La National Gallery di Londra ha annunciato l’acquisizione di un importante dipinto di Bernardo Cavallino (Napoli, 1616 - 1656), uno dei grandi maestri del Seicento napoletano: si tratta di un San Bartolomeo, definito dal museo londinese come “uno dei quadri più grandi e più splendidi mai dipinti da Cavallino”. L’opera risale agli anni Quaranta del Seicento, quando “l’artista napoletano era al massimo delle sue capacità artistiche”. Il dipinto è stato acquistato dal museo all’asta da Sotheby’s: la vendita, Baroque. Masterpieces from the Fisch Davidson Collection si è tenuta a New York lo scorso 26 gennaio, e il San Bartolomeo è costato alla National Gallery 3,92 milioni di dollari, inclusi i diritti d’asta (partiva da una stima iniziale di 2,5-3,5). L’asta presentava dieci opere appertenenti al collezionista Mark Fisch, magnate del settore dell’immobiliare, e di sua moglie Rachel N. Davidson, che negli anni hanno radunato una impressionante collezione di arte antica: sono state messe in asta opere di Rubens, del Guercino, di Orazio Gentileschi, di Giulio Cesare Procaccini, di Valentin de Boulogne, di Georges de la Tour.
Del San Bartolomeo in questione conosciamo buona parte della sua storia. Fu ereditato dal figlio di Bernardo Cavallino, Francesco, e alla scomparsa di quest’ultimo, nel 1677, finì nella raccolta di Ignazio Provenzale, duca di Collecorvino, e quindi fu ereditato dalla sua moglie Giovanna. Il dipinto ricompare nel 1903 sul mercato da Christie’s, venduto come opera di Ribera, e poi di nuovo venduto da Sotheby’s nel 1988 come opera di scuola spagnola del Seicento. Fu dunque acquistato dalla galleria Colnaghi che lo vendette poi al collezionista argentino Mauro Herlitzka e da questi fu infine ceduto a Fisch.
Si tratta di un lavoro “decisamente moderno”, come si legge nella nota di catalogo di Christie’s. “Si concentra sulla figura muscolosa di san Bartolomeo, che impugna un coltello che prefigura il suo martirio. La potente intensità del dipinto deriva tanto dal suo tenebrismo espressivo e dalla composizione drammatica quanto dalla rappresentazione naturalistica del santo, resa con pennellate virtuosistiche. Raffigurato poco più a grandezza naturale, San Bartolomeo, barbuto e dai capelli scuri, siede in una buia grotta. L’apostolo è drammaticamente illuminato, con un effetto che accresce l’intensità psicologica della sua posa mentre apparentemente riflette sulla sua morte imminente. [...] Il notevole gioco di luci e ombre consente a Cavallino di rendere sia la carne che il tessuto con sorprendente naturalismo: il torso muscoloso del santo, la pelle cascante e i piedi sporchi contrastano con il voluttuoso manto grigio, anch’esso evocativo di un sudario”.
Non conosciamo i committenti del dipinto, tuttavia le dimensioni eccezionali dell’opera suggeriscono che si trattasse di un’impresa particolarmente speciale. Il soggetto è riconducibile a due collezioni napoletane seicentesche, come detto sopra. Nel 1677, “Uno Quadro di palmi otto, e sei con cornice indorata con l’imagine de S. Bartolomeo di mano di Ber.do Cavallino” compare nell’inventario postumo della “magnifica” raccolta di Francesco Cavallino, figlio dell’artista. Il dipinto compare successivamente nell’inventario postumo del reggente della cancelleria reale napoletana, Ignazio Provenzale, duca di Collecorvino, dove è descritto come “ S. Bartolomeo palmi 8, e 6 mano di Bernardo Cavallino cornice dorata”. Valutato 120 ducati, il San Bartolomeo era tra le opere più pregiate della grande collezione. E adesso figurerà tra le principali opere del Seicento italiano alla National Gallery di Londra.