Pompei, attribuito a Mantegna un dipinto appena scoperto. Andrà in mostra ai Musei Vaticani


Una Deposizione recentemente scoperta a Pompei è stata attribuita ad Andrea Mantegna. Per i restauratori che hanno lavorato sul dipinto è un’opera autografa. L’opera andrà in mostra ai Musei Vaticani.

C’è un’opera inedita di Andrea Mantegna a Pompei? Per il momento no, ma andiamo con ordine. Sta facendo rumore una scoperta di cui ha dato oggi notizia ufficiale la Prelatura di Pompei: è stata infatti attribuita al grande pittore veneto una Deposizione di Cristo conservata nel Pontificio Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei. L’attribuzione giunge a seguito di una collaborazione tra i Musei Vaticani e il Santuario: l’opera è stata sottoposta ad analisi tecniche e documentarie, e dal prossimo 20 marzo sarà esposta nella Sala XVII della Pinacoteca dei Musei Vaticani nella mostra Il Mantegna di Pompei. Un capolavoro ritrovato. Dopo l’evento romano, la tela farà ritorno a Pompei, trovando collocazione definitiva in una sezione del Museo diocesano.

La vicenda della Deposizione di Cristo di Andrea Mantegna è avvolta da un’aura di mistero. Documentata nel XVI secolo nella basilica di San Domenico Maggiore a Napoli, l’opera era scomparsa dalle fonti storiche, sollevando dubbi sulla sua reale esistenza e sulla possibile attribuzione a Mantegna. Che nella basilica ci fosse un’opera di Mantegna, è storicamente attestato: nel 1524, l’umanista Pietro Summonte scriveva infatti all’amico Marcantonio Michiel che a Napoli c’era “in Santo Dominico una cona [ndr: icona] dove è Nostro Signore levato dalla croce e posto in un lenzolo, di mano del Mantegna”. Non si sa come l’opera sia arrivata a Pompei, perché già nel Cinquecento non si hanno più tracce dell’opera: probabilmente giunse al santuario nell’Ottocento tramite donazione.

Nel 2020, lo storico dell’arte Stefano De Mieri, studioso dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ha trovato l’opera sul portale BeWeB (un database dei beni conservati nelle chiese italiane), pubblicata con un’immagine disponibile online, e ha pensato potesse trattarsi dell’originale. Il dipinto era stato inserito dal Santuario di Pompei nel sito che cataloga i beni culturali ecclesiastici: quella fotografia ha permesso al ricercatore di ricostruire la storia dell’opera e di proporre una sua collocazione all’interno della tradizione mantegnesca.

In particolare, secondo De Mieri, l’opera si trovava in antico nella cappella absidale di San Domenico Maggiore: lo studioso data il dipinto alla fine del Quattrocento, e identifica un possibile committente nel re Federico I di Napoli, che era zio di Isabella d’Este. Tuttavia, come detto, già nel XVI secolo del dipinto non si hanno più notizie: secondo De Mieri, l’opera sarebbe stata danneggiata durante un incendio e avrebbe subito pesanti ridipinture, rimosse poi dal restauro appena condotto.

Dall’intuizione di De Mieri è infatti partita un’indagine su larga scala, coordinata dai Musei Vaticani, che ha visto la partecipazione di esperti di diverse discipline. Alla ricerca e al restauro della tela hanno collaborato anche il Parco Archeologico di Pompei, con il direttore Gabriel Zuchtriegel, e Luigi Gallo, responsabile della Galleria Nazionale delle Marche e della Direzione Regionale Musei delle Marche. L’opera, che si presentava in pessime condizioni di conservazione, è stata sottoposta ad analisi diagnostiche preliminari, guidate dal Gabinetto di Ricerche Scientifiche dei Musei Vaticani sotto la direzione di Fabio Morresi. A queste indagini si è affiancato un lungo e minuzioso restauro, eseguito nei Laboratori dei Musei Vaticani sotto la guida di Francesca Persegati, direttrice del Laboratorio di Restauro Dipinti e Materiali Lignei. I maestri restauratori Lorenza D’Alessandro e Giorgio Capriotti hanno riportato alla luce dettagli iconografici e tecnici che, secondo i ricercatori, rafforzerebbero l’attribuzione a Mantegna. Mancano tuttavia all’appello ancora i pareri degli studiosi di riferimento di Mantegna.

L'opera attribuita a Mantegna
L’opera attribuita a Mantegna

“Le analisi tecniche e documentarie hanno chiarito che l’opera non è una copia, ma un dipinto originale di Mantegna”, secondo Fabrizio Biferali. “La sua iconografia si ricollega a modelli rinascimentali e al classicismo tipico dell’artista, con richiami all’antichità che ne fanno un unicum nella produzione mantegnesca”.

“C’è un nuovo titolo di cui tener conto quando, d’ora in poi, centocinquant’anni dopo l’arrivo del quadro originario, si parlerà della Nuova Pompei di Bartolo Longo”, commenta l’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, nel catalogo scientifico che accompagnerà la mostra, “un titolo semplice e suggestivo: ‘Il Mantegna di Pompei. Un capolavoro ritrovato’. È ancora intorno a un Quadro che Pompei scrive un nuovo capitolo della sua storia. Come per ogni ritrovamento non potevano mancare, alla fonte e nelle fasi successive, i percorsi legati al caso e anche alla fortuna. Ma se dietro ai grandi eventi – e il Mantegna ritrovato di Pompei è anche qualcosa in più – c’è sempre una regia nascosta, qui è agevole vedere in quale modo sia stata illuminata. Come non rilevare che nel dipinto di Mantegna accanto alle figure dolenti, appare un prezioso rosario, con grani di corallo e ciondolo in cristallo di rocca, avvolto nella mano destra della Maddalena? Tutto lascia pensare che il quadro di Mantegna ‘appartenesse’ a Pompei ancor prima della sua scoperta. Nel momento in cui lo accogliamo, in coincidenza con l’Anno giubilare, il Mantegna ritrovato non può che indicare una nuova tappa nel cammino della città e della chiesa di Pompei”.

“Chiamati da Monsignor Caputo a visionare l’opera nel marzo del 2022”, spiega Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani e dei Beni culturali della Santa Sede, “abbiamo immediatamente compreso che sotto gli strati di ridipinture si celava una materia pittorica straordinaria. Il restauro ha rivelato dettagli iconografici e tecnici che confermano l’autografia di Mantegna, restituendo alla storia dell’arte un capolavoro che si pensava perduto”.

Tutto risolto dunque? Siamo in presenza di un nuovo Mantegna autografo? Al momento, non si può dire di sì: malgrado l’autorevolezza dei Musei Vaticani, la comunità scientifica deve ancora esprimersi al riguardo, dal momento che non si registrano ancora i pareri degli specialisti dell’artista.


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