Il Museo di Palazzo Blu a Pisa si arricchisce di un’opera di Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 - Napoli, 1654): è il Cristo e la samaritana al pozzo, del 1636-1637, che è stata acquistata per il museo dalla Fondazione Pisa (prima si trovava in collezione privata). La grande opera (oltre due metri e mezzo di altezza per due di larghezza), che si trova in uno stato di conservazione eccellente, venne dipinta da Artemisia durante il lungo e produttivo soggiorno napoletano: la pittrice risiedette infatti a Napoli dal 1630 fino alla scomparsa.
L’opera è stata identificata nel 2007 da Luciano Arcangeli, ed esposta per la prima volta in occasione della mostra Artemisia Gentileschi. Storia di una passione, curata da Roberto Contini e Francesco Solinas, e tenutasi a Milano, a Palazzo Reale, tra settembre 2011 e gennaio 2012, con replica successiva a Parigi. Secondo Arcangeli si tratta di uno dei “quadri grandi” menzionati da Artemisia Gentileschi in due lettere scritte nell’autunno del 1637 al nobile Cassiano del Pozzo, nelle quali la pittrice voleva proporre per l’acquisto, appunto, i due quadri ai cardinali Francesco e Antonio Barberini, e chiedeva l’intercessione di Cassiano dal Pozzo (Artemisia aveva infatti necessità di soldi perché la figlia doveva sposarsi). In una delle due lettere l’opera acquistata dalla Fondazione Pisa è citata come “la Samaritana col Messia, e’ suoi dodici Apostoli, con paesi lontani e vicini, ec., ornati di molta vaghezza”.
Con tutta probabilità, Artemisia non riuscì a vendere il dipinto dal momento che negli inventari Barberini non è mai citato un suo quadro con un simile soggetto, tuttavia coincide bene con la descrizione fornita nella lettera (vediamo Cristo e la Samaritana, i “paesi lontani e vicini”, e anche i dodici apostoli che escono dalla porta della città, sulla destra). L’identificazione è stata dunque resa possibile dal riscontro con la fonte scritta, oltre che da confronti stilistici con altre opere di Artemisia dello stesso periodo, su tutte la Nascita del Battista dipinta per il Buen Retiro di Madrid, e i dipinti per la cattedrale di Pozzuoli. “È insomma”, ha scritto Arcangeli, “un prodotto, e tra i più alti, del primo periodo napoletano dell’artista, destinato a concludersi nel 1639 con la partenza di Artemisia per l’Inghilterra”, ovvero del periodo in cui la pittrice, “fino ad allora prevalentemente occupata in quadri da stanza o comunque destinati a un collezionismo privato, affronta la pala d’altare (e quindi il linguaggio della devozione pubblica). Probabilmente è questa nuova dimensione, in cui Artemisia forse non si muove completamente a suo agio, che porta l’artista verso soluzioni più composte, composizioni spesso paratattiche, scelte talvolta arcaicizzanti [...] le quali possono spiazzare l’osservatore e giustificare certe riserve a inserire la pittrice tra i protagonisti tout court della ferventissima stagione che dal passaggio di Caravaggio in poi riempie le chiese di Napoli di una straordinaria serie di nuove immagini del sacro”. Il dipinto in questione tuttavia, secondo Arcangeli, esula da questi difetti, poiché “l’effetto potente che esso comunica è incentrato soprattutto sulla formidabile figura femminile, indimenticabile sorella di tante eroine della Gentileschi, come queste caratterizzate da una pesantezza di tratti e di forme, di un pigro espandersi che cela l’energia raffrenata”. Una forza sottolineata dai colori molto studiati, sebbene privi dei preziosismi delle opere del periodo fiorentino, e dalla forma “chiusa e monumentale” della samaritana.
Non sappiamo quali vicende storiche abbiano interessato il quadro, che al momento dell’acquisto da parte della Fondazione Pisa si trovava a Palermo. È probabile che per tutta la sua storia non abbia mai lasciato i territori dell’antico regno di Napoli. Di sicuro fu per un certo periodo nella collezione dei duchi Oneto di Sperlinga, e transitò anche dal palazzo di famiglia, nei pressi di porta Maqueda a Palermo (nell’Ottocento fu però registrato come opera di Luca Giordano: oggi invece non ci sono dubbi sull’autografia).
Dopo l’acquisto da parte della Fondazione, avvenuto nella tarda primavera di quest’anno, il Cristo e la samaritana è stato sottoposto a un accurato intervento di pulizia e restauro condotto da una squadra di restauratori guidati da Cinzia Pasquali, con Elisa Todisco, Elena Burchianti ed Enrico Rossi, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza di Pisa. L’intervento ha svelato “nuove sensazionali scoperte” (così Palazzo Blu in una nota) che ribadiscono ulteriormente l’autografia del dipinto.
La grande tela sarà presentata al pubblico giovedì 17 novembre 22 alle ore 17 nelle sale del museo di Palazzo Blu, con un seminario aperto al pubblico a cui interverranno il presidente della Fondazione Pisa, Stefano Del Corso e il presidente di Palazzo Blu, Cosimo Bracci Torsi, insieme al professor Francesco Solinas e agli studiosi Angheli Zalapì e Edoardo Bassetti, e i restauratori del dipinto Elisa Todisco, Enrico Rossi, Elena Burchianti. Presenta l’incontro Stefano Renzoni, seguirà la visita al dipinto. La prenotazione per partecipare all’evento è fortemente consigliata, scrivendo a segreteria@palazzoblu.it. I risultati dello studio e del restauro sono presentati in un volume edito da De Luca editori d’arte, che sarà disponibile nella libreria Blu Book di Palazzo Blu. Infine, da venerdì 18 a domenica 20 novembre, il Cristo e la Samaritana al pozzo sarà visitabile gratuitamente all’interno della collezione permanente di Palazzo Blu nel consueto orario di apertura del museo (venerdì dalle 10 alle 19; sabato e domenica dalle 10 alle 20).