Dopo oltre un anno di assenza, la Madonna del Baldacchino, uno dei capolavori di Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 – Roma, 1520) torna nella sua casa fiorentina di Palazzo Pitti. L’imponente pala, che misura 280x216 cm nella sua attuale configurazione, è di nuovo visibile a Firenze nella Sala di Saturno della Galleria Palatina, lo scrigno che raccoglie alcune delle opere più celebri del genio urbinate, come la Madonna della Seggiola e la Visione di Ezechiele.
La Madonna del Baldacchino è stata in “tour” dal 7 maggio al 1 ottobre 2023 presso il Duomo di Pescia, nella cappella Turini, dove era stata custodita per quasi 150 anni tra Cinque e Seicento. Prima e dopo questa esposizione, l’opera è stata affidata ai laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che ne ha curato una serie di analisi diagnostiche approfondite. Ora, restaurata nella sua magnificenza, è pronta a riaccogliere i visitatori fiorentini e internazionali. Dal 1828, anno di apertura al pubblico della Galleria Palatina, quest’opera ha rappresentato uno dei tesori più iconici del museo, una presenza che riafferma il legame tra Firenze e l’arte di Raffaello.
La Madonna del Baldacchino è l’unica pala di grandi dimensioni e di destinazione pubblica appartenente al periodo fiorentino di Raffaello. Commissionata dalla famiglia Dei per la loro cappella nella chiesa di Santo Spirito a Firenze, l’opera non fu mai completata dall’artista. Nel 1508, infatti, Raffaello fu chiamato a Roma da papa Giulio II per decorare gli appartamenti vaticani (le celebri Stanze di Raffaello), lasciando così incompiuta la pala.
Rimasta inutilizzata, nel 1522 fu sostituita nella chiesa di Santo Spirito dalla Sacra Conversazione di Rosso Fiorentino, anch’essa oggi esposta a Palazzo Pitti. Intorno al 1513, la Madonna del Baldacchino fu acquistata da Baldassarre Turini, segretario di Papa Leone X e amico personale di Raffaello. Turini destinò l’opera alla cappella della sua famiglia nel Duomo di Pescia, dove rimase per circa 150 anni.
Nel 1697, l’opera fu acquistata dal gran principe Ferdinando de’ Medici, figlio di Cosimo III, per arricchire la collezione granducale a Palazzo Pitti. Il trasferimento non fu privo di tensioni: il popolo di Pescia, profondamente legato all’immagine della Madonna, reagì con proteste accese, costringendo al trasporto notturno del dipinto per evitare ulteriori conflitti. Una copia dell’opera, realizzata da Pier Dandini, fu lasciata nella cappella Turini.
Una volta a Firenze, il dipinto subì un adattamento per inserirsi armoniosamente nell’appartamento di Ferdinando de’ Medici. La parte superiore del baldacchino fu ampliata dal pittore di corte Niccolò Cassana, che aggiunse una calotta a lacunari ispirata al Pantheon di Roma.
La Madonna del Baldacchino è una testimonianza unica dell’evoluzione artistica di Raffaello nel suo periodo fiorentino, e si distingue per la misurata costruzione dello spazio monumentale, per la delicatezza delle espressioni, per il grande equilibrio formale. L’opera mostra l’influenza di grandi maestri come Leonardo da Vinci, Michelangelo e Fra Bartolomeo, reinterpretati con una delicatezza e un equilibrio propri del Sanzio.
La composizione è dominata dalla figura centrale della Vergine, che tiene in braccio il Bambino, circondata da santi e cherubini sotto un baldacchino monumentale. L’ariosità dello spazio, la perfezione prospettica e la dolcezza delle espressioni rendono questa pala un capolavoro assoluto, capace di fondere monumentalità e intimità.
Il restauro compiuto dall’Opificio delle Pietre Dure tra il 1987 e il 1991 e le indagini recenti, condotte sempre dall’Opificio delle Pietre Dure in occasione dell’iniziativa “Uffizi Diffusi”, hanno confermato che l’opera non fu mai completata in alcune sue parti, avvalorando le testimonianze di Giorgio Vasari sul suo mancato completamento. Nonostante ciò, la qualità pittorica e l’armonia compositiva dimostrano il pieno controllo di Raffaello sulla materia e la sua maturità artistica.