La fine della signoria di Lorenzo il Magnifico, con la scomparsa nel 1492 del signore di fatto di Firenze, portò notevoli mutamenti sulla scena politica e culturale della città. A Lorenzo succedette la debole figura del figlio primogenito di Lorenzo, Piero de’ Medici. Questi, nel 1494, l’anno della discesa in Italia di Carlo VIII di Francia che avrebbe dato il via alla stagione delle cosiddette guerre d’Italia, non si oppose all’ingresso del re di Francia a Firenze. Fu questo il pretesto che fece scattare la scintilla: i partiti anti-medicei, che trovavano la loro principale figura di riferimento nel frate ferrarese Girolamo Savonarola, priore del convento di San Marco, riuscirono a cacciare Piero de’ Medici da Firenze e a instaurare nuovamente una repubblica.
La figura del domenicano Girolamo Savonarola, determinò profondi sconvolgimenti nella realtà fiorentina del tempo. Savonarola infatti, fin dal tempo di Lorenzo il Magnifico (con cui ebbe aperti scontri), portò avanti le sue accesissime prediche dai toni apocalittici, nelle quali si scagliava contro la vanità, i vizi e i costumi corrotti del tempo per predicare uno stile di vita più rigoroso e severo, nonché più vicino a una rigida morale religiosa. Con questi presupposti, quando Savonarola diventò di fatto il capo della Repubblica rifondata dai partiti anti-medicei, instaurò un regime teocratico che doveva avere l’obiettivo di rendere Firenze un faro della cristianità. Per questo le sue prediche provocarono un clima di forte misticismo: al lusso e alle feste che avevano caratterizzato la Firenze medicea, si sostituirono il rigore religioso e i roghi pubblici di oggetti considerati vani, mondani e contrari al dettato cristiano (i famosi falò delle vanità).
Le prediche di Savonarola presto si rivolsero anche contro la Chiesa di Roma e lo Stato Pontificio: Roma, al tempo guidata dal papa Alessandro VI, era vista come un ricettacolo di vizî che trovavano la loro personificazione proprio nella figura del pontefice. Alessandro VI dapprima ammonì Savonarola e quindi, nel 1497, lanciò sul frate ferrarese la scomunica oltre all’accusa di eresia, spinto anche dall’aristocrazia fiorentina che non vedeva di buon occhio il frate. Nel frattempo Savonarola stava perdendo sempre più consenso in città: questo soprattutto grazie all’opera di discredito portata avanti dai principali nemici dei piagnoni, ossia i seguaci di Savonarola, vale a dire il partito dei compagnacci, ovvero coloro che erano contrari al rigore imposto da Savonarola, gli arrabbiati, partito composto dall’aristocrazia fiorentina nemica dei Medici ma desiderosa comunque di porre fine alla teocrazia savonaroliana, e infine anche i palleschi, ovvero i filo-medicei che, da fuori Firenze, stavano preparando il rientro dei Medici in città.
La situazione, per Savonarola, precipitò nel 1498: perso ogni appoggio, a seguito di diversi tumulti scoppiati in città, Savonarola fu catturato, subì un processo-farsa che lo accusava di essere eretico, fu torturato e quindi giustiziato mediante impiccagione, e il suo corpo alla fine fu bruciato sul rogo in Piazza della Signoria. I Medici comunque non riuscirono a rientrare in città, e lo Stato fiorentino continuò nella sua forma repubblicana fino al 1512 sotto la guida di Pier Soderini che fu eletto gonfaloniere (dal 1502 a vita).
Questo periodo di lotte e di crisi di valori fu avvertito anche dagli artisti che operavano nella Firenze del tempo. Il primo a farne le spese fu Sandro Botticelli (Firenze, 1445 - 1510), che fu profondamente colpito dalle accese prediche di Girolamo Savonarola: abbandonata la filosofia neoplatonica, si diede a un’arte quasi visionaria, caratterizzata da un fortissimo misticismo (Natività mistica, 1501, Londra, National Gallery). Si trattava di un’arte che lo portò a rifiutare anche la spazialità conquistata dal Rinascimento. La crisi mistica di Botticelli arrivò al punto tale da fargli terminare anzitempo la sua carriera di artista, tanto che non si registrano opere da lui eseguite negli otto anni che precedettero la sua scomparsa avvenuta nel 1510.
In un periodo storico così complesso, in cui gli equilibri in Italia si erano completamente rotti, anche l’arte iniziò a farsi più inquieta e cominciò ad abbandonare le conquiste del primo Rinascimento, soprattutto in termini di ordine e armonia. Un altro artista che incarnò profondamente lo spirito di questi anni fu Filippino Lippi (Prato, 1457 - Firenze, 1504). Figlio del grande pittore del primo Rinascimento, Filippo Lippi, e allievo nonché amico di Sandro Botticelli, Filippino Lippi partì dal linearismo di Sandro Botticelli rivisitandolo però in senso più nervoso, aspro e quasi espressionista, con pitture dove trovavano spazio dettagli spesso stravaganti (Apparizione della Vergine a san Bernardo, 1484-1485 circa, Firenze, Badia), arrivando a risultati particolarmente visionari e carichi di una inquietudine che spesso si traduce in figure particolarmente cariche ed espressive.
Risultati particolarmente stravaganti furono raggiunti anche dalla pittura di Piero di Cosimo (Firenze, 1462 - 1521), artista eccentrico e dal carattere ricco di risvolti bizzarri: Giorgio Vasari, nelle sue Vite, racconta molte delle stranezze caratteriali di un artista che oggi potremmo definire uno psicolabile. Piero di Cosimo era dotato però di una estrema fantasia, che si riversò nella sua arte permettendogli di creare elementi molto originali, e di un gusto per la descrizione e per la narrazione fuori dal comune, influenzato anche dalla cura per i particolari che gli derivava dalla lettura dell’arte fiamminga. Animato, oltre che da una vasta cultura, anche da un notevole senso del dinamismo ripreso dalle ricerche di Antonio del Pollaiolo, Piero di Cosimo produsse un’arte fortemente anticonformista, in cui il classicismo rinascimentale veniva letto secondo un punto di vista originale e completamente inedito. Esemplari in tal senso sono due cicli di tavole realizzati per altrettante ricche famiglie fiorentine del tempo, il ciclo Pugliese e il ciclo Vespucci, oggi suddivisi tra più musei (per esempio, Vulcano ed Eolo, 1490 circa, Ottawa, National Gallery of Canada) in cui Piero di Cosimo, rivisitando il repertorio della mitologia classica, arrivava a creare una sorta di personale “preistoria” dell’umanità (leggi qui un approfodimento).
Risentì dell’acceso clima mistico della Firenze savonaroliana anche uno dei pittori più promettenti della Firenze medicea, Lorenzo di Credi, che addirittura nel 1497 arrivò a distruggere tutta la sua produzione a soggetto profano (l’unica sua opera profana che sopravvive è una Venere del 1493 conservata agli Uffizi). Artista di estrema precisione, fuse il naturalismo di Verrocchio, del quale fu allievo (e di cui ereditò la bottega) con il linearismo e l’eleganza tipici dello stile di Sandro Botticelli, dimostrando però una certa apertura sia all’arte fiamminga che alle novità di quello che sarebbe stato il Rinascimento maturo (in particolare seppe riprendere alcuni schemi leonardeschi). Tipico esempio del suo modo di fare arte è l’Annunciazione del 1480 circa (Firenze, Uffizi).
Uno degli artisti più importanti di questo periodo fu Luca Signorelli (Cortona, 1445 - 1523): il clima e le inquietudini del tempo sono facilmente ravvisabili nel suo ciclo di affreschi per la cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto, uno dei più grandi capolavori dell’arte italiana di tutti i tempi (leggi qui un approfondimento), con un’Apocalisse dai toni molto concitati e terrificanti, ma non per l’influenza delle prediche di Savonarola. Fu l’esatto contrario: Luca Signorelli iniziò a lavorare a questi affreschi nel 1499, appena un anno dopo che Savonarola fu giustiziato, e il fine del ciclo era atterrire l’osservatore cristiano in modo che si allontanasse dalle eresie e tornasse a venerare la Chiesa di Roma (Orvieto faceva parte dello Stato Pontificio, che aveva condotto in prima linea la lotta contro il frate di Ferrara). Attraverso questa chiave di lettura, è possibile anche identificare in uno degli affreschi, la Predica dell’Anticristo, quasi una trasposizione artistica delle prediche di un Girolamo Savonarola visto in tutti i suoi aspetti negativi. Luca Signorelli si faceva così anticipatore di una tendenza che contraddistinse l’arte religiosa del secolo successivo, ovvero quella volta a semplificare i messaggi delle opere d’arte e allo stesso tempo a coinvolgere in modo forte il fedele.
Ma le novità del linguaggio di Luca Signorelli andarono anche oltre questi aspetti. L’artista cortonese infatti partì dalle conquiste del suo maestro, Piero della Francesca, ma seppe rivisitarle in chiave notevolmente più drammatica: il pittore giunse così a elaborare uno stile particolarmente energico, in cui un ruolo fondamentale era giocato dallo studio dalle anatomie (Flagellazione, 1480 circa, Milano, Pinacoteca di Brera). Uno stile che, nel Cinquecento, avrebbe influenzato anche Michelangelo Buonarroti: con le sue opere, Luca Signorelli anticipava (anzi, probabilmente sanciva) la nascita di quel periodo noto come Rinascimento maturo.
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