Giacomo Balla (Torino, 1871 – Roma, 1958) fu uno dei massimi esponenti del Futurismo, ma anche il più legato alla matrice divisionista. Dapprima legato ad una pittura più tradizionale di stampo sociale, si legò presto all’avanguardia futurista in cui assunse un ruolo fondamentale. Ebbe un forte legame con Umberto Boccioni e Fortunato Depero con i quali instaurò un dialogo artistico che gli permisero di abbandonare la pittura realista e virare verso ricerche artistiche d’avanguardia. Balla, che fu un uomo dal carattere eccentrico e molto sicuro di sé al punto di paragonarsi ai grandi maestri come Tiziano e Leonardo, fu anche un grande artista capace esprimere le sue idee non solo sulla tela ma anche nel cinema, nella musica e nell’arredamento.
L’artista torinese venne molto apprezzato anche dal regime fascista che Balla vide come la strada che avrebbe portato l’Italia alla modernità. Verso gli anni Trenta, tuttavia, Giacomo Balla, che fu uno dei promotori più appassionati del Futurismo se ne distaccò per tornare alla pittura figurativa, che a suo dire era quella che meglio di tutte si avvicinava alla realtà. Il suo distacco dal futurismo sancì anche il suo distacco dal fascismo, che gli procurò l’allontanamento da parte della cultura ufficiale. Nel dopoguerra, tuttavia, la sua opera sarebbe stata molto rivalutata.
Giacomo Balla |
Giacomo Balla nacque a Torino il 18 luglio del 1871 da Giovanni e Lucia Giannotti. Giacomo rimase orfano di padre a soli nove anni: tuttavia, la madre investì tutte le sue energie e guadagni nell’educazione del figlio. Già in età precoce Giacomo dimostrò un estro artistico non comune: prima iniziò a studiare violino che dopo poco abbandonò per dedicarsi alla pittura. Finiti gli studi superiori si iscrisse all’Accademia Albertina di Torino, dove ebbe modo di studiare la prospettiva, anatomia e geometria. Presto iniziò a seguire anche lezioni del celebre antropologo e criminologo Cesare Lombroso. Fu alla Società promotrice di Belle Arti che Balla esordì nel 1891. Inoltre, l’ambiente era frequentato dall’aristocrazia e alta borghesia torinese e fu proprio qui che conobbe lo scrittore Edmondo de Amicis e Giuseppe Pellizza da Volpedo, giovane artista che diventò uno dei capiscuola del divisionismo italiano.
A Torino gli artisti erano molto influenzati dalla pittura di tipo verista descrittiva, connotata da un forte impegno etico e sociale che caratterizzò la cultura torinese a cavallo tra i due secoli. Nel 1895 Balla lasciò per sempre la sua città natale per trasferirsi a Roma con la madre, dove rimase per tutta la vita. Nella capitale Balla si presentò come pioniere della tecnica divisionista e trovò subito allievi pronti a seguirlo: tra questi Umberto Boccioni, Gino Severini e Mario Sironi che Balla ebbe modo di conoscere alla Scuola di nudo in via Repetta a Roma. In questo primo periodo romano dipinse alcuni suoi capolavori come La Pazza (1905), che porta con sé quel tipo di pittura verista rivolta alla socialità a cui Balla non rinunciò. Nel 1903 espose alla V Biennale di Venezia: fu la prima di molte altre partecipazioni successive. Nel 1905 sposò Elisa Marucci e dalla loro unione nacque la prima figlia, Luce, che sarebbe divenuta in seguito artista futurista.
Intanto il poeta e pittore Filippo Tommaso Marinetti pubblicò nel 1909 il Manifesto del Futurismo sul giornale francese “Le Figaro”. L’obiettivo di Marinetti era quello di creare un’avanguardia artistico-letteraria capace di superare la stagnante cultura italiana. Dimenticare il passato e guardare al futuro: questo fu il principio cardine del movimento. Balla aderì al nuovo movimento futurista, sebbene fosse il più anziano e fosse già considerato un maestro del divisionismo. Nel 1910, quindi solo un anno dopo il primo manifesto futurista pubblicato a Parigi, uscì sulla rivista italiana Poesia il Manifesto della pittura futurista, e tra le firme apparirono quelle dei pittori Umberto Boccioni, Luigi Russolo, Gino Severini, Carlo Carrà e Giacomo Balla. Il testo fu scritto di getto, dopo che Marinetti infiammò gli animi dei pittori aderenti al nuovo movimento. Nel 1912 si tenne la mostra dei pittori futuristi a Parigi alla Galerie Bernheim – Jeune, nel cui catalogo venne anche menzionata l’opera di Balla Lampada ad arco (1911). Per la diffusione delle nuove idee il manifesto si presentò come lo strumento migliore e tra il 1909 e il 1916 ne furono redatti circa una cinquantina che di volta in volta affrontarono diverse tematiche, come la musica, il cinema la scultura e l’architettura. In questo periodo Balla dipinse alcuni dei suoi capolavori, come Bambina che corre sul balcone e Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912). Questi furono anni di grande creatività per Balla che spostò la sua ricerca da un linguaggio realista tipico di fine secolo ad una ricerca artistica d’avanguardia che gli permise anche di avere un ruolo più attivo all’interno del gruppo futurista. Furono anche gli anni della grande guerra che venne fortemente sostenuta da Balla e dai futuristi.
Nel 1915, Balla firmò insieme a Fortunato Depero il Manifesto della ricostruzione futurista dell’Universo, secondo cui il dinamismo pittorico e il dinamismo plastico si collegano “all’arte dei rumori” e alle “parole in libertà” ovvero le parole che compongono il testo non hanno alcun tipo di legame grammaticale o di contenuto. L’idea dell’arte totale proseguì durante tutta la Prima guerra mondiale e alla morte di Umberto Boccioni avvenuta nel 1916, Giacomo Balla fu il protagonista indiscusso del movimento, al punto che cominciò a firmare le sue opere con lo pseudonimo Futurballa. Nel 1921 dipinse le parti del locale di cabaret Bal TicTac a Roma dove si suonava il jazz. Balla aderì al fascismo, infatti nel 1926 realizzò una statuetta raffigurante Mussolini, a cui gli venne consegnata. Giacomo Balla diventò quindi l’artista del fascismo e fu molto apprezzato anche dalla critica. Nel 1925 Balla partecipò con Depero e l’artista Enrico Prampolini all’Esposizione delle Arti Decorative di Parigi. Il Manifesto dell’aereopittura futurista, che redasse nel 1929, segnò il suo ultimo atto di adesione al futurismo, poiché nel corso degli anni Trenta si dissociò, nella convinzione che la “pura pittura” si potesse scoprire nel realismo. Da quel momento in poi le sue opere furono caratterizzate da una pittura figurativa. Giacomo Balla morì il 1° marzo del 1958 a Roma.
Giacomo Balla, La fidanzata al Pincio (1902; olio su tavola, 60,5 x 90 cm; Milano, GAM) |
Giacomo Balla, La mano del violinista (1912; olio su tela, 56 x 78,3 cm; Londra, The Estorick Collection of Modern Italian Art) |
Giacomo Balla, Lampada ad arco (1909-1911; olio su tela, 174,7 x 114,7 cm; New York, Museum of Modern Art) |
Dall’inizio della sua carriera pittorica fino all’adesione al futurismo, la pittura di Giacomo Balla si caratterizzò per la precisione e un’impostazione della tela molto vicino all’impostazione fotografica: “la semplicità è alla base della bellezza”, ebbe a dire, e questo fu il principio su cui si basò la sua pittura. Il pittore si interessò ai principi della scienza, e pertanto l’obiettività fu alla base della sua ricerca artistica.
Come detto, i primi lavori di Balla furono caratterizzati da una pennellata di tipo divisionista e a testimoniarlo è l’opera La fidanzata al Pincio (1902): l’occhio dell’osservatore si posa subito sulla figura della fanciulla solitaria immersa nella natura di un giardino romano. La ragazza indossa una camicetta bianca e gonna blu e il volto che esprime una solitaria meditazione è appoggiato al palmo della mano. L’aiuola dietro la figura è delimitata da piccoli pali in legno e nella parte in alto si intravede una porzione di tronco d’albero. Infine, una sentiero bianco incornicia una parte della tela proseguendo fino in alto.
Una tela di carattere più impressionista data sia dal soggetto raffigurato e dalla composizione fu Ritratto di Signora all’aperto (1903). L’opera corrisponde anche a ciò il pittore Pellizza da Volpedo spiegò in una lettera del 1898 secondo cui la fattura dell’opera varia a seconda di come sono i soggetti in natura e che i colori e le forme debbono raggiungere un’“armonia parlante”. L’idea del Pellizza è infatti resa in forma visiva da Balla tramite le pennellate più libere nei soggetti ritratti in primo piano e l’architettura sullo sfondo che è semplificata, grazie anche all’utilizzo della tecnica del pointillisme (tecnica pittorica che si basa sulla scomposizione dei colori in piccoli punti). Nel dipinto la figura femminile è rappresentata in piedi e rivolta di lato, dietro le sue spalle e la scarna vegetazione si vede un paesaggio. Alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma è conservata una delle opere più rilevanti del pittore torinese: si tratta del Polittico dei viventi: La pazza. L’opera fa parte dei ciclo dei Viventi che comprende quattro soggetti diversi su pannelli separati: La pazza, I malati, Il contadino e Il mendicante. I quattro pannelli ritraggono le quattro diverse condizioni della miseria della vita umana. Nell’opera La pazza venne raffigurata Matilde Garbini, vicina di casa del pittore, che affacciata alla porta apparire visibilmente turbata dalla malattia psichica: il gesto convulso della mano che porta alla bocca intimando il silenzio, il braccio sinistro appare teso e nervoso e i vestiti lasciano intuire un corpo magro e poco curato, tutto rivela la condizione psichica della donna. Dietro la figura femminile si distende una paesaggio agricolo. È interessante notare come nella parte del verso di una delle tele compare la scritta “prime cure elettriche del prof. Ghilarducci – l’uomo ha la parte destra paralizzata, la donna soffre di nevrastenia – dipinto eseguito nell’ambulatorio sempre dal vero – anno 1903 - Balla”. Tale notazione è testimonianza dell’interesse che Balla nutrì per le persone emarginate: coinvolgimento che si riconduce anche alla ricerche dell’antropologo e criminologo Casare Lombroso, con il quale Balla entrò in contatto nel periodo torinese.
I soggetti delle tele mutarono negli anni successivi, conseguenza dell’adesione, nel 1909, del pittore al Futurismo. Non vennero più rappresentati ritratti dal sapore verista tipico dell’Ottocento: il suo interesse, invece, si spostò verso la modernità, tanto celebrata dai pittori futuristi, e verso il “mito dell’elettricità”. A dimostrare molto bene questo cambio di rotta fu il quadro Lampada ad arco (1909-1911). L’opera venne comprata dal Museum of Modern Art di New York nel 1954 e quando venne spedita oltreoceano Giacomo Balla allegò anche una lettera all’allora direttore Alfred Hamilton Barr Jr, parlando dell’opera nel modo seguente: “Quadro, oltre che originale come opera d’arte, anche scientifico perché ho cercato di rappresentare la luce separando i colori che la compongono. Di grande interesse storico per la tecnica e per il soggetto”. Da queste brevi righe emerge, oltre che l’eccentricità che caratterizzò il pittore per tutta la vita, anche il travolgente interesse verso il progresso di cui Balla e i futuristi furono grandi sostenitori. Il tratto divisionista è qui utilizzato per scomporre la luce nelle sue singole parti: al centro una lampada è sorretta dall’alto da una struttura metallica e di lato viene rappresentata la luna che Balla, volutamente, fa brillare meno rispetto alla lampada esaltando l’energia elettrica e più in generale il progresso e la scienza, tutti elementi che fecero parte della poetica modernista del futurismo. Nel 1912 Balla uscì definitivamente dalla pittura realista ed eseguì la celebre tela La mano del violinista realizzata tramite una scomposizione dinamica del movimento che non solo testimonia l’interesse di Balla per la fotografia (passione trasmessagli dal padre), ma anche l’influenza delle idee di Boccioni. L’opera descrive lo spostamento veloce di una mano e l’effetto ottico che questo movimento produce. Dello stesso anno è l’opera Dinamismo di un cane al guinzaglio: il dinamismo fu una delle preoccupazioni principali dei futuristi. Il quadro raffigura una donna ed il suo cagnolino, entrambi realizzati con veloci pennellate scure, su uno sfondo bianco che esalta il dinamicità e il movimento.
È necessario sottolineare che questo tipo di approccio dinamico delle figure rappresentate derivò anche dall’interesse verso la fotodinamica (riproduzione del movimento in fotografia), dell’amico e fotografo Anton Giulio Bragaglia, a cui Giacomo fu molto legato ed affezionato. Balla e i futuristi diedero molta importanza ai concetti di dinamicità e velocità: questo atteggiamento venne assunto da un lato per reagire alla staticità del cubismo, dall’altra perché il futurismo vide nella percezione movimentata delle cose l’unica strada corretta per conoscere la realtà. Nella Ragazza che corre sul balcone (1912) il movimento della corsa è qui frammentato e scomposto in istanti che vengono bloccati e isolati dalla pennellata dell’arista. Balla, in questo dipinto, raffigurò la sua prima figlia Luce: la figura è poco percepibile, si riconoscono i capelli, il volto e la corsa della piccola Luce. Ognuno di questi elementi fu “moltiplicato” in senso orizzontale per restituire all’osservatore il movimento di una bambina che corre. Balla rivolse il proprio interesse scientifico non solo al movimento e alla dinamicità bensì anche alla percezione della luce e dei colori che il pittore tradusse in maniera astratta e non naturalistica. Compenetrazione iridescente n. 7 fa parte di uno studio più ampio dei giochi di luce e colori così come l’occhio umano li percepisce. Le Compenetrazioni rappresentarono uno dei momenti più alti della ricerca artistica che Balla condusse in questi anni (1912-1913). Il metodo compositivo che l’artista torinese adottò, in alcuni casi, fu quello del pattern decorativo che venne ripetuto in sequenze modulari, oppure un pattern piramidale che rimanda alla propagazione delle onde magnetiche. Velocità dell’automobile (1912) fu l’espressione visuale del manifesto Ricostruzione futurista dell’universo pubblicato nel 1915. La pittura diventa un insieme di segni che non mira tanto alla raffigurazione dell’oggetto quanto alla sua interpretazione. In Velocità d’automobile non vede la macchina: semmai sono le pennellate che scomponendo e frammentando l’oggetto restituiscono la sensazione della dinamicità dell’automobile. L’opera di Balla, basandosi sulla conoscenza delle cose, abbandonò il criterio di dipingere “ciò che si vede” per esaltare “ciò che si pensa”. Questo aspetto è fondamentale per comprendere l’arte di Balla. Nell’opera Movimenti rapidi: Sentieri in movimento + sequenze dinamiche Balla rappresentò uno studio di paesaggio in movimento. Il pittore era convinto che l’idea di pittura del paesaggio tradizionale non fosse veritiero poiché in natura tutto si muove: i corsi d’acqua, le nuvole, le fronde degli alberi e gli uccelli che volano. Cogliere il movimento, dunque, altro non è che cogliere il principio fondamentale della natura. In queste opere assume un aspetto fondamentale il titolo poiché l’osservatore non possiede gli strumenti attraverso cui l’artista espresse la propria visione, dunque diventa necessario per completare l’opera e rende esplicito il soggetto, come in Linee andamentali + successioni dinamiche il cui titolo si riferisce allo studio del moto di un volo di rondine.
Nei dipinti post-futuristi (anni Trenta) Giacomo Balla ritorna alla pittura figurativa affidandosi a colorazioni accese e luminose come dimostra Primo Carnera (1933) che si trova sul verso dell’opera Espansione profumo. Il ritratto del pugile Primo Carnera è testimonianza di questo ritorno alla pittura figurativa. Il soggetto del dipinto fu una delle icone più note del momento, una celebrità dello sport ed esempio di virilità. La cosa interessante è il fatto che Balla decise di restituire in pittura l’aurea che circondava il celebre pugile e sebbene non sia possibile leggere esplicitamente un precedente della Pop Art è comunque fondamentale evidenziare l’originalità di Balla che pur tornando ad una pittura tradizionale non recuperò soggetti classici, come invece fecero altri artisti di questo periodo: Balla preferì seguire strade più contemporanee.
Giacomo Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912; olio su tela, 91 x 110 cm; Buffalo, Albright Gallery) |
Giacomo Balla, Ragazza che corre sul balcone (1912; olio su tela, 125 x 125 cm; Milano, Museo del Novecento) |
Giacomo Balla, Compenetrazione iridescente n. 7 (1912; olio su tela, 77 x 76,7 cm; Torino, GAM) |
La maggior parte delle opere di Giacomo Balla sono visibili in Italia: alla Galleria Nazionale d’arte Moderna sono conservate La pazza (1912), Villa Borghese – parco dei daini (1910), e Ritratto di Signora all’aperto (1903). Alla Galleria Civica d’arte moderna e contemporanea è possibile ammirare la serie Compenetrazione iridescente n.7 e n.13 del 1912. Al Museo del Novecento di Milano è visibile l’opera Ragazza che corre sul balcone (1912).
Alla collezione Peggy Guggenheim di Venezia si trova invece Mercurio passa davanti al sole (1914), Linee andamentali + successioni dinamiche (1913) e Velocità astratta + rumore (1913-1914). L’opera Velocità d’automobile + luce è conservata al Moderna Museet di Stoccoloma, in Svezia. Il Museum of Modern Art di New York possiede invece Movimenti rapidi: sentieri in movimento + sequenze dinamiche (1913), Velocità d’automobile (1912) e Lampada ad arco (1909-1911), mentre Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912) si trova a Buffalo all’Allbright-Knox Art Gallery.
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