Accanto ai pittori di stretta osservanza caravaggesca o classicista, il Seicento vide fiorire diverse personalità che produssero un’arte posta a metà strada tra le due tendenze: si trattava sia di artisti che nascevano caravaggeschi e mitigavano poi le punte estreme della loro arte con atmosfere derivanti dalla pittura classicista, sia di classicisti che desideravano infondere un maggior naturalismo alle loro opere, e ancora artisti che partivano da esperienze diverse e, affascinati sia dal caravaggismo che dal naturalismo, proponevano una soluzione intermedia.
Il più originale e interessante di questi artisti fu il romagnolo Guido Cagnacci (Santarcangelo di Romagna, 1601 - Vienna, 1663), che non ebbe mai un vero maestro ma preferì costruire il suo stile osservando da lontano gli esiti dei più grandi pittori del suo tempo. Partito da una meditazione sulle devote composizioni di Ludovico Carracci, il primo artista da cui fu influenzato, Cagnacci soggiornò da giovane a Roma (durante la sua permanenza nella capitale dello Stato Pontificio abitò assieme al Guercino) e fu affascinato dall’arte dei caravaggeschi. Tuttavia, Cagnacci non guardò direttamente a Caravaggio, ma piuttosto ai primi pittori caravaggeschi attivi nella capitale, come Gentileschi, Borgianni e Serodine: attraverso queste esperienze, Cagnacci riuscì a infondere un vivo naturalismo alle sue opere.
Cagnacci quindi tornò in Emilia e si avvicinò alla pittura di Guido Reni attraverso la quale infuse un maggior lirismo e una maggiore delicatezza alle proprie composizioni, senza però abbandonare quelle basi di sensualità e di neanche troppo velato erotismo che rendono unica e originalissima la pittura cagnaccesca: probabilmente, Cagnacci fu il pittore più raffinatamente sensuale di tutto il Seicento (oltre che tra quelli più liberi, e proprio per la sua libertà il successo non gli arrise ed ebbe una vita piuttosto difficile). Sensualità, naturalismo e dolcezza lirica si fondono magnificamente in uno dei suoi maggiori capolavori, la Maddalena portata in cielo (qui nella versione del 1642-1645, Firenze, Palazzo Pitti: leggi qui un articolo sull’opera).
Simile per certi versi a Guido Cagnacci fu un altro artista “emarginato”, Simone Cantarini (Pesaro, 1612 - Verona, 1648): talento precocissimo (tanto da fingere di essere un pittore alle prime armi quando entrò nella bottega di Guido Reni, sebbene nelle Marche, la sua terra di origine, Simone Cantarini fosse un artista già affermato). Nelle Marche, Cantarini conobbe la pittura di Orazio Gentileschi, da cui ricavò la capacità di descrivere in modo accurato la fisicità dei personaggi e l’attenzione per il naturale, per aggiornare poi il suo stile secondo le delicatezze di Guido Reni.
Rispetto a Guido Cagnacci, Simone Cantarini elaborò un’arte più monumentale (Riposo durante la fuga in Egitto, 1635-1637 circa, Parigi, Louvre) e dagli impianti compositivi più ariosi che orientavano la sua arte verso una poetica più compiutamente barocca e che in certi casi furono anche fonte di ispirazione per Cagnacci. Il suo talento fu troncato dalla scomparsa prematura avvenuta a soli trentasei anni, provocata probabilmente anche dal suo carattere arrogante e violento, dato che alcuni studiosi ipotizzano, pur senza certezze documentarie, che sia stato assassinato da un pittore rivale. Lo stile di Cantarini appare tanto nettamente classicista, tanto che è possibile parlare di classicismo naturalista.
Più marcatamente caravaggesca fu l’arte di un pittore che diffuse la lezione di Michelangelo Merisi in Toscana, ovvero Pietro Paolini (Lucca, 1603 - Roma, 1681), che però fu affascinato soprattutto dall’arte di Bartolomeo Manfredi (come si evince dal Concerto a cinque figure, 1635-1640 circa, Collezione Francesco Micheli). Pietro Paolini, massimo pittore lucchese del Seicento, fu autore di scene profondamente realiste e di interessanti ritratti di popolani , ma anche di opere in cui la meditazione sul classicismo reniano trovava maggiore espressione (leggi qui un approfondimento).
Infine, uno dei massimi esponenti di questo tipo di arte a metà tra naturalismo e classicismo fu il ligure Domenico Fiasella (Sarzana, 1589 - Genova, 1669): Fiasella in particolare iniziò su basi tardomanieriste, ma grazie a un soggiorno a Roma incontrò ben presto sia l’arte dei caravaggeschi (mediata dalla lezione di Orazio Gentileschi), sia quella dei bolognesi (suo principale punto di riferimento fu soprattutto Domenichino). Queste tendenze sono particolarmente evidenti in un suo capolavoro, San Lazzaro chiede alla Madonna la protezione per la città di Sarzana (1616, Sarzana, San Lazzaro: leggi qui un approfondimento sull’opera), dove il classicismo della Madonna fa da contraltare al naturalismo di san Lazzaro. Domenico Fiasella fu probabilmente l’artista che seppe coniungare in forme più armoniose e omogenee le tendenze dell’arte del Seicento. Di sicuro, degli artisti qui presentati, fu quello di maggior successo.
La tua lettura settimanale su tutto il mondo dell'arte
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER