Giovanni Boldini, vita e opere del grande artista ferrarese


Giovanni Boldini è stato uno dei principali artisti italiani di fine Ottocento: la vita, le opere, i capolavori, lo stile.

Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931) è stato uno dei principali pittori italiani di fine Ottocento, tra i più vicini all’impressionismo tra coloro che operarono in Italia. Boldini era noto per la sua vivace vita mondana, che trovò il suo apice a Parigi: le sue frequentazioni borghesi gli garantirono grande fama come talentuoso ritrattista di personalità culturali e soprattutto di figure femminili, che riportava sulla tela con eleganza, dinamismo e caratterizzazione psicologica, rifuggendo quindi dalla ritrattistica più classica.

Conosciamo diversi aneddoti legati alla sua vita grazie alla moglie Emilia Cadorna, una giornalista che il pittore sposò ormai ottantenne, e che nello stesso anno della sua morte pubblicò un libro biografico su di lui.

Giovanni Boldini, Autoritratto di Montorsoli (1892; olio su tela, 57,5 x 40 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi)
Giovanni Boldini, Autoritratto di Montorsoli (1892; olio su tela, 57,5 x 40 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi)

La vita di Giovanni Boldini

Ottavo di tredici fratelli, Giovanni Boldini nacque il 31 dicembre del 1842 a Ferrara ed ebbe un’educazione molto cattolica in quanto la madre, Benvenuta Caleffi, era piuttosto devota. Il padre Antonio, invece, era un pittore. Ancora prima di imparare a leggere e scrivere ed iniziare a frequentare le scuole elementari, Boldini dimostrò un talento naturale per il disegno. Abbandonò presto gli studi dimostrandosi piuttosto insofferente alle regole scolastiche e ai metodi didattici, e il padre, intuendo le capacità del figlio, gli insegnò direttamente le tecniche basilari della pittura. Il padre era un pittore purista che possedeva ottime basi tecniche imparate durante gli anni trascorsi all’Accademia di San Luca a Roma e attraverso lo studio dei maestri del Quattrocento, diventando comunque un nome ben conosciuto a Ferrara. Giovanni Boldini, intanto, a soli quattordici anni dipinse un Autoritratto che dimostrava non solo quanto il giovane pittore avesse ben assimilato le tecniche pittoriche di base, ma soprattutto la capacità di padroneggiarle con disinvoltura. Poco dopo, divenne allievo di Girolamo Domenichini e Giovanni Pagliarini. La sua adolescenza fu piuttosto fortunata, in quanto venne esonerato dal servizio militare che era appena stato istituito a seguito della nascita del regno d’Italia, e inoltre ottenne un’eredità cospicua da parte di uno zio. Con questa somma, Boldini decise di lasciare Ferrara, poiché aveva notato come tra gli artisti locali vi fosse una certa tendenza ad accontentarsi di eguagliare quanto già proposto da altri artisti ed era molto arduo poter percorrere vie inedite. Scelse dunque di trasferirsi a Firenze.

Una volta giunto nel capoluogo toscano, Boldini si iscrisse all’Accademia delle belle arti, dove trovò come insegnanti Stefano Ussi ed Enrico Pollastrini. Tuttavia, come già accaduto durante le scuole elementari, ben presto Boldini risultò insofferente ai metodi dell’Accademia e si ritirò, preferendo piuttosto buttarsi a capofitto nel vivace ambiente che gravitava intorno al Caffè Michielangiolo. Qui, infatti, si ritrovavano numerosi artisti e patrioti per discutere, spesso animatamente, di questioni artistiche e politiche. Tra questi, vi erano i “Macchiaioli”, un gruppo di artisti anch’essi in aperta opposizione alla rigidità dell’Accademia. Il gruppo di artisti venne così chiamato per l’utilizzo di larghe pennellate di colori puri, con le quali dipingevano paesaggi che riproducessero il più possibile la reale percezione visiva dell’occhio umano. Boldini, una volta entrato in contatto con i Macchiaioli, tra cui Giovanni Fattori, Telemaco Signorini e Silvestro Lega, si interessò alle nuove tecniche da loro esplorate, tuttavia a differenza loro preferì concentrarsi sulla ritrattistica, un genere che gli era da sempre congeniale. Iniziò così a produrre ritratti di numerosi amici e colleghi pittori, creandosi una fitta rete di contatti che lo aiutò molto nella sua attività. Infatti, presto entrò in contatto con numerose personalità aristocratiche che gravitavano a Firenze, in particolar modo nobili stranieri, che oltre a commissionargli diverse opere ben retribuite gli aprivano le porte delle loro collezioni private.

La frequentazione più importante fu certamente quella con la famiglia Falconer, nobili inglesi che vivevano in una villa nei pressi di Pistoia. Boldini divenne l’amante di Isabella Falconer, che proprio in virtù di questa frequentazione gli commissionò numerosi lavori, e parallelamente coltivò una stretta amicizia con il marito. Questi lo volle con sé in un viaggio a Parigi nel 1867 per visitare l’Esposizione Universale, dove Boldini rimase colpito dalle opere di Edgar Degas. Il viaggio a Parigi instillò una nuova urgenza in Boldini: infatti, nonostante considerasse Firenze l’apice della cultura artistica, andando all’estero si rese conto che vi erano altre culture da esplorare, e l’Italia iniziò ad andargli sempre più stretta. Allora, iniziò a viaggiare instancabilmente per l’Europa, dapprima in Francia con Isabella Falconer e poi in seguito in Inghilterra, dopo aver accettato l’invito del nobile Cornwallis-West. Grazie alla sua protezione, Boldini entrò nelle frequentazioni della nobiltà inglese e anche qui venne molto richiesto per le sue abilità di ritrattista.

Tuttavia, dopo poco tempo Boldini iniziò a preferire Parigi a Londra. La Francia, in quel periodo, si trovava agli albori della Terza Repubblica e Parigi in particolare assumeva i contorni di una città moderna, dinamica e ricca di spunti, tra caffè letterari, musei, circoli. Così, Boldini vi si trasferì definitivamente nel 1871. Da amante della vita mondana, Boldini volle stabilirsi nel quartiere di Montmartre ed iniziò a frequentare il Café de la Nouvelle Athènes, che si trovava proprio di fronte alla sua dimora. Qui erano soliti riunirsi gli artisti che poco dopo avrebbero dato vita al movimento impressionista. Frequentando il Café, Boldini incontrò e fece amicizia con Degas, colui che lo aveva colpito all’Esposizione Universale.

In questo stesso periodo, tra il 1871 e il 1878, Boldini entrò nella cerchia del mercante d’arte Adolphe Goupil, che aveva riunito sotto la sua protezione diversi artisti innovativi tra i quali Giuseppe Palizzi e Giuseppe De Nittis. Grazie a questa collaborazione, Boldini non solo ottenne una certa stabilità economica, ma venne accolto nelle più importanti esposizioni e divenne l’artista di punta dei salotti parigini. Boldini, nonostante il forte legame con la capitale francese, non smise mai di viaggiare. Si recò nel 1876 nei Paesi Bassi, dove entrò in contatto con la pittura di Frans Hals, nel 1889 viaggiò in Spagna e in Egitto insieme all’amico Degas e infine nel 1897 espose alcune opere a New York. Con l’arrivo del XX secolo, Boldini tornò spesso in Italia per partecipare diverse volte alla Biennale di Venezia e ricevere l’onorificenza di grande ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia. Morì a Parigi l’11 gennaio del 1931, e le sue spoglie si trovano, dietro sua esplicita richiesta, nel cimitero monumentale della Certosa di Ferrara.

Giovanni Boldini, Ritratto di Giuseppe Abbati (1865; olio su tavola, 37,5 x 22 cm; Collezione privata)
Giovanni Boldini, Ritratto di Giuseppe Abbati (1865; olio su tavola, 37,5 x 22 cm; Collezione privata)
Giovanni Boldini, Dame del Primo Impero (1875; olio su tavola, 33,3 x 27,3 cm; Collezione privata)
Giovanni Boldini, Dame del Primo Impero (1875; olio su tavola, 33,3 x 27,3 cm; Collezione privata)
Giovanni Boldini, Il conte Robert de Montesquiou-Fézensac (1897; olio su tela, 115 x 82,5 cm; Parigi, Musée d’Orsay)
Giovanni Boldini, Il conte Robert de Montesquiou-Fézensac (1897; olio su tela, 115 x 82,5 cm; Parigi, Musée d’Orsay)
Giovanni Boldini, Consuelo Vanderbilt, duchessa di Marlborough, con il figlio, Lord Ivor Spencer-Churchill (1906; olio su tela, 221,6 x 170,2 cm; New York, Metropolitan Museum)
Giovanni Boldini, Consuelo Vanderbilt, duchessa di Marlborough, con il figlio, Lord Ivor Spencer-Churchill (1906; olio su tela, 221,6 x 170,2 cm; New York, Metropolitan Museum)
Giovanni Boldini, Ritratto di Giuseppe Verdi (1886; pastello su cartone, 65 x 54 cm; Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea)
Giovanni Boldini, Ritratto di Giuseppe Verdi (1886; pastello su cartone, 65 x 54 cm; Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea)

Lo stile e le opere di Giovanni Boldini

Formatosi tramite lo studio delle opere risalenti al Quattrocento che il padre gli presentava a lezione, Giovanni Boldini sviluppò ulteriormente la sua arte grazie al contatto con i Macchiaioli, senza tuttavia aderire in pieno al loro gruppo. Rispetto a quelli dei macchiaioli, infatti, i dipinti di Boldini virano verso soluzioni di linee e colori molto più ardite e dinamiche. Inoltre, Boldini preferiva nettamente i ritratti ai dipinti di paesaggio. Si veda come riferimento il Ritratto di Giuseppe Abbati (1865), pittore che Boldini frequentava a Firenze. Egli non viene ritratto in una posa canonica, piuttosto Boldini dà l’idea di aver catturato il momento in cui l’amico è passato a trovarlo nel suo studio mentre si trovava nei paraggi, a passeggio con il suo cane (anch’esso nel dipinto). Anche lo spazio intorno ad Abbati risulta dinamico, addirittura è possibile notare come alcuni dipinti appesi al muro sul lato destro risultino sfocati.

La tendenza di Boldini a preferire la ritrattistica fu inoltre alla base del suo distacco dagli Impressionisti, che frequentava a Parigi. Certamente alcuni influssi di Edgar Degas e dei compagni sembrano effettivamente aver toccato in qualche modo l’immaginario del pittore, che in questo periodo dipinge non solo ritratti ma anche scene di genere, si vedano ad esempio Le chiacchiere del 1873, oppure Lo strillone parigino (il giornalaio) del 1878. Singolari sono inoltre alcuni dipinti che si riferiscono al periodo in cui Boldini lavorava presso Goupil: il mercante d’arte chiedeva, infatti, ai suoi artisti di accontentare il gusto dei clienti, che amavano circondarsi di opere che riecheggiassero la pittura francese del Settecento. Le opere di questo periodo denotano dei cambiamenti di stile nella produzione di Boldini, soprattutto nella tavolozza di colori che si fa più chiara ed eterea. Ne è esempio Dame del primo impero (1875).

Ma non appena finì la collaborazione con Goupil, Boldini esplorò tinte più scure, virate sui toni del rosso, del marrone, del nero. Importantissime in questa esplorazione furono i colori per l’appunto molto intensi e scuri delle opere di Frans Hals e Diego Velázquez.

Boldini eseguì il ritratto di molte personalità importanti dell’epoca, tra cui lo scrittore Robert de Montesquiou (1897), la duchessa Consuelo Vanderbilt (1906) ma soprattutto Giuseppe Verdi (1886). Il ritratto del celebre compositore non fu di semplice realizzazione, infatti quella che conosciamo è la seconda versione dell’opera. La prima versione non convinse né Boldini né Verdi, per diversi motivi tra i quali la difficoltà di Boldini nel ritrarre un Verdi irrequieto che si intratteneva di continuo in conversazione con il suo assistente, così il pittore davanti alla situazione chiese a Verdi di concedergli una seconda possibilità. Ne venne fuori la versione che è passata alla storia e che è diventata di fatto l’immagine ufficiale di Verdi, il quale ne rimase molto impressionato.

La potenza del ritratto di Verdi è data sicuramente dall’espressività del viso e dalla scelta oculata dei dettagli, dal cilindro che rappresenta lo status economico di alto livello del compositore alla sciarpa che ne simboleggia invece l’estro artistico. Nonostante il soggetto sia ripreso a mezzo busto ed incasellato in uno sfondo piatto, di colore grigio e senza alcun elemento, la raffigurazione non è per nulla statica ma. come nella tradizione dei ritratti di Boldini, vi è un certo dinamismo. Lo troviamo sia nella posizione in cui è ritratto Verdi, leggermente di lato, oppure nel tratto a pastello, che Boldini utilizza sapientemente in modo da sfumare alcuni dettagli e dare risalto ad altri, ma è evidente in particolar modo nel volto del protagonista. Colto in una particolarissima espressione come se stesse per parlare, gli occhi di Verdi risultano vivissimi e catturano lo sguardo di chi osserva il dipinto.

Tornando alla produzione artistica di Boldini, è evidente come le protagoniste assolute dei suoi ritratti fossero le donne borghesi, rappresentate al massimo della loro femminilità e piene di personalità. Pennellate lunghe, verticali o sinuose delineano figure decisamente eteree, che indossano vestiti che sembrano muoversi e volteggiare leggeri nello spazio. L’ambientazione di questi ritratti è quasi sempre la stessa, ovvero una stanza al chiuso con un divano o un letto sui quali le protagoniste sono sedute o si appoggiano. I volti, a cui è affidato il centro focale della tela, vengono valorizzati da tratti decisi e ben delineati, e rivelano una vasta gamma di emozioni, dalla fragilità alla maliziosità, dalla risolutezza all’arguzia, conferendo quindi alla donna un ruolo “parlante”, con una voce unica ed autonoma.

Boldini, nella rappresentazione femminile, si sofferma su alcuni dettagli ricorrenti, come il collo, la schiena, il profilo elegante, le spalle scoperte e scollature ardite, oppure sull’eleganza dell’abito quando è chiuso al collo o completato da un vistoso cappello. Tra i più raffinati ritratti femminili di Boldini ricordiamo Ritratto della principessa Marthe-Lucile Bibesco (1911), Marchesa Luisa Casati con piume di pavone (1913) e La donna in rosa (1916).

Giovanni Boldini, Il cappellino azzurro (1912; olio su tela, 46 x 55 cm; Pieve di Cento, Museo MAGI ’900)
Giovanni Boldini, Il cappellino azzurro (1912; olio su tela, 46 x 55 cm; Pieve di Cento, Museo MAGI ’900)
Giovanni Boldini, La signora in rosa (Olivia Concha de Fontecilla) (1916; olio su tela, 163 x 113 cm; Ferrara, Museo Giovanni Boldini)
Giovanni Boldini, La signora in rosa (Olivia Concha de Fontecilla) (1916; olio su tela, 163 x 113 cm; Ferrara, Museo Giovanni Boldini)
Giovanni Boldini, James Abbott McNeill Whistler (1897; olio su tela, 170,8 x 94,6 cm; New York, Brooklyn Museum)
Giovanni Boldini, James Abbott McNeill Whistler (1897; olio su tela, 170,8 x 94,6 cm; New York, Brooklyn Museum)
Giovanni Boldini, La passeggiata al Bois de Boulogne (1909; olio su tela, 228 x 118 cm; Ferrara, Museo Giovanni Boldini)
Giovanni Boldini, La passeggiata al Bois de Boulogne (1909; olio su tela, 228 x 118 cm; Ferrara, Museo Giovanni Boldini)

Dove vedere le opere di Boldini

A Ferrara, città natale di Boldini, è stato istituito nel 1936 un museo dedicato proprio alla memoria e alle opere di Giovanni Boldini. Qui è possibile vedere, tra gli altri Due cavalli bianchi (1874) La passeggiata al Bois (1909) e La donna in rosa (1916), oltre a numerosi disegni ed acquerelli. In Italia troviamo altre opere di Boldini presenti in rinomati musei come Autoritratto mentre osserva un dipinto (1865) e Ritratto di Diego Martelli (1865) a Firenze presso la Galleria d’arte moderna a palazzo Pitti, Lo strillone parigino (1878) al Museo di Capodimonte di Napoli, il Ritratto di Giuseppe Verdi (1886) e la Marchesa Luisa Casati con piume di pavone (1913) nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (la prima versione del ritratto di Verdi si trova, invece, nella Casa di riposo per musicisti di Milano), un Autoritratto (1892) alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Numerosi dipinti fanno parte di collezioni private.

In Europa, e in particolar modo in Francia dove Boldini visse a lungo, sono conservati il Ritratto di Madame Charles Max (1896) e il Ritratto di Robert de Montesquiou (1897) al Musée d’Orsay. Alcuni dipinti sono presenti negli Stati Uniti d’America, precisamente a New York, come Le parigine (1873), Dame del primo impero (1875), Il dispaccio (1879), al Metropolitan Museum, mentre Ritratto di James Mcneill Whistler (1897), Ritratto di signora (1912) si trovano nel Brooklyn Museum.


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