Leonardo da Vinci rifletteva sulle leggi della gravità e avrebbe condotto addirittura degli esperimenti fisici sull’accelerazione degli oggetti in caduta. L’ipotesi, che assegnerebbe a Leonardo un ruolo di precursore di Galileo Galilei, è stata formulata da tre studiosi, Morteza Gharib (docente di aeronautica al California Institute of Technology), Chris Roh (docente di ingegneria biologica e ambientale alla Cornell University) e Flavio Noca (docente di aerodinamica alla Scuola di Specializzazione di Scienze Applicate di Ginevra). La teoria è stata formulata in un paper pubblicato su Leonardo, rivista dedicata ai rapporti tra scienza e arte, edita da MIT Press.
“Leonardo ha annotato”, si legge nell’abstract, “che se un vaso che versa acqua si muove in maniera trasversale, imitando la traiettoria di un oggetto che cade verticalmente, genera un triangolo rettangolo (come in ortogonale) con cateti di uguale lunghezza, composto da materiale che cade allineandosi diagonalmente (formando l’ipotenusa) e la traiettoria del vaso che forma uno dei cateti”. Gli studiosi si riferiscono al foglio 143 del Codice Arundel, conservato alla British Library, dove si vede l’illustrazione del vaso da cui cade l’acqua. Sull’ipotenusa Leonardo scrive la frase “Equatione di Moti”, notando l’equivalenza dei due moti ortogonali, uno operato dalla gravità e l’altro prescritto dallo sperimentatore.
Il professor Gharib, primo autore dell’articolo scientifico, ha dichiarato al New York Times di aver appreso degli esperimenti di gravità di Leonardo mentre esaminava una versione online del Codice Arundel. Si tratta di una raccolta di appunti redatti tra il 1478 e il 1518, cioè tra i 26 e i 66 anni. I disegni e i testi che si trovano nel Codice Arundel coprono molti argomenti nel campo dell’arte e della scienza. L’elemento che ha attirato l’attenzione di Gharib è quello che chiama “un triangolo misterioso” vicino alla parte superiore del foglio 143. La sua stranezza risiede nel modo in cui lo schizzo di Leonardo mostra una brocca che versa acqua dal suo beccuccio, disegnata assieme a una serie di cerchi che formavano l’ipotenusa del triangolo rettangolo di cui parla già l’abstract dell’articolo. Gharib ha utilizzato un programma per computer per capovolgere il triangolo e le aree adiacenti di scrittura. Improvvisamente, l’immagine statica è sembrata prendere vita, come ha raccontato lo studioso al quotidiano statunitense: “Potevo vedere il movimento, potrei vederlo mentre versava”. Secondo Gharib questa immagine svelerebbe il precoce esperimento di Leonardo.
Gli effetti della gravità sono generalmente visti come la caduta di qualcosa verso il basso: si ricordano in particolare l’esperimento dei “gravi” che Galileo gettò dalla Torre di Pisa, per non parlare della leggenda della mela di Isaac Newton. Osservando il disegno di Leonardo, il dottor Gharib ritiene di essere riuscito a provare che anche Leonardo aveva condotto esperimenti simili.
Nel disegno, Leonardo annota dove era iniziato il movimento della brocca piena d’acqua, etichettandolo con la lettera maiuscola A. Quindi, per mostrare il materiale in caduta, aggiunge una serie di linee verticali che scendono dalla linea superiore del triangolo, e la serie si allunga via via che si allontana dalla brocca. Questo disegno avrebbe dunque “trasformato la natura nascosta della gravità in incrementi visibili”, si legge nel New York Times. L’esperimento della brocca, ha detto Gharib, ha rivelato che la gravità era una forza costante che si traduceva in un’accelerazione costante, un aumento costante della velocità. Leonardo, consapevole dunque che l’acqua non sarebbe uscita dalla brocca a velocità costante, ma accelerata, sarebbe riuscito a dimostrarlo.
I ricercatori affermano che Leonardo ha scritto nel codice di aver assistito a nuvole in rapido movimento da cui erano caduti chicchi di grandine, che ritengono abbiano ispirato l’esperimento.
Gharib ha affermato che “la parte affascinante” dell’impresa di Leonardo è stata quella di consentirgli di stimare una costante della natura, la costante gravitazionale, rappresentata oggi in fisica dalla lettera G. La costante quantifica l’esatta entità della forza di gravità e quindi quanto velocemente può accelerare un oggetto. E secondo Gharib, Leonardo fu in grado di calcolare la costante gravitazionale con un margine d’errore stimabile, al massimo, nel 10 per cento del valore moderno. “È sbalorditivo”, ha detto lo studioso. “Questa è la bellezza di ciò che fa Leonardo”. Infine, hanno spiegato i ricercatori, Galileo e Newton affrontarono il problema in maniera più complessa perché potevano disporre di strumenti matematici migliori e dispositivi più evoluti per misurare il tempo mentre gli oggetti cadevano. Riconoscono però a Leonardo il ruolo di scienziato pioniere. E Gharib ha detto che molti storici dell’arte hanno esaminato il Codice Arundel, ma lo stesso non si può dire per gli scienziati, dunque gli appunti di Leonardo sono ancora “un libro aperto che non hanno ancora guardato, non hanno passato tempo ad esplorarlo. Ci sono tante altre cose da scoprire”.
Nell’immagine, il foglio 143 del Codice Arundel.
Secondo uno studio americano, Leonardo fece esperimenti sulla gravità. Un secolo prima di Galileo |