Dal restauro degli affreschi di Giotto alla Cappella Bardi emergono novità e preziose informazioni


Il restauro delle Storie di San Francesco affrescate da Giotto nella Cappella Bardi di Santa Croce offre nuove preziose informazioni sull’opera dell’artista toscano. L’intervento si concluderà nell’estate 2025.

Un’importante operazione di restauro sulle Storie di San Francesco affrescate da Giotto nella Cappella Bardi di Santa Croce a Firenze sta rivelando nuovi dettagli e restituendo una leggibilità inedita al capolavoro del maestro fiorentino. Il progetto è condotto dall’Opificio delle Pietre Dure (OPD) e dall’Opera di Santa Croce, con il sostegno della Fondazione CR Firenze e dell’Associazione ARPAI. I risultati sono stati presentati questa mattina da Cristina Acidini (presidente dell’Opera di Santa Croce) e Emanuela Daffra (soprintendente dell’OPD). Il comitato scientifico è invece composto da Cristina Acidini (presidente), Giorgio Bonsanti, Sonia Chiodo, Marco Ciatti (venuto a mancare nell’aprile scorso), Emanuela Daffra, Andrea De Marchi, Emanuela Ferretti, Mauro Matteini, Antonella Ranaldi, Serena Romano. Costo dell’operazione: oltre 1 milione di euro, finanziati da Opera Santa Croce, OPD, Fondazione CR Firenze e ARPAI attraverso Art Bonus (la donazione di ARPAI è in memoria di Florence e Paolo Marzotto, fondatori dell’Associazione), e diverse donazioni private giunte attraverso la raccolta fondi, tuttora in corso, intitolta #Giving4Giotto.

Il restauro, avviato nel giugno 2022, è nato dalla necessità di affrontare le precarie condizioni conservative degli affreschi, che rischiavano di compromettere la corretta lettura delle scene. L’ideazione del progetto si deve al compianto Marco Ciatti, già soprintendente dell’OPD, che firmò l’accordo preliminare tra Opificio, Opera di Santa Croce e ARPAI. La prima fase dell’intervento, preceduto da un’approfondita campagna diagnostica dell’OPD, ha già portato alla luce informazioni preziose sul metodo di lavoro di Giotto e sulle sue sperimentazioni tecniche, restituendo un’opera d’arte che era stata in parte occultata da interventi precedenti e deterioramento naturale. L’OPD ha fatto uso di tecnologie avanzate come laser scanner, termocamere e diagnostica no-touch per studiare l’integrità della muratura e individuare tracce di decorazioni precedenti, tra cui disegni preparatori e sinopie. Inoltre, grazie alle indagini in luce UV e alla termovisione, è stato possibile svelare dettagli come la struttura dei ponteggi originali e i metodi operativi di Giotto.

Transito di san Francesco: particolare dei volti ante pulitura. Foto: Ottaviano Caruso
Transito di san Francesco: particolare dei volti ante pulitura. Foto: Ottaviano Caruso
Transito di san Francesco: particolare dei volti ante ritocco pittorico. Foto: Ottaviano Caruso
Transito di san Francesco: particolare dei volti ante ritocco pittorico. Foto: Ottaviano Caruso
Miracoli post-mortem: particolare a sinistrante pulitura. Foto: Ottaviano Caruso
Miracoli post-mortem: particolare a sinistrante pulitura. Foto: Ottaviano Caruso
Miracoli post-mortem: particolare a sinistrante ritocco. Foto: Ottaviano Caruso
Miracoli post-mortem: particolare a sinistrante ritocco. Foto: Ottaviano Caruso

Giotto, in particolare, utilizzava una combinazione di tecniche di pittura a fresco e a secco, sfruttando leganti organici, come l’uovo, per ampliare la gamma cromatica e creare effetti chiaroscurali più intensi. Questo restauro ha rivelato particolari nascosti e frammenti di colore perduti, che oggi possiamo apprezzare grazie alla pulitura effettuata. Tra le sorprese anche una decorazione precedente, probabilmente geometrica, il ritrovamento delle buche pontaie, ovvero le buche per i ponteggi che hanno consentito dunque di conoscere l’esatta disposizione della struttura che Giotto montò per dipingere, e poi ancora tracce delle sinopie e del disegno preparatorio. È stato inoltre possibile ricostruire l’andamento delle “giornate” del tonachino, ovvero il sottile strato d’intonaco sul quale Giotto e i collaboratori avevano steso i colori. Ritrovate anche alcune pennellate di prova delle quali Giotto si servì per verificare come i colori sarebbero cambiati dopo l’asciugatura dell’intonaco: queste pennellate sarebbero state poi celate dalle stesure di colori a secco, ma oggi sono nuovamente visibili in quanto queste aggiunte sono andate perdute (se ne ha una prova nella scena col Transito di san Francesco).

Il restauro dell’opera di Giotto ha affrontato diverse problematiche con un approccio meticoloso e sperimentale. Dopo una fase preliminare di test, sono stati selezionati i materiali e le metodologie più adatte per trattare le diverse esigenze dell’intervento. Le porzioni di pellicola pittorica sollevate dall’intonaco sono state reincollate al supporto con adesivo acrilico, garantendo così la loro stabilità. La pulitura delle superfici è stata condotta utilizzando impacchi di acqua calda deionizzata miscelata con pasta cellulosica e argilla, o tramite strati di carta giapponese. Solventi organici sono stati impiegati quando si è reso necessario rimuovere i fissativi sintetici applicati durante restauri precedenti.

In alcuni punti, come i costoloni e i medaglioni delle vele, è stato utilizzato il laser per rimuovere gli strati accumulati di sedimenti. Grazie a queste operazioni, soprattutto nelle lunette e nella volta, si è potuta recuperare una freschezza pittorica straordinaria e una ricchezza di dettagli visibili solo da vicino, che accrescono il rimpianto per le parti perdute.

La prova del fuoco: particolare a destrante pulitura. Foto: Ottaviano Caruso
La prova del fuoco: particolare a destrante pulitura. Foto: Ottaviano Caruso
La prova del fuoco: particolare a destrante ritocco. Foto: Ottaviano Caruso
La prova del fuoco: particolare a destrante ritocco. Foto: Ottaviano Caruso
Rinunciai beni paterni: part dei volti a destrante pulitura. Foto: Ottaviano Caruso
Rinunciai beni paterni: part dei volti a destrante pulitura. Foto: Ottaviano Caruso
Rinunciai beni paterni: part dei volti a destrante ritocco. Foto: Ottaviano Caruso
Rinunciai beni paterni: part dei volti a destrante ritocco. Foto: Ottaviano Caruso

Il restauro ha anche ridotto la presenza di sali solubili con impacchi assorbenti, mentre le problematiche di adesione del supporto pittorico sono state risolte tramite l’iniezione di malte premiscelate a base di calce idraulica sotto la superficie. Le piccole lacune lasciate dai restauri precedenti sono state trattate, sostituendo i vecchi impasti vinilici con una miscela di calce e sabbia, più compatibile con i materiali originali dell’opera.

Con la pulitura completata, la fase finale del restauro è ora in fase di riflessione. Il dibattito verte su come presentare il ciclo pittorico in modo da rispettare la storia dell’opera e le vicende conservative subite, senza però compromettere la possibilità di apprezzare appieno l’eccezionale invenzione spaziale e artistica di Giotto.

Le Storie di San Francesco, realizzate da Giotto dopo il 1317, hanno vissuto numerose vicissitudini conservatrici. Nel 1730, gli affreschi furono coperti da una imbiancatura a calce, mentre monumenti funerari aggiunti nel XIX secolo causarono perdite irreversibili. Solo nel 1851 gli affreschi vennero riscoperti e restaurati da Gaetano Bianchi, ma furono successivamente sottoposti a un ulteriore intervento tra il 1957 e 1958 da Leonetto Tintori, che rimosse alcune aggiunte per cercare di riportare alla luce la versione più autentica delle opere di Giotto.

La conclusione del restauro è prevista per l’estate 2025. Dopo il completamento, i ponteggi resteranno in loco per ulteriori due mesi, consentendo ai visitatori di apprezzare da vicino l’opera di Giotto. Fondazione CR Firenze offrirà inoltre visite guidate in anteprima nel cantiere di restauro fino a luglio 2025, per condividere con il pubblico questa eccezionale opportunità di osservare il capolavoro di Giotto in fase di rinascita.


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