Andranno in asta da Pandolfini a settembre due importanti dipinti, uno di Annibale Carracci (Bologna, 1560 - Roma, 1609) e uno di suo cugino Ludovico Carracci (Bologna, 1555 - 1619): si tratta di due affreschi staccati e successivamente trasportati su tela incorniciati, che facevano parte dell’apparato decorativo di Palazzo Zambeccari a Bologna. All’epoca dei Carracci, il palazzo era di proprietà della famiglia Lucchini, dinastia di mercanti di seta di origini genovesi, che almeno a partire dal 1511 abitavano nelle case sulla piazza de’ Calderini a Bologna, non lontano dalla basilica di San Domenico.
La decorazione delle sale, che si conserva soltanto in parte, è ricordata nella Felsina pittrice da Carlo Cesare Malvasia, che parla anche delle opere dei Carracci: “nelle due fughe (o camini) de’ Signori Angelelli, che fu già il palagio Lucchini oggi Zambeccari piazza Calderini, nella prima la Regina Didone sul rogo sopra cui un amore, scrisse Annibale il suo nome, e nella seguente ove un soldato e una femmina con faci ardenti vcanno ad incendiare ec., scrisse Ludovico il suo”. I due dipinti ornavano infatti due camini nel palazzo dei Lucchini, e sono firmati e datati 1592.
I temi, data la destinazione delle opere, si legano al tema del fuoco: quello di Annibale, come spiegato da Malvasia, raffigura la Morte di Didone, che viene raffigurata su di una pira sotto cui già bruciano le fiamme, mentre quello di Ludovico, dal tema decisamente più raro (e infatti non riconosciuto da Malvasia), raffigura l’incendio di Persepoli per mano di Alessandro e Taide durante un rito dionisiaco, secondo una narrazione di Diodoro Siculo. A identificarlo sarebbe stato, nel Settecento, il pittore e incisore Carlo Antonio Pisarri, che lo riprodusse in un’incisione inserendo il titolo corretto del soggetto (i due dipinti furono infatti spesso riprodotti in incisioni). È un soggetto di cui si conoscono pochissime attestazioni: tra le rarissime se ne può citare una che risale al 1593 ed è opera del Primaticcio.
Dopo il fallimento della famiglia Lucchini, il palazzo nel 1605 fu oggetto di permuta con la famiglia Angelelli che ne detenne la proprietà fino alla fine del XVI secolo, e poi, a seguito del matrimonio tra Isabella Angelelli e Costanzo Zambeccari, arrivò a quest’ultima famiglia. In seguito, nel 1907, il palazzo venne acquistato da Filippo Comi, ed è forse dopo questo evento che gli affreschi dei Carracci furono trasportati su tela e spostati in sale diverse dalla sede originaria.
Si tratta di due opere decisamente importanti dei Carracci, rimaste a lungo nella sede originaria, e molto lodate da critici e storici dell’arte. Restaurati all’inizio degli anni Novanta (versavano infatti in condizioni definite “rovinose” da Andrea Emiliani nel catalogo della mostra su Ludovico Carracci tenutasi al Museo Civico Archeologico di Bologna tra il settembre e il dicembre del 1993), i due affreschi costituiscono uno degli esiti più interessanti dell’arte di Annibale e Ludovico Carracci. Soprattutto nel caso del secondo: Emiliani ne apprezzava le “figurette lanciate nell’azione con i loro volti dolci e giovanili”, e riteneva “attraente” la “tavolozza luminosa, col manto rosato di Alessandro, la sua armatura dorata e argentata e Taide vestita di verde, rosa ed oro da cui spiccava la pelle eburnea , il tutto posto contro uno scintillante cielo azzurro”.
Data la loro importanza e dato il fatto che le due opere sono rimaste legate fin dall’epoca della loro realizzazione, Pandolfini le presenterà in asta in un unico lotto, onde evitarne la dispersione. La casa d’aste non ha ancora comunicato la base di partenza, su cui comunque influirà il fatto che le opere sono incluse tra quelle di eccezionale interesse storico-artistico. Riusciranno a entrare in una collezione pubblica?