Francesco Hayez (Venezia, 1791 - Milano, 1882) è il massimo esponente in Italia della pittura romantica, vissuto nell’epoca di passaggio tra la cultura neoclassica e quella romantica, ponendosi come il principale pittore italiano di quest’ultima corrente. Non solo: con alcune sue opere altamente simboliche e di elevato valore patriottico, come il famoso Bacio, dipinto in tre versioni (leggi qui un approfondimento su quest’opera), Hayez è anche pittore simbolo dell’Unità d’Italia, considerato in pittura come Alessandro Manzoni è considerato in letteratura. Le sue ricostruzioni storiche veritiere, gli accenti sentimentali dei suoi dipinti romantici, il sentire politico dei suoi quadri sono elementi paragonabili a quelli delle opere letterarie di Manzoni. L’arte di Francesco Hayez, sebbene a lungo ancora impostata su valori formali di carattere neoclassico, dimostrava una sensibilità nuova in Italia nell’affrontare soggetti di carattere storico o politico, come i Vespri siciliani, dipinto ispirato a un fatto della storia d’Italia, o I profughi di Parga, che raccontava invece un fatto d’attualità. La sua arte si configurò pertanto, come ha scritto Giulio Carlo Argan, come una combinazione di “soggetto di storia medievale o romanza” e “correttezza del disegno ingresiano”.
Nonostante la nascita a Venezia (e nonostante molti contassero su di lui per ripristinare la gloriosa tradizione della pittura veneta: leggi qui per un approfondimento su questo tema), trascorse quasi interamente la sua carriera a Milano: nella città lombarda, si pose non soltanto come grande artista di soggetti a contenuto storico, ma anche come sublime ritrattista, tanto da far arrivare lo scrittore Carlo Castellaneta a sottolineare che proprio nella produzione di ritratti Hayez diede il meglio di sé: “è qui”, ha scritto Castellaneta, “che egli tocca i suoi vertici, quando il discorso romantico si fonde col realismo, o meglio con una sorta di fisionomismo interiore che dà al modello un’insolita anatomia. Se dobbiamo credere alla fedeltà dei dipinti, pur concedendo all’autore di avere forse aggraziato qualche difetto, è indubbio che i ritratti possiedono un fascino a cui è difficile sottrarsi. Essi ci raccontano un mondo scomparso, immobile nelle sue barriere di classe, ma nel quale l’aristocrazia aveva un ruolo non indifferente verso l’arte e la cultura. Mi chiedo se un conte Ninni o una Belgioioso o una contessa Vitali dei nostri giorni riuscirebbero a esprimere tanta inquietante maestà, una tale consapevolezza di sé”.
Artista dalla lunga carriera, attraverso diverse epoche: fu pittore dell’Italia napoleonica, artista in grado d’interpretare le istanze del Risorgimento (ma al contempo di godere anche della stima del governo austriaco, fatto che gli attirò numerose critiche: non era del resto un pittore rivoluzionario), apprezzato da Mazzini che lo riteneva “il capo della scuola di Pittura Storica, che il pensiero nazionale reclamava in Italia”, e fu poi pittore che visse nei primi anni dell’Unità d’Italia. E di sicuro è stato uno dei maggiori artisti italiani del XIX secolo.
Francesco Hayez, Autoritratto con leone e una tigre in gabbia (1831; olio su tavola, 43 x 51 cm; Milano, Museo Poldi Pezzoli) |
Francesco Hayez nasce a Venezia il 10 febbraio 1791 da Giovanni, pescatore originario di Valenciennes in Francia, e Chiara Torcellan, di Murano. La famiglia è molto povera, ragion per cui nel 1797 il piccolo Francesco viene affidato allo zio Giovanni Binasco, ricco mercante d’arte genovese. Troviamo il pittore, giovanissimo, a bottega da Francesco Maggiotto nel 1798, mentre nel 1803 inizia a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Venezia (nel 1806 è allievo del corso di pittura di Teodoro Matteini. Nel 1809, Hayez vince una borsa di studio che gli consente di passare alcuni anni di studio a Roma, e si trasferisce nella capitale dello Stato Pontificio l’anno successivo: qui, conosce Antonio Canova (Possano, 1757 - Roma, 1822). Nel 1812, con il suo Laocoonte, vince il Gran Premio di Pittura dell’Accademia di Milano, a cui aveva partecipato su suggerimento di Canova e del conte Leopoldo Cicognara, dal 1808 presidente dell’Accademia di Venezia. Nel 1813 vince il titolo di miglior allievo dell’anno dell’Accademia di Venezia e apre il suo primo studio a Roma. Successivamente, nel 1814, si trasferisce a Napoli dove lavorerà per Gioacchino Murat (l’anno seguente realizzerà per lui l’Ulisse alla corte di Alcinoo).
Nel 1817, Francesco Hayez si sposa con Vincenza Scaccia e nel 1820 comincia a frequentare Milano: soggiorna nella città lombarda e conosce Alessandro Manzoni, di cui diventerà buon amico. Nel 1822 ottiene una cattedra di supplenza all’Accademia di Brera a Milano: si trasferirà definitivamente in città l’anno seguente. Risale al 1823 uno dei suoi principali capolavori, l’Ultimo bacio tra Romeo e Giulietta. Nel 1831 viene nominato socio corrispondente dell’Accademia di Belle Arti di Napoli mentre cinque anni dopo, nel 1836, soggiorna a Vienna dove viene ricevuto dal cancelliere Klemens von Metternich, che lo introduce all’imperatore Ferdinando I. Nel 1840 compie un nuovo soggiorno a Napoli dove lavora per il principe di Sant’Antimo (in occasione del suo secondo soggiorno nel 1844 dipingerà il ritratto della principessa di Sant’Antimo). Rientrato a Milano, nel 1841 esegue una delle sue opere più famose: il Ritratto di Alessandro Manzoni.
L’artista continua a mietere numerosi successi e a essere uno degli artisti preferiti della ricca committenza milanese, ma il suo nome è ben noto anche fuori dai confini del Lombardo-Veneto, tanto che nel 1849 riceve l’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, alta onorificenza assegnata da casa Savoia. Nel 1850 viene nominato professore di pittura all’Accademia di Brera e nel 1852 torna a Vienna dove consegna il ritratto all’imperatore, ricevendo da quest’ultimo l’onorificenza della Corona di Ferro. L’anno seguente torna nella sua città natale e poi in Piemonte. Dopo aver eseguito altri importanti lavori, nel 1859 dipinge la prima versione del famoso Bacio. Nel 1860 diventa ordinario dell’Accademia di Belle Arti di Bologna e nello stesso anno assume la direzione dell’Accademia di Brera diventandone Presidente: l’incarico gli viene affidato da Massimo d’Azeglio e durerà fino all’anno successivo. Nel 1863 dona un suo autoritratto alla Galleria degli Uffizi. Nel 1869 si spegne la moglie Vincenza e Francesco Hayez entra poco dopo in una fase di declino: negli anni Settanta si affievolisce la sua produzione artistica. Nel 1875 farà un nuovo viaggio a Napoli e prima di tornare a Milano si soffermerà a Roma, a Pisa e a Genova. Gli ultimi anni trascorrono senza lavori di rilievo e l’artista muore a Milano il 21 dicembre del 1882.
Francesco Hayez, Il Bacio (1859; olio su tela, 112 x 88 cm; Milano, Pinacoteca di Brera) |
Francesco Hayez, L’ultimo bacio dato da Giulietta a Romeo (1823; olio su tela, 291 x 201,8 cm; Tremezzina, Villa Carlotta, Museo e Giardino Botanico) |
I primi dipinti di Hayez sono opere di stretta osservanza neoclassica. Tra i dipinti giovanili occorre citare per esempio il Laocoonte, col quale l’artista riuscì a vincere il Gran Premio di Pittura organizzato dall’Accademia di Brera a parimerito con Antonio De Antoni, allievo di Andrea Appiani (Milano, 1754 - Milano, 1817), mentre Hayez era appoggiato da Canova e anche da Leopoldo Cicognara. Proprio Canova e Cicognara avevano spinto Hayez a partecipare al concorso (è Hayez che lo racconta nelle sue memorie). Il Laocoonte propone un tema molto frequentato nell’arte classica: protagonista del racconto è l’eroe troiano che, dopo l’arrivo del Cavallo di Troia in città, ammonì i suoi concittadini esortandoli a non fidarsi del cavallo, pronunciando la famosa frase “Timeo Danaos et dona ferentes” cioè “Temo i greci anche quando portano i doni”, e per punirlo gli dèi che parteggiavano per i greci mandarono due enormi serpenti che uscirono dal mare e avvinghiarono a morte Laocoonte e i suoi figli: nel dipinto si osservano i due rettili che stringono Laocoonte e i figli accanto a lui (uno dei quali è già a terra esanime). Hayez risolve il tema con una composizione molto misurata, con un dramma composto tipicamente neoclassico. Altro importante dipinto giovanile, del 1814, è il Rinaldo e Armida (scopri di più sull’amore nell’opera di Hayez): si tratta della prima opera di Hayez in cui compare un nudo femminile (i nudi femminili saranno molto ricorrenti nella sua arte), e in questo caso si tratta di un nudo di evidente derivazione canoviana, molto delicato: è ancora una composizione misurata e bilanciata, con i due amanti che quasi non ispirano erotismo nonostante il tema potesse portare il pittore a creare una rappresentazione dalla grande carica erotica (di cui poi saprà dar prova in certi suoi disegni: il disegno, peraltro, fu un mezzo molto adoperato da Hayez, e sulla nostra rivista è possibile leggere un approfondimento su questo tema).
La svolta romantica di Hayez si verifica con un dipinto del 1820, Pietro Rossi a Pontremoli: il protagonista del dipinto, Pietro Rossi, era un condottiero di origini parmigiane che nel Trecento cercò di difendere Pontremoli dall’assedio degli Scaligeri che stavano tentando di espandere i loro domini ed erano riusciti a impossessarsi di quasi tutti i domini di Pietro. Mentre difendeva Pontremoli, un messaggero della Repubblica di Venezia lo raggiunse e gli portò il messaggio del senato veneziano, che gli chiedeva di assumere il comando dell’esercito della Serenissima per sconfiggere il comune nemico veronese, con la promessa di rientrare in possesso di Parma in caso di vittoria. Il condottiero è raffigurato in armatura e in piedi, al centro della scena, con il messo di Venezia al suo fianco, e con la sua famiglia, la moglie e le figlie che inginocchiate lo implorano e gli chiedono di non partire. Tuttavia, il protagonista, posto dinnanzi alla scelta tra la famiglia e il dovere verso la patria, si risolve per quest’ultimo. Il dipinto presenta diversi punti di rottura con la tradizione neoclassica: innanzitutto il fatto che il quadro sia di ambientazione medievale e non classica, il fatto che il dipinto miri a suscitare emozioni nell’osservatore (anche attraverso l’utilizzo di una gamma cromatica piuttosto cupa), nonché la veridicità della composizione e della narrazione storica. Il messaggio di questo dipinto è ben chiaro: Pietro Rossi è visto come un eroe che antepone la patria alla famiglia, che combatte contro il nemico straniero, lottando contro fino all’ultimo per liberarsene: tutti temi di grande attualità nel momento in cui il dipinto fu realizzato. Il dipinto fu esposto per la prima volta a Milano nel 1820 e suscitò un certo scalpore, proprio in virtù della sua novità. Dello stesso tenore sono i Vespri siciliani: altro dipinto ambientato nel Medioevo (nel 1282, per l’esattezza), seppur raffigurato con accenti ancora neoclassici, e con ulteriori richiami di attualità, legati ai moti del 1821 che scoppiarono anche in Sicilia.
Hayez creò anche opere ispirate a fatti contemporanei: tra queste, I profughi di Parga del 1831, ispirato a un poemetto di Giovanni Berchet, pubblicato nel 1823 e che racconta di una città greca, Parga, che finì sotto i turchi nonostante gli abitanti avessero lottato fino alla fine per salvare la patria. Con la sua pittura, Hayez si poneva l’obiettivo di rappresentare il vero storico, come egli stesso ebbe a scrivere nelle sue memorie: a suoa vviso, il compito del pittore è la “ricerca del bello nel vero”, e “l’artista deve tremare davanti al vero”, anche se l’immagine del quadro deve essere formata nella fantasia.
Infine, quanto alla ritrattistica di Hayez, è possibile citare alcuni importanti ritratti come quelli di Alessandro Manzoni, Cavour e Massimo D’Azeglio, che dànno anche idea di quanto il pittore veneto fosse tenuto in considerazione dai personaggi di spicco dell’epoca. Il primo fu realizzato nel 1841: stando a quello che riportò lo stesso pittore, il ritratto fu realizzato in una villa di proprietà dei conti Stampa a Lesa, sul lago Maggiore, località dove Manzoni soggiornò diverse volte in estate a partire dal 1839. La notizia è confermata anche da Giacomo Beccaria, cugino di Manzoni, che scrisse che il letterato gli mostrò il suo ritratto eseguito da Hayez in occasione di un loro incontro. Molti esponenti dell’aristocrazia milanese furono ritratti da Francesco Hayez, e il ritratto di Alessandro Manzoni non è che un esempio di questa copiosa produzione. Per quanto riguarda il ritratto di Cavour, si tratta di un’opera che risale al 1864 e che gli fu commissionata dal consiglio dell’Accademia di Brera. È un ritratto postumo, perché Cavour morì nel 1861 a pochissimi mesi di distanza dalla proclamazione dell’Unità d’Italia, che avvenne il 17 marzo del 1861. Il ritratto fu quindi eseguito a partire da una maschera di gesso, al contrario del ritratto di Manzoni che invece fu eseguito dal vero. Infine il ritratto di Massimo d’Azeglio, del 1860, è conservato alla Pinacoteca di Brera ed è stato eseguito prendendo spunto da una fotografia. Quello che accomuna tutti questi ritratti è la grande precisione, l’alta fedeltà, l’elevato realismo che fecero riportare ad Hayez grandi successi di critica e grandi lodi da parte della committenze. Sono numerosi anche i ritratti femminili di Hayez, come quello della principessa di Sant’Antimo, di datazione incerta ma risalente agli anni Quaranta, e quello di Antonietta Negroni Prati Morosini: in questi dipinti occorre notare in particolar modo la delicatezza con cui vengono raffigurati i volti delle donne ritratte e la grande attenzione e cura per il dettaglio che Hayez dedica alla raffigurazione del loro abbigliamento.
Francesco Hayez, Rinaldo e Armida (1812-1813; olio su tela, 198 x 295 cm; Venezia, Galleria dell’Accademia) |
Francesco Hayez, Ritratto di Alessandro Manzoni (1841; olio su tela, 120 x 92,5 cm; Milano, Pinacoteca di Brera) |
Le opere di Francesco Hayez sono conservate in diversi musei in tutta Italia. Le più famose si trovano alla Pinacoteca di Brera di Milano, che conserva il Laocoonte, una delle tre versioni de Il Bacio, il ritratto di Alessandro Manzoni e altri dipinti importanti. Sempre a Milano si trovano opere di Hayez alla GAM, come il ritratto di Antonietta Negri Prati Morosini e la Maddalena penitente. Altre opere si trovano a Roma, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, e poi ancora al Museo di San Martino a Napoli, alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze.
L’Ultimo bacio tra Romeo e Giulietta si trova invece a Tremezzo, a Villa Carlotta, mentre la famosa Meditazione è conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Verona, e al Mart di Rovereto è possibile ammirare la famosissima Venere che scherza con due colombe, il famoso ritratto di Carlotta Chabert (leggi qui un approfondimento su questo dipinto). Ancora, per vedere opere di Hayez si possono visitare l’Accademia Carrara di Bergamo, il Museo Correr di Venezia, il Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli, il Poldi Pezzoli di Milano e diversi altri istituti che conservano importanti raccolte di arte dell’Ottocento.
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