere d’arte, accuratamente selezionati dall’artista stesso. A volte, invece, i ready made consistevano in interventi di alterazione di grandi capolavori del passato, come nel caso della Gioconda di Leonardo da Vinci.
Fontana e Ruota di bicicletta sono i due ready made più conosciuti di Duchamp, ancora oggi riconosciuti come opere in grado di sovvertire le convenzioni artistiche dell’epoca. I ready made non furono tuttavia l’unica innovazione che l’artista francese apportò all’arte del suo tempo. Duchamp, infatti, aveva bene in mente la propria idea di arte, rifiutando tutte le opere che riproducevano la realtà, ad esempio quelle degli impressionisti, e prediligendo piuttosto un’approccio più intellettuale, da decifrare, annullando tutte le correnti d’avanguardia sviluppatesi nei cento anni precedenti.
Marcel Duchamp nacque a Blainville-Crevon, in Francia, il 28 luglio 1887, dall’unione tra Eugène Duchamp e Lucie Nicolle (quest’ultima era figlia del pittore e incisore Émile Frédéric Nicolle). I genitori avevano avuto in tutto sette figli, di cui uno morì quando era molto piccolo. Oltre a lui, anche tre suoi fratelli furono artisti di successo, ovvero il pittore ed incisore Jacques Villon (nato Émile Méry Frédéric Gaston Duchamp), lo scultore Raymond Duchamp-Villon (nato Pierre-Maurice-Raymond Duchamp) e la pittrice Suzanne Duchamp-Crotti.
Duchamp trascorse diverso tempo in America, in particolar modo a New York. Qui, entrò in contatto con un artista che si rivelò fondamentale per il suo percorso di vita ed artistico, ovvero il fotografo e pittore Man Ray. I due si incontrarono nel 1915 e restarono amici per tutta la vita. Insieme al pittore franco-spagnolo Francis Picabia e il fotografo americano Alfred Stieglitz, Duchamp e Ray erano soliti incontrarsi nella galleria 291 di Stieglitz, professandosi aderenti ad uno spirito simile a quello del Dadaismo. Il dada era un movimento artistico, in particolar modo delle arti visive, nato con l’intento di rispondere ai traumatici eventi della prima guerra mondiale promuovendo un’arte volutamente non sense e non aderente ai canoni e convenzioni estetiche ed ideologiche. Lo stesso nome del movimento non aveva alcun significato. Spesso il movimento dadaista viene accostato al nome di Duchamp, pur se il suo accostamento a dada durò pochi anni e si verificò in particolare nel periodo della giovinezza e degli esordi dell’artista, pertanto egli non ebbe modo di aderirvi ufficialmente, ma fece propri alcuni concetti basilari dei dadaisti.
Nel 1916, Duchamp fondò la Society of Independent Artists, insieme ai mecenati Katherine Dreier e Walter Arensberg. Lasciò poi la società in segno di protesta quando decisdero di non esporre l’opera Fontana (1917), poiché non considerata un’opera d’arte.
Un aspetto peculiare della personalità di Duchamp era la creazione di pseudonimi e alter ego con cui firmò diverse opere. Se ne conoscono in tutto tre, il primo dei quali era un personaggio di sesso femminile per cui scelse il nome di Rrose Sélavy. Cercò volutamente un nome ebraico, per differenziarsi dalla religione cattolica, ma non riusciva a trovare un nome maschile che lo convincesse, per questo decise di optare per un nome femminile e vestire il ruolo di una donna. Il nome è un gioco di parole che ricorda a livello fonetico la frase “eros, c’est la vie” e la doppia r all’inizio è voluta per creare un gioco di parole con “arroser la vie”. Del resto, i giochi di parole erano molto amati da Duchamp e li utilizzò molto spesso. Un altro alter ego molto famoso di Duchamp era R. Mutt, alterazione del nome “Mott”, dall’azienda che produceva gli orinatoi che l’artista utilizzò per alcune celebri opere. Inoltre, era anche un rimando ad un fumetto molto popolare all’epoca, “Mutt and Jeff”. La lettera R. stava per Richard, che contiene la parola inglese “Rich” ovvero “ricco”, cercando di allontanare così la povertà. Duchamp inventò anche uno scherzo per i giornalisti, ai quali dichiarò che lo pseudonimo celasse una sua amica in vesti maschili, diffondendone anche il numero di telefono spacciandolo per quello di Mutt. Un ultimo pseudonimo conosciuto era quello di Marchand du sel, nato dalle conversazioni di Duchamp con lo storico dell’arte Michel Sanouillet.
L’artista visse a lungo a Parigi, tranne per il periodo tra il 1918 e il 1923 in cui si trasferì a Buenos Aires.
Dal 1923 in poi, Duchamp rallentò sempre più la propria attività artistica, dedicandosi per dieci anni quasi del tutto al gioco degli scacchi. Raggiunse livelli molto alti nella disciplina, arrivando anche ad essere capitano della squadra francese che partecipava alle Olimpiadi degli Scacchi (partecipò a tutte le edizioni dal 1928 al 1933, ottenendo come miglior risultato l’ottavo posto del 1933). Nel 1942 l’artista si trovava a New York, dove decise di trasferirsi in via definitiva. Nel 1954 convolò a nozze con Alexina “Teeny” Sattler Matisse, che gli rimase accanto fino alla fine. Morì il 2 ottobre 1968 a Neuilly-sur-Seine e venne sepolto nel cimitero di Rouen. Sulla sua tomba si può leggere un epitaffio, composto da lui stesso: “D’ailleurs c’est toujours les autres qui meurent” (“D’altronde sono sempre gli altri che muoiono”).
Le opere giovanili di Duchamp sono soprattutto pittoriche, realizzate entro il 1912, e se ne conoscono in tutto una cinquantina. All’epoca, Duchamp aveva 25 anni. L’ispirazione per questi lavori derivava dall’impressionismo e dal gruppo dei Fauves, come dimostrano le opere Corrente d’aria sul melo del Giappone, Giovane e fanciulla in primavera e Macinino da caffè, tutte datate al 1911. Il livello di queste opere giovanili fu molto elevato.
Nel 1912 iniziò a dipingere, invece, opere di stampo differente che presentavano studi approfonditi sul dinamismo, ovvero Nudo che scende le scale n. 2, Il passaggio dalla vergine alla sposa, Sposa. In queste opere sembrerebbe esserci un’influenza del Futurismo, tuttavia i contatti di Duchamp con il movimento furono quasi nulli, pertanto la base delle sue ricerche è da individuare nei pionieri della cronofotografia Étienne-Jules Marey ed Eadweard Muybridge. A differenza dei futuristi, del resto, Duchamp non era interessato a riprodurre lo stesso attimo ripreso da più punti di vista, ma ricercava la resa del movimento come di attimi in successione, raffigurati uno dopo l’altro fino a diventare infiniti. Le opere in questione vennero rifiutate al Salon des Indépendants, in quanto si diffuse l’errata convinzione che si trattasse di una presa in giro del Cubismo. Le altre opere pittoriche del periodo sono variazioni sullo stesso tema, come La macinatrice di cioccolato (1913), oppure disegni e studi per Il Grande vetro, l’opera che, in seguito, segnò la svolta nell’arte di Duchamp.
Duchamp è stato un artista che ha sempre dialogato molto con i critici d’arte, fornendo indizi e suggerimenti per decifrare le sue opere. Inoltre rilasciò numerose interviste, in cui espose teorie e convinzioni personali sull’arte e sulla pittura. Tra le dichiarazioni più famose, vi era quella sulla pittura realizzata negli anni e nei secoli precedenti, che rifiutava in quanto “retinica”. Per “pittura retinica, egli intendeva tutti quei dipinti che privilegiavano l’estetica al contenuto, soprattutto esaltando gli istinti più primordiali. Queste le sue parole a supporto del concetto: “A me interessavano le idee, non soltanto i prodotti visivi. Volevo riportare la pittura al servizio della mente […] Di fatto fino a cento anni fa tutta la pittura era stata letteraria o religiosa: era stata tutta al servizio della mente. Durante il secolo scorso questa caratteristica si era persa poco a poco. [...] La pittura non dovrebbe essere solamente retinica o visiva; dovrebbe aver a che fare con la materia grigia della nostra comprensione [...] Gli ultimi cento anni sono stati retinici. Sono stati retinici perfino i cubisti”.
Questo è il contesto ideologico in cui Duchamp approda alla sua più celebre e grande innovazione, i ready made. Seguendo dunque la propria convinzione, per cui l’arte e la pittura dovessero privilegiare un punto di vista concettuale, Duchamp ebbe l’intuizione di scegliere oggetti di uso comune, estrapolarli dal loro contesto e presentarli come opere d’arte. Il valore aggiunto dell’artista risiedeva nella scrematura tra diversi oggetti, per trovare quello che più si prestava ad essere presentato come opera d’ arte. Il primo ready made conosciuto fu Ruota di bicicletta (1913), che peraltro costituiva un simbolo di continuità con la ricerca del movimento che aveva presentato poco prima nei suoi dipinti. Duchamp produsse diversi ready made, tra cui si ricordano il ben noto Fontana (1917), l’orinatoio firmato con lo pseudonimo di R. Mutt. L’opera non venne mai esposta, per via delle ritrosie a considerarla un oggetto d’arte, tuttavia venne rivalutata negli anni Cinquanta ed ebbe un rinnovato successo, al punto che Duchamp ne realizzò delle copie da inviare a diversi musei. Sempre negli stessi anni si dedicò ad un’altra tipologia di ready made, che consisteva nel ritoccare opere celebri. Molto famosa la sua reinterpretazione della Gioconda di Leonardo da Vinci, realizzata su una riproduzione fotografica del dipinto a cui applicò dei baffi sul labbro superiore e a cui diede il titolo L.H.O.O.Q. (1919). Quest’opera è stata interpretata come un manifesto contro il conformismo, prendendo proprio di mira uno dei capolavori artistici universalmente conosciuti. L’intento non era quello di denigrare il dipinto o l’artista, bensì di evidenziare l’ipocrisia di coloro che apprezzano l’arte solo quando è indicata da altri come bella o meritevole.
Nel frattempo, Duchamp aveva iniziato a lavorare su un’altra opera che risulterà fondamentale per la sua produzione, Il Grande Vetro, che egli stesso definì “la più importante opera singola che abbia mai fatto”. Iniziò a lavorarvi dal 1915, dandole inizialmente il titolo di La sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche. L’opera è costituita da due grandi lastre di vetro, che al loro interno presentavano granelli di polvere, fili di piombo e lamine di metallo dipinto. La lastra superiore è stata interpretata come “la sposa”, rappresentata da un piccolo elemento estremamente esile ed accompagnata da una nuvola che probabilmente rappresenta i suoi pensieri. La lastra inferiore, invece, è costituita da “gli scapoli”, minute figure di colore nero, simili agli abiti neri tipicamente maschili, che girano intorno ad una giostra. Le figure sono in tutto nove, e rappresentano diverse identità dello scapolo (Corazziere, Gendarme, Lacchè, Fattorino, Vigile, Prete, Impresario di pompe funebri, Capostazione, Poliziotto). Sono conosciute anche come il “cimitero delle livree e delle uniformi”. Infine, è presente un meccanismo che è stato interpretato come un mulino ad acqua, costituito da forbici, setacci, una macchina che macina qualcosa, probabilmente il cioccolato, chiaramente simbolo del desiderio.
Nel 1923 Duchamp lasciò volutamente l’opera “definitivamente incompiuta”, lasciando ai posteri una delle opere più dibattute e più affascinanti dell’arte contemporanea. L’opera subì, per altro, alcuni danni durante un trasporto, ma Duchamp non volle ripararla, dichiarando che si trattava di un modo per accettare l’identità dell’opera d’arte come cosa inerte. Duchamp non volle mai chiamare quest’opera “quadro”, bensì la definì “macchina agricola” e dichiarò, anche, che si trattasse di “fisica divertente”.
L’ultima opera conosciuta di Duchamp si intitola Étant donnés (1969) - Essendo dati: 1. La cascata d’acqua, 2. L’illuminazione a gas una grande installazione ambientale costituita da una porta di legno con due spioncini che si notano solo avvicinandosi all’opera, attraverso i quali si può ammirare una scena in cui una figura femminile nuda, realizzata in pelle, che sorregge una lampada ad olio accesa, si staglia su un paesaggio naturale. Il titolo derivava da alcuni appunti relativi a Il grande vetro e ne risulta il contraltare, in quanto mentre ne Il grande vetro non era per nulla presente la realtà, qui invece è pienamente presente, un fattore peculiare per il noto rifiuto di Duchamp per l’arte “retinica”, l’arte realistica. Questa scelta venne giustificata come modo per trovare un punto di unione tra il mondo interiore dell’uomo e quello a lui esteriore.
Duchamp lavorò a questa impegnativa opera per oltre vent’anni, dando a tutti la falsa illusione di aver lasciato l’arte per dedicarsi agli scacchi. Solo la moglie era a conoscenza del suo progetto. L’artista elaborò un manuale di istruzioni affinché venisse ricostruita all’interno del Museo di Philadelphia, luogo in cui viene tuttora conservata. Infine, si ricordano le opere firmate con lo pseduonimo di Rrose Selavy, ovvero Belle Haleine - Eau de Voilette (1920), una boccetta di profumo, Fresh Widow (1920) e Pourquoi ne pas éternuer? (Perché non starnutire?) del 1921.
Le opere di Duchamp sono presenti in musei europei e statunitensi, dove lo stesso artista visse per diversi periodi. A Parigi, precisamente al Centre Pompidou, celebre sede espositiva di arte d’avanguardia, è conservato uno dei più celebri ready made, Fontana (1917). Diverse opere molto conosciute di Duchamp si trovano al Museum of Art di Philadelphia, negli Stati Uniti. Si tratta di Nudo che scende le scale No 2 (1912), Il grande vetro (1915-1923) ed Étant donnés (1969).
Sempre negli Stati Uniti, è possibile ammirare Ruota di bicicletta (1913) e Fresh Widow (1920) al MOMA - Museum of Modern Art di New York. Si segnala, inoltre, che L.H.O.O.Q. (1919) fa parte di una collezione privata americana, e Pourquoi ne pas éternuer? (1921) è custodita nel Museo d’Israele.
In Italia sono presenti due opere di Duchamp alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia (sono un Nudo del 1911-1912 e una Scatola in una valigia del 1941), mentre una Giovane e fanciulla in primavera (1911) è conservata presso la Collezione Arturo Schwarz a Milano. Proprio diverse opere di questa collezione, insieme agli altri celebri capolavori, sono stati presentati in una grande mostra realizzata a Roma nella GNAM - Galleria Nazionale d’Arte Moderna nel 2013, per celebrare il centenario del primo ready made mai realizzato.
La tua lettura settimanale su tutto il mondo dell'arte
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER