Un capolavoro del primo Rinascimento fiorentino torna a splendere nel Museo di San Marco: la Deposizione di Cristo del Beato Angelico, parte della Pala di Santa Trinita, è di nuovo visibile dopo un complesso lavoro di restauro. Grazie al sostegno della Fondazione Friends of Florence e all’intervento dei restauratori Lucia Biondi (che si è occupata della superficie pittorica) e Roberto Buda (che ha curato invece l’intervento sul supporto ligneo), l’opera è stata restituita alla sua originaria luminosità e profondità, eliminando le opacità accumulate nel tempo.
L’importante restauro conferma la collaborazione tra la Direzione regionale Musei nazionali della Toscana del Ministero della Cultura e Friends of Florence, già promotrice del nuovo allestimento della Sala del Beato Angelico. Questa sala custodisce la più vasta collezione al mondo di tavole del maestro, tra cui capolavori come la Pala di Bosco ai Frati.
La Deposizione sarà esposta fino a settembre 2025, quando entrerà a far parte della grande mostra Angelico, la prima rassegna monografica dedicata all’artista a Firenze dal 1955. La mostra, attesa a Palazzo Strozzi e al Museo di San Marco, è curata da Carl Brandon Strehlke, Angelo Tartuferi e Stefano Casciu. Il percorso espositivo offrirà una panoramica straordinaria dell’opera dell’Angelico, grazie a prestiti internazionali e a una sezione dedicata ai suoi esordi e alle miniature.
“La Deposizione di Santa Trinita, installata nella Sagrestia nel 1432, si colloca al termine del primo periodo dell’attività del maestro, attivo dal 1415 circa, e costituisce una straordinaria svolta concettuale e stilistica. I risultati eccellenti conseguiti dal restauro”, sottolineano Angelo Tartuferi e Marco Mozzo, “agevoleranno gli studi e le ricerche future per chiarire i molti interrogativi ancora irrisolti posti dall’opera, inclusi quelli sull’identificazione precisa dei numerosi personaggi che assistono all’evento sullo sfondo di uno dei paesaggi più belli della pittura italiana del primo Rinascimento”.
“Il Museo di San Marco è un luogo molto caro a Friends of Florence e le opere del Beato Angelico sono di fondamentale importanza per i nostri donatori”, sottolinea la Presidente Simonetta Brandolini d’Adda. “Insieme ad altri progetti eseguiti in questo magnifico museo abbiamo seguito un vero e proprio percorso, attraverso il restauro delle opere del Beato Angelico nel Chiostro, nella Sala del Capitolo e poi nella Sala che qui è dedicata a lui. Ringrazio a nome della Fondazione Stefano Casciu, Direttore regionale Musei nazionali della Toscana, Angelo Tartuferi, già Direttore di San Marco e l’attuale Direttore del Museo Marco Mozzo per averci offerto l’opportunità di contribuire alla salvaguardia di quest’opera così affascinante; ringrazio inoltre Lucia Biondi che ha realizzato l’intervento su questa tavola meravigliosa. Il nostro grazie va anche a Peter Fogliano e Hal Lester, i nostri donatori così generosi ed illuminati che hanno reso possibile l’intero intervento”.
La Deposizione fu commissionata tra il 1429 e il 1432 da Palla Strozzi in memoria del padre Onofrio per la Sagrestia della chiesa di Santa Trinita, trasformata in cappella di famiglia. L’opera fu citata da Giorgio Vasari ricordando che l’Angelico “mise tanta diligenza che si può, fra le migliori cose che mai facesse, annoverare”. L’opera segna una svolta nella pittura sacra: Angelico abbandona lo schema medievale delle pale d’altare suddivise in scomparti separati, creando una composizione unitaria, ricca di profondità prospettica e pathos. Il risultato è una scena teatrale di grande intensità, con ventotto personaggi che partecipano al momento drammatico della deposizione del Cristo.
L’opera era stata inizialmente affidata al camaldolese Lorenzo Monaco, che entro il 1425 aveva dipinto le tre cuspidi e la predella della pala. Successivamente, la famiglia Strozzi commissionò il completamento al Beato Angelico, che riuscì a integrare il proprio linguaggio innovativo con lo stile gotico del predecessore. Il risultato è una pala armoniosa, in cui le figure acquistano monumentalità e il racconto sacro assume una solennità senza precedenti.
La scena è dominata dal corpo di Cristo, sorretto con fatica da alcune figure poste su scale ai lati della croce, mentre le Marie piangenti osservano con dolore. In primo piano si distingue la figura inginocchiata di un giovane in abiti contemporanei, identificato con il beato Alessio Strozzi, che sembra fungere da intermediario tra lo spettatore e l’evento sacro. L’opera potrebbe inoltre contenere ritratti di membri della famiglia Strozzi, un dettaglio che ha attirato l’attenzione della critica.
Uno degli elementi più suggestivi, messo in risalto dal restauro, è il paesaggio di sfondo: un’ampia veduta con colline toscane e una città turrita che allude sia a Gerusalemme che a Firenze. La luce intensa che avvolge la scena esalta le vesti finemente decorate e il prato fiorito in primo piano, arricchendo la composizione di dettagli naturalistici.
L’intervento di restauro, durato due anni, ha permesso di recuperare la trasparenza e la luminosità originarie della pittura dell’Angelico, compromesse da vecchie vernici e antiche puliture. La superficie dell’opera appariva appiattita e priva di profondità, mentre il paesaggio sullo sfondo risultava oscurato. Del restauro si sono occupati Lucia Biondi (superfici pittoriche) e Roberto Buda (supporto ligneo), con consulenza per la doratura di Andrea Montuori, e documentazione fotografica di Ottaviano Caruso. Le indagini analitiche sono state compiute da CNR-Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale, a cura di Donata Magrini, Roberta Iannaccone, Barbara Salvadori, mentre l’indagine radiografica è stata eseguita da Diagnostica per l’Arte Fabbri di Davide Bussolari. Il trasporto e le movimentazioni sono stati invece garantiti da Alternativa di Maurizio Palatresi, l’assicurazione da Cantani Gagliani snc e infine il video per documentare il restauro è di Art Media Studio.
Le operazioni di pulitura hanno riportato alla luce le sottili sfumature di colore e la raffinata resa luministica tipica dell’artista. La fase di ritocco pittorico ha permesso di colmare piccole lacune causate dal degrado del tempo (e in particolare dalle vecchie vernici che avevano letteralmente strappato le stesure più sottili, e dalle abrasioni delle antiche puliture), restituendo continuità alla composizione. Infine, la verniciatura finale è stata studiata per esaltare la saturazione cromatica senza compromettere la leggerezza della pittura.
Oltre al restauro, sono state condotte indagini diagnostiche per analizzare il rapporto tra le parti dipinte da Lorenzo Monaco e quelle realizzate dall’Angelico. Sebbene alcuni aspetti rimangano ancora da chiarire, l’intervento ha permesso di comprendere meglio l’evoluzione dell’opera e il dialogo stilistico tra i due artisti.
Con il ritorno della Deposizione al Museo di San Marco, i visitatori potranno ammirare un capolavoro che segna una svolta nella pittura rinascimentale e che, grazie al restauro, trova una condizione più simile a quella originale. Un’opportunità per riscoprire il genio del Beato Angelico prima della grande mostra che lo celebrerà nel 2025.
“Se restaurare le opere di grandi artisti è sempre impegnativo per il carico di responsabilità che questo comporta, nel caso del lavoro sulla Deposizione di Santa Trinita di Beato Angelico la posta in gioco era molto alta e la finalità del progetto assai ambiziosa”, racconta la restauratrice Lucia Biondi, “ma ho potuto contare sul sostegno del profondo legame stabilito con Angelico, di cui ho restaurato anche il Giudizio Finale e la Pala di Bosco ai Frati, sempre nel Museo di San Marco”.