Da giovedì 21 novembre, a Firenze la chiesa di Sant’Egidio accoglie nuovamente la scultura del Cristo deposto, posizionata nel primo altare laterale a sinistra, dopo il restauro promosso dalla Fondazione Santa Maria Nuova. Quest’opera in gesso, carica di intensa drammaticità, è riconosciuta come una copia del Cristo morto realizzato da Baldassare Franceschini detto il Volterrano (Volterra, 1611 – Firenze, 1690). L’originale, unica scultura attribuibile a un artista la cui carriera fu interamente dedicata alla pittura, si trova presso la chiesa di Santa Lucia al Prato dal 1940.
Il ritorno del Cristo deposto a Sant’Egidio non è soltanto un evento artistico e liturgico, ma anche un viaggio dentro un enigma della storia dell’arte fiorentina del Seicento, legato all’opera del Volterrano e all’ospedale di Santa Maria Nuova, svelando tracce che conducono a diverse epoche e luoghi.
Il Cristo deposto ha un’interessante connessione con il pittore Volterrano, che nel 1665 realizzò per lo spedalingo di Santa Maria Nuova, Ludovico Incontri, la grande tela che oggi decora proprio il primo altare laterale sinistro della chiesa di Sant’Egidio, che si trova al centro del porticato dell’ospedale di Santa Maria Nuova. L’opera rappresenta San Ludovico di Francia che guarisce gli scrofolosi.
Nonostante questo legame, non vi è alcuna registrazione della statua negli inventari della chiesa o dell’ospedale dell’epoca. Un elemento che alimenta il mistero è il fatto che l’opera non compaia nemmeno negli inventari dei primi decenni del Novecento, suggerendo che il suo arrivo a Santa Maria Nuova sia relativamente recente.
Un possibile indizio sull’origine della scultura si trova in un inventario del 1842 della Chiesa della Santissima Annunziata di Orbatello, in via della Pergola. Qui era registrato un “simulacro di Gesù morto” sotto l’altare della Madonna. Nel 1861, gli ambienti del Conservatorio di Orbatello furono presi in affitto dall’Ospedale di Santa Maria Nuova, evento che potrebbe aver facilitato il trasferimento dell’opera.
Una fotografia in bianco e nero, risalente alla fine degli anni Sessanta o ai primi anni Settanta, mostra la scultura collocata nel coretto delle Oblate. Questo documento visivo testimonia un ulteriore spostamento prima che l’opera trovasse la sua attuale collocazione a Sant’Egidio.
Il Cristo deposto è stato recentemente sottoposto a un attento restauro conservativo da parte della restauratrice Marina Vincenti. L’intervento si è concentrato sulla pulizia dei segni del tempo e sulla valorizzazione dell’ultimo intervento pittorico, rispettando la patina storica dell’opera.
Questo restauro restituisce alla scultura la sua straordinaria forza espressiva, permettendo al pubblico di riscoprire un capolavoro che, pur essendo una copia, possiede una potenza visiva capace di evocare il dolore e la redenzione insiti nel tema del Cristo morto.
Il ritorno del Cristo deposto nella Chiesa di Sant’Egidio è un’occasione per riflettere sul valore storico e artistico delle opere sacre. La scultura non solo rappresenta un momento significativo nella produzione del Volterrano, ma incarna anche la complessità del rapporto tra arte, devozione e memoria.