Del Seicento olandese gli storici sono soliti parlare come del “Secolo d’oro”, in quanto tra il Cinquecento e il Seicento, l’Olanda e le altre sei province dei Paesi Bassi settentrionali si resero indipendenti dalla dominazione della Spagna, dando vita alla Repubblica delle Province Unite, e la conquista dell’autonomia politica fu accompagnata da un formidabile sviluppo commerciale, coloniale ed economico e un’altrettanta straordinaria fioritura artistica. La pittura del Secolo d’oro olandese, durante e a seguire la guerra per l’indipendenza (1568–1648), fu l’espressione di un diffuso clima culturale legato a tutti gli aspetti della vita e della natura e di un profondo senso e orgoglio civico, celebrazione del successo e dell’identità olandesi. Il commercio fu il motore della prosperità e del pensiero (la Compagnia olandese delle Indie orientali, prima società multinazionale con azioni che ha istituito la prima borsa valori, fu creata nel 1602) che si espresse attraverso l’arte soprattutto pittorica.
Il nucleo della pittura del Secolo d’oro si attesta circa dagli anni 20 del Seicento fino all’invasione nella Repubblica e vittoria francese del 1672, anche detto “l’anno del disastro”. Una caratteristica distintiva del periodo olandese, in confronto alla pittura nell’Europa cattolica della Controriforma, fu il numero limitato di dipinti religiosi: il dilagante calvinismo scoraggiava le raffigurazioni sacre nelle chiese e i soggetti biblici erano per lo più destinati agli ambienti casalinghi, l’enfasi cattolica lasciò il posto alla vita ordinaria e trattata in modo realistico. La pittura olandese seicentesca risentiva di una serie di influenze artistiche, di Pieter Bruegel il Vecchio e degli artisti del Rinascimento nordeuropeo, come Jan van Eyck, Albrecht Dürer, Hieronymus Bosch, e si sviluppò con le esperienze dei manieristi di Haarlem, il caravaggisti di Utrecht, i protagonisti del classicismo olandese e della scuola di Delft.
L’Olanda declinò in maniera peculiare il linguaggio barocco e le tendenze che dominavano in altre paesi. Ne sono dimostrazione il sempre crescente numero di opere di genere, con spaccati di vita lavorativa e ludica, che era indicativo di una committenza più solo istituzionale, ecclesiastica e aristocratica ad appannaggio delle sola classe abiente, ma invece più legata alla richiesta della classe media e mercantile, oltre che di corporazioni e confraternite, di privati cittadini che divennero collezionisti d’arte diffondendo un nuovo tipo di mecenatismo.
La pittura entrò nelle case e ne ritrasse gli interni durante la quotidianità, celebrando l’ordine e la moralità della vita privata. Non era raro per la popolazione comune possedere ed esporre nelle proprie abitazioni mappe, dipinti e stampe, come si evince da molti capolavori dell’epoca in cui compaiono, oggetti, quadri e decori delle pareti rappresentate. Motivo per cui, le opere prodotte all’inizio del Seicento risultano di piccole dimensioni, garantendone una diffusione più abbordabile ad ogni livello sociale e destinate alle case, e via via più grandi con l’accrescersi della prosperità e della conoscenza lungo il secolo. Fu un cambiamento che avrebbe modellato l’arte olandese e influenzato l’arte europea: dai tipi di immagini, al modo in cui furono prodotte e vendute.
Un’altra caratteristica distintiva del periodo fu la proliferazione di distinti generi pittorici e l’accreditarsi di soggetti popolari che risultarono “nuovi” in una più generale corrente di pittura barocca e in assoluto nella pittura occidentale. Gli olandesi del Seicento sostennero più di mille artisti, tra cui alcuni dei più grandi pittori di ogni epoca, e la loro qualità tecnica era generalmente alta, seguendo ancora per la maggior parte il vecchio sistema medievale di formazione mediante l’apprendistato da un maestro. Gli artisti privilegiarono soprattutto soggetti profani, anche se carichi allegoricamente di riferimenti ai temi morali e religiosi, ritenendo che il successo e la prosperità olandesi fossero un dono di Dio: dai paesaggi naturali e urbani con mulini e animali che onoravano le bellezze, l’armonia e l’operosità del paese, alle nature morte che celebravano la ricchezza locale e i beni esotici frutto dei commerci internazionali, ai ritratti che commemoravano gli individui, la loro posizione, il loro carattere e il loro posto nella comunità. Tutte immagini rappresentative dell’orgoglio che i cittadini olandesi provarono per la loro nazione, e che andavano trasmettendo la lotta teologica tra protestanti e cattolici che imperversava nei Paesi Bassi, in equilibrio tra i richiami mondani e l’atteggiamento spirituale.
Gli elementi centrali della pittura seicentesca olandese sono la luce e la luminosità espressa dai colori, come strumento fondamentale della rappresentazione, e la cura per i dettagli tipica della tradizione fiamminga.nOggi i pittori più valorizzati del Secolo d’oro olandese, protagonisti di questa felice stagione culturale, sono Rembrandt Harmenszoon van Rijn, figura dominante del periodo, Johannes Vermeer (noto anche come Jan Vermeer) e Frans Hals, che ci hanno consegnato alcuni tra i più grandi capolavori di ogni tempo.
All’inizio del secolo furono privilegiati i temi leggendari e letterari della pittura storica che incluse le allegorie e i soggetti religiosi popolari da scene bibliche. Ma intorno al 1650 si andò diffondendo in una magnifica evoluzione la pittura di genere, che ci mostra valori, usi e costumi degli olandesi dell’epoca. Scene in ambienti interni, ritratti, paesaggi naturali, anche invernali, notturni e marini, paesaggi urbani, vedute cittadine, paesaggi all’italiana. Grande diffusione ebbero i dipinti floreali e le nature morte di vari tipi. Jan Brueghel, figlio di Pieter Bruegel il Vecchio, fu uno dei primi pionieri della natura morta floreale, in opere come i Fiori in un vaso di legno (1606-1607) un bouquet stravagante in un ambiente semplice, combina fiori comuni e rarità, misura dell’entusiasmo olandese già a quel tempo di raccogliere e commercializzare esemplari botanici internazionali.
I pittori olandesi iniziarono a produrre una nuova visione realistica ma identitaria del mondo che passò dalla raffigurazione della società: figure singole, famiglie di contadini, scene di taverne, feste di “allegre compagnie”, donne al lavoro per la casa, scene paesane o cittadine, al mercato, nelle caserme, scene con cavalli o animali da fattoria, e molte altre. Soprattutto nella prima metà del secolo, i ritratti erano molto formali e rigidi nella composizione. I gruppi erano spesso seduti attorno a un tavolo, ogni persona guardava lo spettatore. Molta attenzione era prestata ai dettagli raffinati nell’abbigliamento e negli arredi, segni della posizione delle persone nella società. Più tardi nel corso del secolo i gruppi divennero più vivaci e i colori più brillanti. Questo genere dei ritratti di gruppo, in gran parte un’invenzione olandese, fu una richiesta del grande numero di associazioni civiche che animavano la vita olandese, come le guardie della milizia o i reggenti di corporazioni e fondazioni di beneficenza e simili.
Spesso, la pittura di genere assumeva toni morali, sia ritraendo le virtù che i vizi della popolazione, con effetti comici. Parallelamente si svilupparono quelle che venivano chiamate “piccole sciocchezze”. Un tipo caratteristico di rappresentazione, che combinava elementi della pittura ritrattistica, storica e di genere, fu la “tronie” (la più famosa in tal senso è la Ragazza con l’orecchino di perla di Jan Vermeer): un’unica figura a mezzo busto o in primo piano colta in un umore o un’espressione insolita. L’identità effettiva del modello non era importante, poteva rappresentare una figura in costume o un popolano informale nell’abbigliamento e nell’atteggiamento. Mentre l’accademia considerava la pittura storica, una categoria che comprendeva anche soggetti biblici, mitologici e allegorici, la più alta forma di pittura, il gusto e la sensibilità dell’età dell’oro olandese preferì opere che raffiguravano soggetti ordinari.
La resa della luce e del chiaroscuro nell’opera, divenuta centrale nell’arte, riunisce l’opera dei tre grandi maestri Frans Hals, Rembrandt van Rijn e Jan Vermeer.
Frans Hals (Anversa, 1580 – Haarlem, 1666) è stato uno dei primi pionieri della pittura olandese dell’età dell’oro, si concentrò sulla ritrattistica, gli effetti chiaroscurali soprattutto nella rappresentazione dei volti conferiva una intensità espressiva e una decisa caratterizzazione ai suoi personaggi. Durante la sua lunga attività seguì un’ispirazione più libera e personale, senza condizionamenti accademici o più facilmente commerciali. Tra il 1620 e il 1635 affrontò temi di ispirazione caravaggesca, scegliendo di ritrarre soprattutto la gente comune e affermando il genere del ritratto di gruppo che divenne peculiare dell’arte olandese, concepito come una celebrazione dell’armonia civica. Raggiunse la fama con Banchetto degli Ufficiali della Guardia Civica di San Giorgio (1616), e si veda tra gli altri Riunione degli ufficiali della Compagnia di Sant’Adriano (1627). Nei decenni successivi fu molto ricercato come ritrattista per i suoi trattamenti personalizzati e realistici. Yonker Ramp e la sua fidanzata (1623), raffigurante una coppia in un momento di allegria, mostra la vivacità della sua pennellata veloce, sciolta e percepibile sulla superficie e un cambio dello stile pittorico verso modelli rilassati e allegri. Il suo lavoro ha influenzato molti pittori successivi.
Rembrandt (Leida, 1606 – Amsterdam, 1669) è generalmente considerato l’artista più importante nella storia dell’arte olandese, famoso per le sue incisioni e per i suoi ritratti, fu sia innovativo che prolifico. Uno dei maggiori suoi contributi è che trasformò il processo di incisione da una tecnica riproduttiva a una vera forma d’arte, e fece scuola nella rappresentazione pittorica di sentimenti umani, imperfezioni e moralità. Incredibilmente dotato, sin dai suoi primi dipinti mostrò un interesse per gli effetti drammatici di luci e ombre che avrebbero dominato i suoi successivi. Acuto osservatore della vita, si dedicò allo studio della figura ed espressione umana, per quanto il suo lavoro fu vario, da scene storiche, bibliche e mitologiche, ai paesaggi, alle scene di genere e nudi.
Iniziò con studi del proprio volto e autoritratti, ce ne sono giunti circa cento (Autoritratto con capelli scompigliati, 1628; Ritratto dell’artista da vecchio, 1660), e divenne un importante e ricercato ritrattista. Tuttavia, il suo interesse per la pittura storica non svanì mai.
Il fondamento della grandezza di Rembrandt risiede nella forza della caratterizzazione, nell’elemento narrativo e l’uso scenografico della luce. Dalla scene di gruppo di grande impatto (La lezione di anatomia del dottor Nicholas Tulp (1632); Ronda di notte (1640-42), ai ritratti di figure singole, egli si concentrò sulla descrizione introspettiva dei modelli, che quasi sempre emergono da un’impenetrabile e misteriosa oscurità. Con la maturità l’uso del colore rispecchia un’intensa e sofferta riflessione sulla vita. I valori cromatici ed emotivi della luce, aggiungono maggior intensità ai personaggi in modo realistico, evidenziandone i gesti spontanei in rapporto con il pubblico fuori dal quadro (I sindaci alla corporazione dei lanaioli di Amsterdam, 1662). Le variazioni della pennellata tra sciolta e ruvida, e la manipolazione delle trame attraverso il graffio o con una spatola, contribuiranno notevolmente a uno stile distintivo radicalmente nuovo che influenzeràle le generazioni a venire.
Jan Vermeer (Johannes van der Meer; Delft, 1632 – 1675) per la sua padronanza tecnica e per il suo stile accuratissimo è considerato tra i più grandi pittori della sua fiorente epoca storica. Privilegiò atmosfere intime e scene di vita quotidiana che hanno come protagoniste per lo più donne intente nelle più svariate attività domestiche e di cui La ragazza con l’orecchino di perla (1665) è un’icona universale: dalla cucina, al cucito, allo studio di uno strumento musicale (Donna in azzurro che legge una lettera, 1663). Colori e pigmenti erano di estremo interesse per Vermeer, noto per la sua squisita miscela in sfumature eteree ed effetti di trasparenza che esprimono i giochi di luce sulla pelle, sui tessuti e sulle pietre preziose delle sue figure. Vivace nei colori, il realismo degli interni di Vermeer costruisce un racconto dell’epoca, anche dei mestieri (La lattaia, 1658-1659; L’astronomo, 1668) e della moda e tendenze. Nella costruzione di forme e proporzioni, le figure e gli ambienti sono minuziosamente descritti, e carichi di simbologie, si veda l’Allegoria della pittura (1666) o l’Allegoria della fede (1670-74).
La sua non vasta produzione, ad oggi sono meno di quaranta i suoi dipinti noti, fu riscoperto a metà dell’Ottocento dalla generazione di impressionisti e post-impressionisti come Manet e Seurat, colpiti da quella che fu allora la sua innovativa concezione della luce e l’originale trattamento del colore.
L’enorme successo della pittura olandese del XVII secolo plasmò l’opera di intere generazioni successive in Olanda, come in Europa e nel mondo.
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