Kazimir Severinovič Malevič (Kiev, 1879 - Leningrado, 1935) è stato uno dei principali artisti russi del XX secolo ed è considerato uno dei pionieri dell’astrattismo geometrico, uno dei maggiori esponenti dell’avanguardia russa, nonché il più grande artista del suprematismo (l’avanguardia suprematista fu infatti da lui fondata nel 1913). Artista che attraversò un periodo storico di grandi trasformazioni e sconvolgimenti (inclusa la Rivoluzione d’Ottobre, destinata ad avere un notevole impatto sulla sua arte), Malevič inventò un’arte del tutto staccata dal mondo naturale, poiché convinto che compito dell’arte non fosse quello di imitare la natura: di conseguenza, era convinto che l’unico linguaggio possibile fosse quello della totale astrazione fondata sulle forme geometriche elementari e sui colori essenziali. L’artista stesso definì il suprematismo come “il predominio dell’arte sull’oggettività delle apparenze reali”: la nuova avanguardia fu dapprima teorizzata nel 1915 nel manifesto del suprematismo scritto assieme al poeta Vladimir Majakovskij (e contestualmente furono presentate al pubblico le prime opere suprematiste, in una mostra nella città di Pietrogrado, l’odierna San Pietroburgo), e poi i concetti furono ulteriormente sviluppati nel 1920 nel saggio Il suprematismo, ovvero il mondo della non rappresentazione.
Secondo Malevič, l’arte astratta era superiore a quella figurativa: da qui l’origine del termine “suprematismo”. L’artista di Kiev riteneva infatti che l’arte figurativa fosse “schiava della natura”, pertanto l’obiettivo della ricerca di un artista doveva essere l’essenza dell’arte stessa, raggiungibile soltanto attraverso opere basate su pure forme e puri colori. L’esperienza suprematista ebbe una breve durata, poiché il nuovo regime sovietico (l’Unione Sovietica nacque nel 1922 dopo la dissoluzione dell’impero russo) puntò su un’arte dal forte valore sociale (e questo soprattutto dopo la morte di Lenin nel 1924), incompatibile dunque con le idee di Malevič. L’artista peraltro intratteneva rapporti con le avanguardie tedesche, e dati tali legami fu anche arrestato e dovette subire la distruzione di parte dei suoi appunti. Alla fine della sua esistenza, dovette rassegnarsi e dedicarsi a una pittura figurativa creata però in accordo alla sua poetica delle forme pure. La sua esperienza è stata tuttavia fondamentale per lo sviluppo di ulteriori avanguardie, come quella costruttivista, e l’arte di Malevič ha anche avuto un certo impatto sul design. “Sono uscito dal bianco, sono approdato al bianco e sono giunto nell’abisso”, dichiarò l’artista: “qui è il suprematismo. Ho messo tutti i colori nel sacco e ci ho fatto un nodo: ecco il libero abisso bianco, l’infinito, sono davanti a noi”.
Kazimir Severinovič Malevič nacque il 23 febbraio del 1878 a Kiev da Severyn Malewicz, tecnico agrario, e Lyudwiga Alexandrowna: i genitori dell’artista erano polacchi che, dopo la Rivolta di Gennaio, ovvero la ribellione della Polonia contro l’Impero russo del gennaio 1863, si trasferirono dalla Polonia natia a Kiev, che all’epoca faceva parte della Russia. Malevič stesso si sentiva ucraino o polacco, anche se più tardi nella sua vita negò qualsiasi nazionalità. A causa dei continui trasferimenti dovuti al lavoro del padre, Malevič ebbe una formazione discontinua, anche se riuscì a studiare presso una scuola agraria. Manifestò tuttavia fin da ragazzino una spiccata attitudine al disegno. Nel 1896 la famiglia si trasferì a Kursk e il giovane Malevič trovò qui un impiego come disegnatore tecnico, e nel 1901 si sposò con Kazimierza Sgleitz, anch’ella polacca. L’artista aveva cercato di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Mosca ma dovette subire l’ostilità della famiglia, soprattutto del padre, contrario alla passione artistica del figlio. Tuttavia nel 1904 Kazimir, resosi indipendente, si trasferì coi suoi risparmi a Mosca e cominciò a studiare presso la locale scuola di pittura, scultura e architettura, a partire dal 1905. Fondamentale per l’artista fu la visione della Cattedrale di Rouen di Claude Monet presente nella collezione del mecenate Sergei Ščukin, che fornì all’artista un contributo decisivo nell’orientamento della sua arte.
L’artista partecipò a una mostra pubblica per la prima volta nel 1907, quando espose dodici bozzetti nella quattordicesima rassegna dell’Associazione degli artisti di Mosca, accanto ad altri artisti allora poco noti ma destinati a diventare grandi della storia dell’arte, come Vasilij Kandinskij, Michail Larionov e Natalija Goncharova. Nel 1909 Malevič si sposò in seconde nozze con Sofija Rafalowitsch e l’anno seguente, nel dicembre del 1910, partecipò alla prima mostra del “Fante di Quadri” (“Bubnovyi Valet” in russo), gruppo di avanguardisti che includeva tra gli altri Larionov, Lyubov Popova, Moisey Feigin e altri russi. Obiettivo del gruppo era quello di aggiornare l’arte russa sulla scorta dei risultati dell’arte europea (questi pittori e scultori guardavano soprattutto alla Francia degli impressionisti e di Paul Cézanne). Nel 1912, dopo la frattura di Larionov e Goncharova, che ritenevano che il Fante di Quadri si fosse troppo occidentalizzato, la coppia fondò il gruppo “La cosa dell’asino”, al quale anche Kazimir Malevič si aggregò, ed espose alla prima mostra, tenutasi anch’essa a Mosca (il titolo del gruppo faceva provocatoriamente riferimento alla beffa del critico Roland Dorgelès che al Salon des Indépendants aveva esposto alcuni quadri realizzati da un asino con la sua coda, presentandoli come opere eseguite da un fittizio pittore franco-italiano di nome Joachim-Raphaël Boronali). Malevič all’epoca si era avvicinato all’avanguardia del cubofuturismo, ma ben presto se ne discostò per fondare la propria avanguardia, quella del suprematismo. Risale al 1913 la realizzazione dell’opera Vittoria sul sole, che può essere considerata l’esordio del suprematismo, ma la nuova avanguardia sarebbe stata formalizzata teoricamente solo due anni dopo, nel 1915, con il manifesto Dal cubismo al suprematismo. Il nuovo realismo pittorico, con il Quadrato nero in copertina.
Malevič, che intanto nel 1914 aveva presentato alcune sue opere anche al Salon des Indépendants di Parigi, nel 1915 organizzò anche la prima mostra, alla galleria Dobyčina di Pietrogrado, ma ricevette critiche molto feroci. Nel frattempo l’artista continuava a lavorare alla sua avanguardia e nel 1917, dopo la Rivoluzione d’Ottobre, ottenne l’incarico di supervisore delle collezioni d’arte nazionali del Cremlino e divenne anche presidente della sezione artistica del Soviet della città di Mosca, oltre che docente al Laboratorio d’Arte Statale di Pietrogrado. La sua pittura aveva cominciato ad affermarsi proprio nel periodo della rivoluzione, tanto che nel 1918 lui e Michail Matjušin ottennero un incarico per alcune decorazioni nel palazzo d’Inverno. Nel 1919 l’artista si trasferì a Vitebsk su invito di Marc Chagall, che aveva fondato nella città una scuola di arte popolare. Nel 1920 Malevič fondò il gruppo “UNOVIS”, i “Campioni della Nuova Arte”, e nello stesso anno nacque sua figlia Una.
Il periodo di grande attività di Malevič continuò con l’avvio della rivista Objekt del 1922, nata con l’obiettivo di mettere in dialogo artisti di diversa nazionalità. Nel 1922 tutti gli artisti attivi a Vitebsk si trasferirono a Pietrogrado, dopodiché, nel 1925, dopo la scomparsa della seconda moglie, Malevič si sposò in terze nozze con Natalija Mančenko, ma le cose avevano cominciato a mettersi male per lui: dopo la morte di Lenin e l’avvento dell’era stalinista l’artista cadde in disgrazia, poiché Stalin e il suo intero apparato burocratico, al contrario di Lenin, rifiutavano l’arte delle avanguardie. L’artista si ritrovò dunque a lavorare come insegnante all’Istituto Statale di Storia dell’Arte, e appena poté, nel 1927, lasciò la Russia con un visto per poter viaggiare verso la Germania, dove visitò il Bauhaus e conobbe gli artisti che afferivano all’importante scuola di Dessau. Tornato in Russia e ripreso il suo lavoro all’Istituto di Storia dell’Arte, cercò di rivisitare le sue teorie per cercare di farle comunque circolare nonostante l’ostilità del regime stalinista: è di questo periodo il ritorno alla pittura figurativa, con elementi suprematisti. Tuttavia, a causa dei suoi rapporti con l’estero, Malevič fu arrestato e interrogato dal KGB con l’accusa di spionaggio, e conseguenti minacce di condanna a morte. Venne imprigionato per due settimane e rilasciato all’inizio di dicembre. La sua arte, nel frattempo, veniva ferocemente derisa dai critici di regime, per i quali la pittura di Malevič era una negazione di tutto ciò che era buono e decoroso. Malevič si trovò così costretto a tornare a praticare un’arte realistica. Trovò un lavoro presso il Museo Russo di Leningrado e qui rimase fino alla scomparsa, avvenuta il 15 maggio 1935 a causa di un cancro. Dopo la sua morte, non ci fu più alcuna mostra pubblica delle sue opere nell’Unione Sovietica: la sua completa riabilitazione si verificò soltanto dopo la perestrojka, e la prima retrospettiva completa sulla sua arte ebbe luogo soltanto nel 1988, a San Pietroburgo.
I primi lavori di Malevič risalgono ai primi anni del Novecento e risentono profondamente dell’arte francese di quegli anni: l’artista, in particolare, guardava all’impressionismo e in generale alla pittura francese (suoi modelli di riferimento erano Monet e Cézanne, ma lavorò anche guardando al simbolismo e al pointillisme, oltre che all’arte popolare russa e alla tradizione figurativa del paese: la forte schematizzazione rimanda proprio all’arte tradizionale della russa) e proponeva una pittura ancora di stampo figurativista. Nei primi anni Dieci del Novecento i suoi interessi virarono verso il cubismo e il cubofuturismo, tanto che in questo periodo a predominare sono opere caratterizzate da forme bidimensionali e colori semplificati, ma non viene ancora abbandonato lo sguardo sulla realtà, perché si tratta sempre di ritratti o scene di vita quotidiana che vengono dall’artista rappresentati secondo i canoni dell’avanguardia cubofuturista. Le figure vengono dunque ridotte a forme come coni, sfere e cilindri (per esempio Ufficio e stanza del 1913 oppure Inglese a Mosca del 1914, dove vengono anche inserite alcune parole, come tipico dell’arte cubofuturista), lasciando in ciò intravedere già un interesse per la riduzione all’essenziale. Il capolavoro di questa fase è sicuramente L’arrotino, opera in cui il protagonista viene scomposto secondo i dettami del cubismo, ma con una modalità che non si esime dal trasmettere anche il senso del movimento reso attraverso sequenze di forme identiche giustapposte.
Un’invenzione del Malevič cubofuturista sono le cosiddette composizioni “alogiche”, termine da lui coniato per i suoi assemblaggi di figure geometriche, parole, riproduzioni di opere d’arte come la Gioconda. Celebre in tal senso è la Composizione con Monna Lisa del 1914 conservata al Museo Russo di Stato di San Pietroburgo: in questo dipinto si trovano già alcuni degli elementi che saranno alla base della poetica suprematista, come i quadrati di puro colore. L’arte di Malevič cambia radicalmente dopo la stesura del manifesto Dal cubismo al suprematismo, opera nel quale il suprematismo viene definito come la “supremazia della sensibilità pura nelle arti figurative”. L’astrazione, per Malevič è dunque la suprema schematizzazione delle forme che portano alla “espressione pura senza rappresentazione”. Simbolo di questa poetica è il celeberrimo Quadrato nero su fondo bianco del 1915, oggi conservato alla Galleria di Stato Tret’jakov di Mosca. Secondo l’artista, soltanto le forme pure (il quadrato, il rettangolo, il cerchio) e i colori puri (il bianco e il nero, il blu, il rosso e il giallo) sono in grado di esprimere l’essenza dell’arte. Questo linguaggio nutre anche l’aspirazione di farsi autonomo dall’esperienza e quindi di farsi universale. È del 1915 anche il dipinto Quadrato Rosso. Realismo pittorico di una contadina in due dimensioni, dove protagonista è un quadrato rosso su fondo bianco. “Noi, i suprematisti”, ebbe a scrivere nel testo che accompagnava la prima mostra superematista, quella del 1915, “vi apriamo la strada. Affrettatevi! Perché domani non ci riconoscerete più”. Non solo: l’artista si era presentato anche con una certa vena polemica (“mi sono trasformato nello zero delle forme e mi sono tirato fuori dal ciarpame dell’arte accademica”, scrisse il pittore).
Nel suprematismo di Malevič si possono rilevare due tendenze: la prima è quella cosiddetta “dei quadrati”, la seconda è invece quella “cosmica”, con composizioni come Otto rettangoli del 1915 dello Stedelijk Museum di Amsterdam, per la quale vengono dipinte opere che rispondono all’idea dell’artista secondo cui la nuova forma d’arte suprematista è adatta anche a esprimere la tensione dell’umanità verso il cosmo. L’arte era per Malevič uno strumento per elevare l’umanità.
Per il resto degli anni Dieci e l’inizio degli anni Venti, Malevič continuò a creare opere suprematiste, ma dovette modificare in modo radicale la sua arte dopo la morte di Lenin e l’ascesa di Stalin. Malevič fu infatti costretto a tornare all’arte figurativa per poter continuare a lavorare, e inventò immagini i cui protagonisti erano i cosiddetti “Budetljanje” (“coloro che saranno”), figurine senza volto e senza connotati individuali che dovevano rappresentare il mondo contadino e il popolo russo. Anche queste opere tuttavia non erano guardate in maniera positiva, per cui i lavori della fase estrema della carriera di Malevič segnano il ritorno a una pittura naturalista (l’Operaia del 1933 e La moglie dell’artista del 1933-1934), dove l’unica concessione all’avanguardia che fu sono i colori puri adoperati per le vesti.
Le principali opere di Kazimir Malevič si trovano fuori dall’Italia, e in particolare in Russia. Il principale nucleo è quello del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo dove si trovano i principali capolavori del periodo del suprematismo, come il Quadrato Rosso, il Quadrato nero, il Cerchio nero, la Croce nera. Molti dei dipinti cubofuturisti dei primi anni Dieci si trovano invece allo Stedelijk Museum Amsterdam che accoglie uno dei più importanti nuclei al mondo delle opere di Malevič, il più grande al di fuori della Russia (l’istituto olandese è stato infatti il primo museo europeo a promuovere l’opera dell’artista di Kiev). Notevoli opere di Malevič si trovano inoltre alla Galleria Tret’jakov di Mosca (seconda solo al Museo di Stato Russo per importanza del nucleo di opere di Malevič in Russia), al Musée National d’Art Moderne di Paris, al MoMA di New York, al Museo Ludwig di Colonia.
In Italia l’unica importante opera di Malevič (un dipinto Senza titolo del 1916) è conservata alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Un’importante retrospettiva dell’artista si è tenuta alla GAMeC di Bergamo dal 2 ottobre 2015 e il 24 gennaio 2016, con opere dalla Russia e dallo Stedelijk Museum di Amsterdam: mai prima di quella occasione era arrivato in Italia un nucleo tanto significativo di opere di Malevič. Poiché in Italia le opere del grande fondatore del suprematismo sono praticamente assenti, per vederle nel nostro paese non c’è da far altro che aspettare mostre temporanee.
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