“Pittore singularissimo”, lo definì Giorgio Vasari, e Antonio Allegri , meglio noto come il Correggio (Correggio, 1489 circa - 1534) dalla cittadina dove nacque nel 1489, è uno dei pittori più singolari della storia dell’arte. L’artista cominciò la sua carriera osservando gli esiti della pittura di Andrea Mantegna (Isola di Carturo, 1431 - Mantova, 1506), da cui derivò il segno aspro (che diventerà poi morbido e delicatissimo grazie all’incontro con Leonardo da Vinci e Raffaello) nonché l’illusionismo prospettico, e seppe rielaborare le diverse fonti dalle quali trasse suggestioni per ricavarne uno stile molto originale e innovativo, che ha reso il Correggio uno dei geni della pittura, non solo del Cinquecento. Con i suoi spettacolari affreschi (leggi qui un approfondimento sulla naturalezza delle opere del Correggio) è stato fonte di ispirazione per gli artisti barocchi, i suoi dipinti a tema religioso sono tra i più intimi ed eleganti di sempre, e quelli a tema mitologico lo hanno fatto diventare un maestro dell’erotismo, con soggetti sempre affrontati con grande raffinatezza.
La sua formazione ebbe inizio nella bottega dello zio Lorenzo Allegri, modesto pittore locale da cui probabilmente apprese i primi rudimenti. Alcune biografie lo vogliono allievo di un certo Antonio Bartolotti, altro artista di Correggio sempre di modesta entità, però il vero artista che ebbe su di lui un impatto fondamentale fu Andrea Mantegna: Antonio Allegri fu a Mantova a partire, all’incirca, dal 1503, anche se non abbiamo certezze sulle date. Qui ebbe modo di conoscere il grande pittore veneto e probabilmente fu anche un suo allievo. Quel che è certo è che a Mantova il Correggio ebbe contatti con il figlio di Mantegna, Francesco, il che gli permise di condurre studi approfonditi sulle opere del grande artista, che segnarono in modo inequivocabile le prime fasi della carriera di Antonio Allegri. È poi lecito pensare che Correggio sia venuto a contatto con l’arte di Leonardo da Vinci (Vinci, 1452 - Amboise, 1519) proprio a Mantova: il grande artista toscano, infatti, soggiornò a Mantova, alla corte dei Gonzaga, sul finire del Quattrocento, e l’arte di Leonardo fu fondamentale per Antonio Allegri, che sulla scorta dei risultati dell’arte leonardiana ebbe l’opportunità di rivisitare in maniera radicale il suo modo di fare pittura, accostandosi, a partire dagli anni Dieci del Cinquecento, allo sfumato leonardesco e diventandone uno dei grandi interpreti.
Il Correggio è stato un artista fortemente innovativo: ha proposto nuove soluzioni, ha saputo fondere motivi derivanti da diverse fonti per dare vita a uno stile originale che è stato preso a modello da molti artisti, primo tra tutti il Parmigianino che veniva dalle stesse terre del Correggio e per il quale Antonio Allegri fu una figura imprescindibile. Diversi artisti guardarono al Correggio traendone trassero elementi utili per la propria arte: tra i più grandi basti citare Federico Barocci, Guido Reni, Luca Cambiaso, Federico Zuccari, Giovanni Lanfranco, Carlo Maratta, il Cigoli, Carlo Cignani. A distanza di decenni e di secoli le opere del Correggio continuavano dunque a essere studiate, copiate, prese a modello, ammirate.
Correggio, Danae (1531-1532 circa; olio su tela, 161 x 193 cm; Roma, Galleria Borghese) |
Antonio Allegri nasce nel 1489 circa a Correggio da Pellegrino, commerciante, e Bernardina Piazzoli. Probabilmente attorno al 1500 inizia ad apprendere i primi rudimenti di pittura dallo zio Lorenzo, pittore di modesta importanza. Successivamente è a Modena, forse nel 1503, e qui studia con il pittore Francesco Bianchi Ferrari. Attorno al 1504 si reca a Mantova (non si conosce tuttavia l’anno esatto) dove apprende la pittura di Andrea Mantegna. Viene tradizionalmente fatto risalire al 1507 quest’anno l’esordio di Antonio, nella cappella funeraria del Mantegna: il grande pittore veneto era scomparso l’anno precedente. Nel 1511 l’artista è certamente a Mantova dove ha contatti con Francesco Mantegna, figlio di Andrea. Inizia a dipingere l’affresco del refettorio del monastero di Polirone a San Benedetto Po, poco lontano da Mantova, attorno al 1513 (leggi qui un approfondimento sul monastero di Polirone). Nella sua città natale, nel 1514, gli viene commissionata la Madonna di San Francesco.
Attorno al 1515 compie forse un viaggio a Roma, dove ha l’occasione di vedere le opere di Raffaello Sanzio e Michelangelo Buonarroti. Nel 1518 è chiamato a Parma da Giovanna da Piacenza, badessa del monastero di San Paolo: l’artista riceve l’incarico di decorare la Camera della Badessa. Nel 1520 sposa Girolama Merlini de’ Braghetis e nello stesso anno gli viene commissionata la realizzazione della decorazione ad affresco della cupola di San Giovanni Evangelista a Parma (leggi qui un approfondimento), che sarà terminata nel 1523. Nel 1521 nasce il primo figlio, Pomponio, che diventerà pittore. Nel 1522 l’artista inizia a dipingere l’Adorazione dei Pastori nota anche come La Notte (leggi qui un approfondimento sulle notti del Correggio). A seguito della fama ottenuta per la cupola di San Giovanni Evangelista, ottiene il prestigioso incarico di decorare ad affresco la cupola del Duomo di Parma: il tema è l’Assunzione della Vergine e l’opera sarà completata nel 1530.
Nel 1524 nasce la figlia Francesca Letizia e nello stesso anno Antonio si trasferisce a Parma. La terzogenita, Caterina Lucrezia, nasce nel 1526, mentre l’anno seguente Girolama darà alla luce Anna Geria, quarta figlia. Nel 1527 Antonio Allegri inizia a dipingere L’Educazione di Cupido e Venere e Amore spiati da un satiro, le sue prime opere mobili a soggetto mitologico. Nel 1528 dipige la Madonna col Bambino e santi meglio nota come Il Giorno. e nel 1530, su commissione di Isabella d’Este, esegue due dipinti, l’Allegoria della virtù e l’Allegoria del vizio. Nello stesso anno il duca Federico II Gonzaga gli commissiona il ciclo degli amori di Giove. L’artista scompare improvvisamente a Correggio il 5 marzo del 1534.
Correggio, Volta della Camera di San Paolo (1518-1519; affreschi; Parma, Camera di San Paolo) |
Correggio, Assunzione della Vergine (1522-1530; affreschi; Parma, Duomo) |
Correggio, Giove e Io (1531-1532; olio su tela, 163 x 74 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum) |
Tra le prime opere del Correggio si possono menzionare due tondi conservati al Museo Diocesano di Mantova, provenienti dalla Basilica di Sant’Andrea: sono una Deposizione e una Sacra Famiglia con san Giovannino e santa Elisabetta, sono affreschi staccati che si trovavano proprio nella basilica e nonostante le condizioni in cui ci sono giunti è possibile leggervi i modi mantegneschi tipici della prima parte della carriera del Correggio. È possibile poi citare un ulteriore affresco staccato, una Madonna col Bambino assieme ai santi Francesco e Quirino che si trova alla Galleria Estense di Modena, ed è un’opera che ha un’iscrizione che reca la data 1511, anche se non è dato sapere quando esattamente il dipinto sia stato realizzato. Non sappiamo neppure per chi sia stato realizzato, ma data la presenza di San Quirino, che è il santo patrono della città di Correggio, è ovvio pensare che sia stato realizzato nella città natale, forse proprio per la chiesa dedicata al santo (che peraltro, nel dipinto, regge un modello della città di Correggio da offrire per ottenere dalla Madonna di fianco a lui protezione sulla città). È un dipinto con colori e tratti che ancora richiamano Mantegna, così come richiamano Mantegna anche i lineamenti dei personaggi. L’avvicinamento a Leonardo da Vinci comincia a manifestarsi a partire dagli anni Dieci e la prima opera da cui è possibile desumerlo è una Natività con santa Elisabetta e san Giovannino in adorazione di Gesù Bambino, opera del 1512 circa che si trova alla Pinacoteca di Brera, a Milano. Lo schema è ancora legato a stilemi mantegneschi, ma adesso l’artista cerca d’innestare su questo impianto mantegnesco anche la prospettiva aerea leonardesca, da riscontrare soprattutto nel paesaggio sullo sfondo, con un’atmosfera cupa e colline che rimandano alle soluzioni leonardiane. Altro artista cui il Correggio guardò, soprattutto per la rappresentazione dei personaggi, è Lorenzo Costa (Ferrara, 1460 – Mantova, 1535). Sempre a Milano, ma al Castello Sforzesco, è conservata un’opera che si può datare a un periodo compreso tra il 1514 e il 1517, e si tratta di una delle più leonardesche di questa fase: si tratta di una Madonna col Bambino e san Giovannino (nota anche come Madonna Bolognini) che riprende le strutture piramidali tipiche di Leonardo in questo genere di opere, inoltre la prospettiva aerea di cui il Correggio fa uso nell’opera è del tutto mutuata dall’arte di Leonardo da Vinci. Adesso nell’opera di Correggio compare anche lo sfumato, e lo si nota soprattutto nel volto della Madonna, mentre permane ancora la delicatezza tipica del pittore che si osservano le espressioni dei due bambini, Gesù e san Giovannino.
Il Correggio, come anticipato, fu un grande innovatore nelle grandi decorazioni ad affresco. La disamina può cominciare dalla decorazione della Camera della Badessa, eseguita tra il 1518 e il 1519 nel Convento di San Paolo a Parma, tanto da esser nota anche come “Camera di San Paolo” (la decorazione fu commissionata dalla badessa del convento, Giovanna da Piacenza, e si trattava di un ambiente adibito a varie funzioni, tra cui anche funzioni di ricevimento e amministrazione nonché di ritrovo di umanisti e letterati che frequentavano il monastero). Correggio realizza una spettacolare decorazione illusionistica, con spunti tratti dalla lezione mantegnesca: l’artista crea un finto pergolato diviso in sedici spicchi delimitati da canne, e all’interno di ognuno degli spicchi si apre un ovale su cui si affacciano degli amorini, con il cielo sullo sfondo, mentre alla base di ogni spicchio si vedono lunette realizzate in monocromo che ospitano figure mitologiche. Una camera che ricorda da una parte l’illusionismo della Camera degli Sposi di Mantegna (leggi qui un approfondimento sull’opera) e dall’altra parte anche la Sala delle Asse del Castello Sforzesco di Leonardo da Vinci (leggi qui un approfondimento), per il fatto che la volta ospita motivi vegetali simulando un ambiente all’aperto, con un interessante dialogo tra uomo e natura. Non sappiamo con precisione quali fossero le tematiche dell’affresco ma è possibile immaginare che siano stati ispirati dalla badessa Giovanna, donna di cultura: Roberto Longhi, per esempio, ha proposto di interpretare l’opera come una allegoria della caccia, tema cui rimanderebbe anche la presenza della dea Diana sul camino, mentre secondo Erwin Panofsky il programma iconografico rimanderebbe alle virtù morali della badessa. La Camera rappresenta un importante punto di svolta nello stile del Correggio che si dimostra qui un artista del tutto maturo capace di soluzioni molto originali e innovative, perché nessuno aveva mai prima d’ora realizzato una decorazione che imitasse un ambiente esterno e allo stesso tempo raccontasse una storia colta e raffinata, ideata per essere compresa solo da una stretta cerchia di persone (come soleva accadere al tempo): questi affreschi saranno poi un modello per le Storie di Diana e Atteone del Parmigianino.
Contrariamente alla Camera della Badessa, scarsamente documentata, la decorazione ad affresco della cupola di San Giovanni Evangelista è ben documentata: fu realizzata tra il 1520 e il 1524 e il tema con cui il Correggio la decora è la visione di San Giovanni Evangelista a Patmos. San Giovanni è posto perpendicolarmente a Cristo, e l’innovazione correggesca consiste nella realizzazione della decorazione di una cupola che si presta a diversi punti di vista senza averne uno privilegiato: i fedeli, dal loro punto di vista, osservano davanti a loro la figura di Cristo in tutta la sua maestosità mentre invece gli officianti avevamo davanti a loro la figura di san Giovanni (san Giovanni doveva essere una esempio per i religiosi). Il Correggio adopera qui un forte sottinsù per creare un effetto illusionistico potente e spettacolare, riuscendo a dar vita a uno dei capolavori più originali di tutto il Cinquecento. In questo caso le suggestioni sono da ricercarsi ancora in Mantegna per l’illusionismo e in Raffaello per le figure di Cristo e degli Apostoli.
La cupola di San Giovanni fu forse l’opera che diede più fama al Correggio che, sempre a Parma, ricevette nel 1522 l’incarico di decorare la cupola del Duomo, incarico prestigioso che l’artista realizzò tra il 1526 e il 1530 circa. Il tema è l’Assunzione della Vergine: il pittore lo sviluppò in modo molto originale precorrendo l’arte barocca, poiché tutte le figure di santi, beati e personaggi della Bibbia si dispongono sulle nuvole seguendo un movimento a spirale verso il centro, dove si vede l’abbagliante luce dorata di Cristo che sopraggiunge per incontrare la Madonna. La rivoluzione correggesca si ha nella completa eliminazione delle architetture, come in San Giovanni (decorazioni simili all’epoca di Correggio erano sempre collocate entro rigorose architetture). La difficoltà nel comprendere l’opera sia per quel che riguarda gli innovativi aspetti stilistici sia per quanto invece riguarda la sua leggibilità, attirarono moltissime critiche sul Correggio: all’epoca la sua opera non fu particolarmente amata. Si trattava infatti di un’opera molto moderna e davvero in anticipo sui tempi. Celebre è l’aneddoto della difesa di Tiziano, al quale la tradizione attribuisce il celebre pensiero secondo il quale, se i parmigiani avessero rovesciato la cupola e l’avessero riempita d’oro, non l’avrebbero mai pagata abbastanza. La fortuna critica di questo lavoro poi seguì fasi alterne nel corso dei secoli: oggi, il valore di quest’opera è chiaro, riconosciuto e indiscusso. Non è ovviamente possibile considerare Correggio un artista barocco, perché quest’opera non nasce con l’intento di meravigliare l’osservatore, inoltre manca a Correggio l’imponente apparato scenografico che sarà proprio dei pittori barocchi. Al pittore emiliano va comunque il merito di aver avuto, grazie alla sua fantasia e al suo ingegno, diverse intuizioni che anticiparono l’arte barocca.
Infine, è possibile un affondo nell’arte erotica nella quale il Correggio eccelse. È possibile in tal senso citare il ciclo degli amori di Giove: quattro opere tra le più intense di tutta la produzione di Antonio Allegri, dipinte per conto del duca Federico II Gonzaga che gliele commissionò nel 1530, ma furono realizzate a partire dal 1531 e negli anni successivi. Le opere sono Leda e il cigno (Staatliche Museen di Berlino), Danae (Galleria Borghese), Giove e Io e il Ratto di Ganimede (queste ultime entrambe al Kunsthistorisches Museum di Vienna). Prendendo a esempio Giove e Io, opera del 1531-32 circa, ci si trova dinnanzi a un’opera molto coinvolgente, raffinata e sensuale: Io, la ninfa amata da Giove, è rappresentata di schiena, secondo uno schema innovativo per il tempo ma ripreso da opere antiche (per esempio l’Ara Grimani conservata a Venezia che raffigura l’unione tra Amore e Psiche). La ninfa è completamente nuda, e Giove, che prende le forme di una nuvola, la sta abbracciando per unirsi a lei: Io ha il capo reclinato e gli occhi chiusi, in modo molto naturale (il naturalismo è un’altra delle caratteristiche principali del ciclo degli amori di Giov) e si sta abbandonando a Giove. Occorre notare come l’amplesso non sia rappresentato con dovizia di particolari: Correggio preferisce lasciar libera l’immaginazione dell’osservatore, offrendo dunque ulteriore dimostrazione della raffinatezza della sua composizione. Nonostante il tema (gli amori di Giove erano visti spesso con accezione negativa), la storia viene raccontata con vena poetica, offrendo al riguardante una delle scene amorose più emozionanti di tutta la storia dell’arte.
Correggio, Deposizione (1509-1511 circa; affresco staccato, 150 x 150 cm; Mantova, Museo Diocesano) |
Correggio, Madonna col Bambino tra i santi Quirino e Francesco (1505 circa; affresco staccato, 94,5 x 111,5 cm; Modena, Galleria Estense) |
Gli affreschi della cupola di San Giovanni a Parma |
Volendo cominciare la conoscenza del Correggio si può partire dalla sua città natale, dove il Museo Civico “Il Correggio” conserva una Pietà giovanile, un Volto di Cristo e un disegno e offre interessanti approfondimenti su tutta la sua carriera. Impossibile non visitare Parma e in particolare la Galleria Nazionale al Complesso della Pilotta (dove si trovano l’Incoronazione della Vergine, la Madonna della scala, l’Annunciazione, il Giorno e la Madonna della scodella), la Camera della Badessa, il Duomo e la chiesa di San Giovanni. Tra Mantova e Modena è invece possibile vedere alcune opere giovanili: gli affreschi della cappella funeraria di Andrea Mantegna (a Mantova, Basilica di Sant’Andrea), i tondi del Museo Diocesano di Mantova, la Madonna col Bambino tra i santi Quirino e Francesco alla Galleria Estense di Modena, dov’è conservata anche la Madonna Campori, leggermente più tarda. A Milano, la Pinacoteca di Brera conserva la Natività con i santi Elisabetta e Giovannino e l’Adorazione dei Magi, mentre al Castello Sforzesco si ammirano la Madonna Bolognini e il Ritratto d’uomo con libro. Opere di Correggio sono anche al Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli (la Zingarella, il Sant’Antonio Abate), agli Uffizi (il Riposo durante la fuga in Egitto) e alla Galleria Borghese di Roma (la Danae).
Per quanto riguarda i musei stranieri, conservano opere di Correggio, tra gli altri, la Gemäldegalerie di Dresda (la Madonna di San Francesco, la Madonna di San Sebastiano, la Notte), il Kunsthistorisches Museum di Vienna (una giovanile Madonna col Bambino, il Ratto di Ganimede, Giove e Io), la National Gallery di Londra (il Commiato di Cristo dalla madre, la Madonna della cesta, l’Educazione di Cupido), l’Hermitage (dove si trova un celeberrimo Ritratto di dama: leggi qui un approfondimento), il Louvre (il Matrimonio mistico di santa Caterina d’Alessandria alla presenza di san Sebastiano, Venere e Amore spiati da un satiro), gli Staatliche Museen di Berlino (Leda e il cigno).
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