A partire dalla seconda metà del Trecento, la perdita di prestigio di tre grandi istituti medievali, ovvero l’Impero, il Papato e i comuni aveva avuto l’effetto di favorire il potenziamento di alcune monarchie che accentrarono il loro potere (come quelle di Francia e Inghilterra) e, in Italia (soprattutto al nord), l’affermarsi delle Signorie. Laddove invece continuavano a resistere forme di governo repubblicane, come a Firenze o a Siena, importante fu la crescita del peso della borghesia, i cui esponenti iniziarono a ricoprire molte delle più importanti cariche politiche. Questa situazione portò all’elaborazione di uno stile che varcò i confini delle nazioni, assumendo caratteristiche di base simili in tutta Europa (ma con notevoli e diffuse varianti regionali): è il periodo noto come gotico internazionale. E l’internazionalità non fu dovuta al fatto che il nuovo stile nacque in una zona ben precisa d’Europa e da lì si diffuse nel resto del continente, ma fu piuttosto favorita dai reciproci contatti tra artisti provenienti da esperienze e località diverse. In questo periodo, infatti, gli artisti erano soliti spostarsi molto, coprendo anche in alcune occasioni viaggi molto lunghi da una parte all’altra d’Europa. E assieme agli artisti, naturalmente, circolavano modelli, stili, tendenze, orientamenti.
Il gotico internazionale fu un fenomeno europeo: si sviluppò in particolare tra la Francia (in particolare ad Avignone, divenuto uno dei centri artistici più importanti del continente dopo il trasferimento della corte papale, e la Borgogna, dove la capitale Digione divenne uno dei principali centri propulsivi del tempo e dove fiorì l’estro dello scultore Claus Sluter) e l’Italia, ma anche altre aree furono interessate. In Spagna, per esempio, conobbe un notevole sviluppo artistico la città di Valencia, all’epoca uno dei porti più trafficati d’Europa (a Valencia soggiornò anche per qualche tempo uno dei maestri del gotico internazionale italiano, Gherardo Starnina). Ancora, una certa vivacità si registra a Praga e in Boemia.
Non esiste una sola espressione per definire il movimento noto come “gotico internazionale”. “Gotico internazionale” è oggi l’espressione più diffusa e accettata (è stata coniata a fine Ottocento dallo studioso francese Louis Courajoud) poiché l’internazionalità del movimento è il tratto più comune delle tendenze emerse nella seconda metà del Trecento: tuttavia gli studiosi, focalizzandosi su altri aspetti, hanno elaborato altri termini per definire il movimento. Molto diffuso è il termine “tardo gotico”, che fa leva sulla cronologia (conobbe infatti l’ascesa e lo sviluppo indicativamente tra il 1350 e il 1450), per indicarne la continuità ma anche le differenze rispetto allo stile gotico, oltre che per rimarcarne la cesura rispetto alle novità rinascimentali che sarebbero comparse di lì a poco. Ancora, il termine “gotico cortese” si riferisce al fatto che il gotico internazionale sarebbe una creazione tipica delle corti e dell’aristocrazia (delle quali rappresenta il gusto) come reazione all’affermarsi sempre più diffuso della borghesia, che a sua volta rimase tuttavia fortemente affascinata dal mondo fantastico del gotico internazionale.
Ancora, altri termini con cui ci si riferisce al movimento sono “gotico fiorito” oppure, anche se meno diffusi, “stile delicato” (in tedesco Weicher Stil: in questo caso il riferimento è, appunto, allo stile, per evidenziare come in questa fase il preziosismo e la morbidezza delle linee siano gli elementi prevalenti), oppure gotico fiammeggiante (soprattutto in architettura) per la forma delle linee di alcuni elementi decorativi (soprattutto in architettura: finestre, rosoni... ) che ricordavano quella delle fiamme.
Il gotico internazionale si distinse per essere uno stile piuttosto lontano dalla realtà sociale del tempo: i temi erano tratti prevalentemente dalla religione oppure erano temi prettamente cortesi e cavallereschi, le atmosfere subivano una sorta di idealizzazione, la narrazione assumeva i connotati di un racconto fiabesco (spesso con elementi fantastici), le scene religiose assumevano caratteri di maggior lirismo e maggior delicatezza, in linea del resto con la perdita di autorità da parte della Chiesa. Avendo infatti quest’ultima perso molta della propria credibilità, soprattutto a seguito del cosiddetto scisma d’Occidente che per circa quarant’anni (dal 1378 al 1417) vide lo scontro tra papi romani e papi avignonesi, i fedeli cercarono una religiosità più intimista e un rapporto più diretto con Dio, e l’arte dovette essere in grado di rispondere a questa rinnovata religiosità. La conseguenza portò a diversi cambiamenti nell’arte religiosa: prima tra tutti, una maggiore umanità nelle figure del repertorio sacro (Madonne, santi).
A tutte queste caratteristiche si aggiungeva una spiccata eleganza formale, che spesso assumeva i caratteri di un elevato preziosismo e amore per il lusso, soprattutto in quelle città dove, mancando una corte o una forte aristocrazia, era la borghesia più ricca a imporre il gusto: è il caso, per esempio, di Firenze, dove i maggiori committenti erano le famiglie ricche della città (come gli Strozzi) e dove trovò terreno fertile uno dei più grandi protagonisti di questa stagione della storia dell’arte (e probabilmente il più elegante e sontuoso nelle realizzazioni), vale a dire il marchigiano Gentile da Fabriano (Fabriano, 1370 circa - Roma, 1427), che fu tra i maggiori interpreti del gusto del proprio tempo. Con le sue realizzazioni traboccanti di oro e lussuose decorazioni, oltre che di delicatezza formale (è il caso della splendida Adorazione dei Magi, 1423, Firenze, Uffizi), fece sentire la propria suggestione anche su artisti appartenenti al Rinascimento che nacque proprio nel periodo di massimo sviluppo dell’arte tardo gotica. In qualche modo opposta a quella di Gentile da Fabriano, fu l’interpretazione del gusto del gotico internazionale elaborata da Lorenzo Monaco (Siena, 1370 circa - Firenze, 1424 circa), un frate-pittore, dotato di un elevato senso della devozione religiosa, che raggiunse risultati di grande eleganza non tramite il lusso, bensì attraverso l’eccezionale brillantezza dei colori e la straordinaria delicatezza del suo segno, che faceva nascere figure che sembravano quasi evanescenti tanto erano idealizzate (come quelle della sua Adorazione dei Magi, 1422, Firenze, Uffizi).
A Firenze però la spinta verso l’elaborazione di un linguaggio che si affrancasse dal “giottismo” dominante verso gli anni Cinquanta del Trecento fu data soprattutto da Gherardo Starnina (Firenze, 1354 circa - prima del 1413), artista che viaggiò in Spagna e tornò in Toscana dove aggiornò gli stilemi della produzione locale: è uno dei migliori testimoni di quegli scambi tra artisti a livello europeo di cui si parlava in apertura. Altri esempi sono quelli di Álvaro Pirez (Evora, Portogallo, 1400 circa - 1434 circa), pittore portoghese trasferitosi in Toscana, e Masolino da Panicale (Panicale, 1383 - Firenze, 1440), che lavorò per qualche tempo in Ungheria e che, peraltro, fu probabilmente il primo degli artisti del gotico internazionale che provarono ad aprirsi alle nascenti novità rinascimentali. Rimase, però, un pittore tardogotico, al contrario di altri artisti tardogotici che invece abbracciarono pienamente le nuove istanze dell’arte.
Firenze tuttavia non ebbe per il gotico internazionale il ruolo centrale che avrebbe avuto nel Rinascimento: fu uno dei tanti luoghi dove il nuovo stile aveva attecchito e dove veniva interpretato a seconda del gusto dei committenti e degli artisti. Nell’Italia del nord trovarono spazio artisti che interpretarono il gotico internazionale nella sua componente cortese: è il caso di Giacomo Jacquerio (Torino, 1375 circa – Torino, 1453), pittore attivo a Torino presso i principi d’Acaia e che soggiornò spesso anche in Francia, soprattutto in Borgogna. Un altro importante centro artistico del tempo fu Milano: presso la corte viscontea lavorò un artista come Giovannino de’ Grassi (Milano, 1350 circa - 1398), che fu un miniatore dotato di una abilità descrittiva fuori dal comune. Ha lasciato un Taccuino di disegni conservato alla Biblioteca Civica di Bergamo e contenente un grande repertorio di figure e situazioni dal quale attinsero molti artisti che vennero dopo di lui. A Milano fu attivo anche Michelino da Besozzo (Besozzo, 1370 circa – 1455 circa), allievo di Giovannino de’ Grassi, impose un’arte fatta di eleganza sobria che sapeva però convivere con un non trascurabile senso del realismo e dell’espressione dei sentimenti (Matrimonio mistico di santa Caterina, 1440-1445 circa, Siena, Pinacoteca Nazionale), con cui tutti i pittori delle generazioni successive, a Milano, si trovarono a doversi confrontare.
Anche il Veneto fu un territorio in cui il gotico internazionale conobbe diffusione, ma in questa stagione il primato non fu quello di Venezia, bensì di Verona. La città stava conoscendo gli ultimi anni della dinastia scaligera, terminati nel 1387 con la cacciata di Antonio della Scala a opera dei milanesi guidati da Gian Galeazzo Visconti, che mal tollerava le mire espansionistiche veronesi. Dopo un breve periodo di dominazione milanese e rinnovati tentativi di indipendenza, nel 1405 Verona passò definitivamente sotto il dominio di Venezia. Questa situazione politica non impedì però la nascita del genio di Antonio Pisano meglio noto come il Pisanello (1395 circa - 1450 circa): nato a Pisa oppure a Verona da una famiglia pisana, il Pisanello fu in Italia il massimo interprete della narrazione fiabesca del gotico internazionale, grazie alla sua interpretazione di tutti i valori cortesi, senza trascurare quell’eleganza che era una delle basi fondamentali dello stile (San Giorgio e la principessa, 1436-1438, Verona, Sant’Anastasia).
Anche centri minori in Italia ebbero i loro protagonisti: è il caso di Battista di Gerio (Pisa, notizie dal 1414 al 1418), attivo tra Lucca e Pisa, interessante interprete di varie suggestioni, provenienti specialmente dalla Toscana e da Firenze, che seppe fondere per dare la propria personale interpretazione del gotico internazionale.
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