Venezia, concluso il restauro del Polittico della Vergine di Vivarini e Giovanni d'Alemagna


Si è concluso il restauro del Polittico della Vergine, opera di Antonio Vivarini e Giovanni d’Alemagna conservata nella chiesa di San Zaccaria a Venezia. L’Istituto Centrale per il Restauro di Roma ha già ricollocato l’opera al suo posto.

È terminato l’importante intervento di restauro del Polittico della Vergine, opera di Antonio Vivarini (Murano, 1420 - Venezia, 1480 ca.) e di Giovanni d’Alemagna (? - Padova, 1450), eseguito con la collaborazione dell’intagliatore Ludovico da Forlì per la preziosa cornice lignea, realizzato tra il 1440 e il 1443 e collocato nella Cappella di San Tarasio, nella chiesa di San Zaccaria a Venezia. Il restauro si colloca a conclusione di un lungo e complesso intervento dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR), che ha portato al risanamento dell’intero gruppo dei tre preziosi polittici, realizzati secondo un progetto unitario dalla bottega di Antonio Vivarini per la Cappella di San Tarasio.

Il restauro del Polittico della Vergine, che è già stato ricollocato nella Cappella di San Tarasio, porta a compimento un lungo progetto, iniziato nel 2013, che ha portato nell’arco di nove anni l’Istituto Centrale per il Restauro a restaurare integralmente i tre polittici realizzati dalla bottega di Antonio Vivarini per decorare gli altari della Cappella di San Tarasio: dapprima si è intervenuti sul Polittico di Santa Sabina (altare a sinistra), poi su quello del Corpo di Cristo (altare a destra), infine sul Polittico della Vergine (altare centrale). Tutte le attività si sono svolte in costante coordinamento con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna e la Curia Patriarcale di Venezia, con la partecipazione attiva del comitato olandese per Venezia. Il restauro è stato diretto da Giuliano Romalli in collaborazione con Francesca Romana Liserre (per gli aspetti architettonici), ed è stato eseguito da Federica Di Cosimo, Francesca Fumelli, Patrizia Giacomazzi, Serena Sechi, Gloria Tranquilli con la collaborazione di Paola Minoja per la reintegrazione pittorica, mentre le indagini scientifiche sono state svolte da Giulia Galotta, Maria Rita Giuliani, Elisabetta Giani, Mauro Torre, Fabio Aramini, Paolo Scarpitti, Fabio Talarico, Gianfranco Priori e dalle aziende Diagnostica Fabbri di Davide Bussolari e Ars Mensurae di Stefano Ridolfi, con la collaborazione esterna delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Si è occupato del restauro dei supporti lignei Paolo Scarpitti in collaborazione con Roberto Saccuman, mentre la documentazione fotografica è di Angelo Raffaele Rubino, Edoardo Loliva e Claudio Santangelo. 

I tre restauri sono stati condotti secondo modalità analoghe: si è provveduto inizialmente a rimuovere le tavole dipinte da Antonio Vivarini e Giovanni d’Alemagna per restaurarle a Roma in laboratorio, e prima della restituzione si è provveduto invece in loco, tramite affidamento a ditta esterna sotto supervisione dell’ICR, alla manutenzione delle cornici lignee scolpite, dorate e dipinte, opera dell’intagliatore Ludovico da Forlì. In occasione dell’ultimo intervento, quello sul Polittico della Vergine, la manutenzione della cornice lignea è stata realizzata direttamente dall’ICR con la formula del cantiere didattico e la partecipazione degli allievi della Scuola di Alta Formazione, nell’ambito del percorso formativo PFP2. A coronamento di questo primo importante progetto appena concluso, riguardante i polittici della bottega Vivarini, è in fase di preparazione un nuovo intervento conservativo, che interesserà gli affreschi di Andrea del Castagno sulla volta e le decorazioni pittoriche presenti sulle pareti della Cappella.

Il Polittico della Vergine dopo il restauro
Il Polittico della Vergine dopo il restauro
Il Polittico della Vergine prima del restauro
Il Polittico della Vergine prima del restauro
Cappella di San Tarasio: Polittico di Santa Sabina, Polittico della Vergine, Polittico del Corpo di Cristo
Cappella di San Tarasio: Polittico di Santa Sabina, Polittico della Vergine, Polittico del Corpo di Cristo

Il polittico della Vergine

Le cinque tavole recentemente restaurate presso i laboratori ICR di Roma, raffiguranti la Vergine in trono con il bambino, san Marco, santa Elisabetta, san Biagio e san Martino, provengono dal Polittico della Vergine, una delle tre grandi macchine d’altare realizzate nel 1443 dalla bottega di Antonio Vivarini per decorare i tre altari della Cappella di San Tarasio nella chiesa di San Zaccaria. È una grandiosa struttura che all’interno di una complessa cornice lignea dorata, dipinta e arricchita da busti di santi scolpiti in legno, integra sul recto le cinque tavole oggetto del restauro presso il laboratorio ICR, e sul verso un grande armadio-reliquiario, dove sono dipinti, sugli sportelli, i santi dei quali erano conservate le reliquie.

In realtà, solo due delle cinque tavole restaurate nei laboratori ICR appartengono all’originario assetto del polittico Vivarini e sono direttamente riconducibili alla mano del pittore di Murano e del suo socio Giovanni d’Alemagna: sono quelle raffiguranti san Marco e santa Elisabetta, collocate alle due estremità del polittico. Le altre tre tavole, ovvero quelle centrali raffiguranti la Vergine in trono con il bambino, san Biagio e san Martino, provengono da un altro polittico smembrato e sono opera del pittore Stefano “pievano di Sant’Agnese”, come lo stesso artista si firma nella tavola centrale raffigurante la Vergine, datando al contempo l’opera al 1385. Stefano è un artista veneziano legato fondamentalmente alla maniera di Paolo e di Lorenzo Veneziano, ma informato anche sulla maniera di altri pittori rappresentativi della scena veneta del secondo Trecento come il padovano Guariento. A Stefano vengono oggi ricondotte una decina di opere su tavola, in gran parte polittici o tavole erratiche, datate tra il 1369 e il 1385.

La presenza delle tre tavole dipinte da Stefano di Sant’Agnese all’interno del Polittico della Vergine è dovuta ad un restauro ottocentesco, attraverso il quale si operò la sostituzione di 3 tavole originali della bottega Vivarini, evidentemente ammalorate o perdute, con altrettante opere di Stefano recuperate dallo smembrato polittico della Scuola dell’Arte dei Forneri (Fornai) a Santa Maria dell’Orto. Al perduto polittico di Stefano appartiene verosimilmente anche la predella dipinta con sant’Apollinare e Storiette di san Tommaso Beckett, che si trova oggi allocata sulla fronte dell’altare centrale della Cappella di San Tarasio, proprio sotto il Polittico della Vergine.

Polittico della Vergine, Armadio-reliquiario sul retro della struttura
Polittico della Vergine, Armadio-reliquiario sul retro della struttura
Il Polittico di Santa Sabina dopo il restauro
Il Polittico di Santa Sabina dopo il restauro

Il polittico del Corpo di Cristo e il polittico di Santa Sabina

Concepiti secondo un progetto unitario quale corredo del polittico maggiore o della Vergine, e caratterizzati come questo dalla stretta associazione tra la componente figurativa su tavola e la complessa macchina lignea della cornice, anche i due polittici realizzati dalla bottega di Antonio Vivarini per gli altari laterali della Cappella di San Tarasio univano alla destinazione ornamentale una precisa funzionalità.

Il polittico del Corpo di Cristo, collocato sopra l’altare inserito nella nicchia alla destra del vano presbiteriale, era destinato ad accogliere l’ostia consacrata, che veniva sistemata nello sportellino centrale decorato con la rappresentazione dell’Imago Pietatis, ossia del Cristo a mezza figura con il corpo ferito dai segni della Passione. Nel polittico di Santa Sabina, posizionato sull’altare inserito nella nicchia della parete opposta, era invece custodita la preziosa reliquia del sangue di Cristo, che trovava posto nello sportello individuato dalla figura di un Angelo a mezzo busto colto nell’atto di svolgere il cartiglio recante l’iscrizione “Hic est sanguinis Christi”.

Mentre in quest’ultimo polittico la componente figurativa su tavola tende a prevalere, dispiegandosi sui tre grandi pannelli del registro inferiore con le raffinate immagini di san Girolamo, santa Sabina e san Lizerio a figura intera, e sulle sante Margherita e Agata a mezzo busto del livello superiore, nel Polittico del Corpo di Cristo le tavole dipinte si riducono ai soli scomparti laterali dell’ordine inferiore, dove le figure di santi a figura intera compaiono accoppiate; la porzione centrale della grande macchina d’altare, invece, è dominata dal risalto plastico del bassorilievo con le Pie donne sovrastante lo sportello per l’Eucarestia, e soprattutto dallo straordinario gruppo a tutto tondo con il Cristo risorto dal sepolcro, che occupa lo scomparto centrale del registro sommitale. A differenza del Polittico della Vergine, dove le tre tavole centrali sono state sostituite nell’Ottocento da altrettanti dipinti del pittore veneziano Stefano di Sant’Agnese, sia nel Polittico del Corpo di Cristo che in quello di Santa Sabina i pannelli figurativi sono tutti originali e riconducibili alla mano di Antonio Vivarini e di Giovanni d’Alemagna.

Cantiere di restauro, veduta dall'alto
Cantiere di restauro, veduta dall’alto
Riallestimento del Polittico della Vergine
Riallestimento del Polittico della Vergine
Riallestimento del Polittico della Vergine
Riallestimento del Polittico della Vergine

La cappella di San Tarasio

Nota anche come “Cappella d’oro” per la raffinatezza della struttura architettonica e per la ricchezza dell’apparato ornamentale, fu costruita e decorata tra il 1440 e il 1443 su iniziativa della potente badessa Elena Foscari, sorella di Francesco, il doge più longevo nella storia della Repubblica di Venezia. La Cappella andò all’epoca a sostituire l’abside centrale della prima chiesa di San Zaccaria, edificio risalente probabilmente al IX secolo che era stato integralmente ricostruito in età romanica dopo il disastroso incendio del 1105. Ma già a partire dal 1460 la chiesa romanica fu integralmente ricostruita su progetto di Mauro Codussi. L’intervento risparmiò tuttavia la Cappella di San Tarasio, che da quel momento andò a costituire una sorta di ambiente adiacente la nuova abside e accessibile a scopo devozionale.

A decorare la struttura poligonale della cappella gotica eretta tra il 1440 e il 1443 furono chiamati, in quegli anni, alcuni degli artisti più rappresentativi del panorama italiano: al giovane Andrea del Castagno, da poco attivo nel panorama fiorentino, fu affidata l’esecuzione degli affreschi che impreziosiscono le vele della volta e l’arcata absidale, mentre il pittore muranese Antonio Vivarini e il suo socio di origini transalpine Giovanni d’Alemagna, in collaborazione con l’intagliatore Ludovico da Forlì, realizzarono lo straordinario complesso dei tre grandi polittici che andarono a sormontare l’altare maggiore e i due altari laterali della cappella: il Polittico di Santa Sabina sull’altare di sinistra, il Polittico del Corpo di Cristo sull’altare di destra, il Polittico della Vergine sull’altare centrale.

L’imponente complesso decorativo approntato tra il 1440 e il 1443 nella Cappella di San Tarasio celebrava l’importanza della Chiesa di San Zaccaria, che, per il fatto di essere prossima alla Basilica di San Marco e di possedere il più importante patrimonio di reliquie di Venezia, era considerata di fatto una sorta di seconda cappella dogale, meta di processioni e visite che coinvolgevano gli stessi dogi. La maggior parte delle reliquie possedute dalla Chiesa di San Zaccaria erano raccolte proprio nella Cappella di San Tarasio, dove trovavano posto all’interno dell’armadio-reliquiario allestito sul retro del Polittico della Vergine e nei due altari laterali.

Il contesto artistico e culturale

Antonio Vivarini è il capostipite di una celebre bottega di pittori attiva a Murano, nella quale si formarono e lavorarono il fratello Bartolomeo e il figlio Alvise: bottega che per importanza e produzione nel panorama veneziano del Quattrocento veneziano è equiparabile a quella dei Bellini.

Antonio rappresenta uno dei massimi esponenti della pittura tardogotica veneziana nella sua fase finale, quella successiva al passaggio in laguna di Gentile da Fabriano (1410 ca.). Nelle sue opere, soprattutto tavole o complessi di tavole allestite in polittici, le influenze bizantine ancora dominanti nella pittura veneziana del Trecento cedono completamente il passo al raffinato linguaggio tardogotico importato in laguna da Gentile, con ampie aperture verso modi già rinascimentali, grazie anche al contatto che Antonio avrà con Andrea Mantegna, con cui lavorerà alla decorazione ad affresco della Cappella Ovetari nella Chiesa degli Eremitani di Padova.

Per un lungo periodo Antonio Vivarini associò alla sua bottega il tedesco Giovanni d’Alemagna, firmando insieme a lui numerosi polittici, in un rapporto di influenze reciproche che non è stato ancora compiutamente chiarito dalla critica. Dalla bottega di Antonio Vivarini uscirono soprattutto preziosi polittici, destinati alle principali chiese veneziane, ma anche destinati ad ampia fortuna lungo tutta l’area adriatica: diversi polittici Vivarini sono ancora oggi conservati in Puglia. L’attività di Antonio Vivarini, di Giovanni d’Alemagna e della bottega muranese segna di fatto la linea di confine a Venezia tra la pittura tardogotica e quella rinascimentale, che di lì a poco si imporrà con l’attività di Carpaccio, Giovanni Bellini e dei loro contemporanei.


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