Dopo quasi due anni, da sabato 4 dicembre tornerà a essere visibile a tutti i visitatori del complesso monumentale di Santa Croce il Cristo di Cimabue. Dall’inizio della pandemia infatti l’Opera di Santa Croce si era vista costretta, a causa delle misure di sicurezza anti-Covid19, a chiudere la sagrestia, nella quale è custodito dal 2013 il famoso Crocifisso. Tra le opere simbolo di Santa Croce, è divenuta simbolo anche dell’alluvione di Firenze del 1966: il capolavoro era infatti sommerso dall’acqua e imbrattato di fango e venne portato via con mezzi di fortuna. Trasferita alla Limonaia di Boboli, dove si accoglievano in una prima fase i dipinti su tavola alluvionati, la croce fu oggetto di un lungo e innovativo restauro nei laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure alla Fortezza da Basso e, dopo esposizioni in Europa e in America, venne ricollocata nel museo. Nel 2013 il Crocifisso è stato trasferito in posizione molto elevata nella sagrestia, integrandosi perfettamente nell’ambiente. Lo spostamento fa parte del programma di conservazione preventiva contro il rischio alluvionale messo in atto dall’Opera di Santa Croce.
“È sempre emozionante trovarsi davanti a quel Cristo che Paolo VI definì ‘la vittima più illustre dell’alluvione di Firenze’, restituito a Santa Croce e a tutti noi da uno straordinario e innovativo intervento di restauro condotto dall’Opificio delle Pietre Dure”, dichiara Cristina Acidini, presidente dell’Opera di Santa Croce. “La valenza simbolica di quest’opera è forte e il suo messaggio di speranza è ricco di significati anche per il tempo presente”.
Firenze, torna visibile a tutti il Crocifisso di Santa Croce di Cimabue |