Dopo cinque anni di attesa, il grande pubblico può finalmente ammirare nuovamente l’Apollo del Belvedere, una delle più celebri sculture dei Musei Vaticani, restituita a tutti gli amanti dell’arte del mondo dopo un lungo e complesso restauro. L’intervento, durato quasi cinque anni, è stato interrotto dalla pandemia e ha visto l’impiego delle più avanzate tecnologie moderne, accanto a un rigoroso approccio filologico, per garantire la stabilità futura dell’opera senza compromettere la sua bellezza.
L’Apollo del Belvedere, scoperto nel 1489 tra le rovine di una domus romana sul colle Viminale, venne portato in Vaticano per volere di papa Giulio II, che lo collocò nel Cortile del Belvedere per celebrare la continuità tra la Roma antica e il suo pontificato. Considerato per secoli un simbolo di perfezione artistica e fonte di ispirazione per generazioni di artisti e letterati, il capolavoro ha subito un delicato restauro che ha consentito di garantirne la conservazione per il futuro.
Durante la cerimonia di inaugurazione, tenutasi il 14 ottobre nel Cortile Ottagono dei Musei Vaticani, alla presenza del cardinale Fernando Vérgez Alzaga, Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, e di Barbara Jatta, Direttore dei Musei Vaticani, il capolavoro è stato finalmente svelato. Il restauro dell’opera è stato reso possibile anche grazie al contributo fondamentale dei Patrons of the Arts in the Vatican Museums, che hanno sostenuto economicamente il progetto.
Barbara Jatta ha sottolineato come questo restauro sia espressione del percorso che i Musei Vaticani intendono seguire: unire tradizione e innovazione, con uno sguardo sempre rivolto alle nuove tecnologie. La scultura, esposta per secoli all’aperto, ha subito danni strutturali, specialmente alle caviglie e alle ginocchia, che rendevano urgente un intervento. Il restauro ha previsto l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia per risolvere questi problemi, come spiegato dal responsabile del Laboratorio di Restauro Materiali Lapidei, Guy Devreux.
L’elemento chiave dell’intervento è stato l’inserimento di una barra di supporto in fibra di carbonio e acciaio, fissata alla base e al dorso della statua, che permette di alleviare il peso della scultura di circa 150 chilogrammi. Questo sostegno garantisce la stabilità della statua e ne allunga la vita. Tale soluzione era già stata impiegata nel passato da Antonio Canova, quando la statua era rientrata a Roma dopo essere stata trafugata da Napoleone e portata a Parigi.
Il restauro ha anche offerto l’occasione per una serie di approfondimenti scientifici sulla scultura. Durante la fase di pulizia, è stata scoperta la presenza di tracce di policromia violacea tra i riccioli dell’Apollo, che testimoniano la preparazione per la doratura dei capelli, un dettaglio sorprendente che aggiunge una nuova dimensione alla comprensione dell’opera. Fabio Morresi, responsabile del Gabinetto di Ricerche Scientifiche, ha sottolineato come il restauro sia stato un vero e proprio intervento di “pronto soccorso”, reso necessario da un’anomalia strutturale rilevata durante un monitoraggio nel 2019, che ha reso immediatamente necessario l’intervento: un movimento, impercettibile senza gli strumenti, notato alla Vigilia di Natale di quell’anno.
Claudia Valeri, curatrice del Reparto di Antichità Greche e Romane dei Musei Vaticani, ha spiegato che il restauro ha previsto anche la sostituzione della mano sinistra dell’Apollo, ricostruita nel Cinquecento da Giovannangelo Montorsoli, con un calco in gesso rinvenuto tra le rovine del palazzo imperiale di Baia negli anni Cinquanta del secolo scorso. Il calco ha permesso di restituire alla scultura una mano più proporzionata e fedele all’originale. Questo intervento filologico, del tutto reversibile, ha restituito alla statua una postura più naturale e leggera, avvicinandola maggiormente all’idea originale concepita dall’artista greco.
L’Apollo del Belvedere, datato al II secolo d.C. e considerato una copia romana di un originale greco attribuito a Leochares, rappresenta il dio nel momento in cui ha appena scoccato una freccia. La sua scenografica postura, ardita per un’opera in marmo, era originariamente concepita per una scultura in bronzo, molto più leggera e adatta a sostenere la dinamica del gesto.
Il restauro ha rappresentato anche una sfida per l’equipe dei Musei Vaticani, che ha dovuto affrontare momenti difficili, soprattutto a causa della sospensione forzata dei lavori durante la pandemia. Tuttavia, il risultato finale è motivo di grande orgoglio per il team, che ha potuto restituire al pubblico un capolavoro in perfetto stato di conservazione. La ripresa del restauro è stata possibile grazie al sostegno dei Patrons of the Arts, i cui contributi hanno permesso di portare a termine un progetto che ha richiesto non solo grande competenza tecnica, ma anche sensibilità artistica e storica.
Nonostante la riapertura al pubblico, il monitoraggio della statua continuerà. Fabio Morresi ha annunciato che i controlli strutturali e chimici proseguiranno per garantire che l’opera rimanga in condizioni ottimali. Tra le ipotesi future, c’è anche quella di una copertura permanente del Cortile Ottagono per proteggere le statue dagli agenti atmosferici e garantire la conservazione degli interventi di restauro.
Il restauro dell’Apollo del Belvedere non rappresenta solo la preservazione di un’opera d’arte, ma anche un’importante occasione di studio e riflessione sull’equilibrio tra innovazione tecnologica e rispetto della tradizione. Come ha affermato Barbara Jatta, questo progetto riflette la missione dei Musei Vaticani di preservare e condividere il patrimonio artistico con il mondo intero, affinché continui a ispirare generazioni future.
“Quando, nel dicembre 2019, il monitoraggio cui era sottoposta la scultura rivelò un’anomalia, la preoccupazione fu immediata”, ha sottolineato il cardinale Vérgez Alzaga allo svelamento dell’Apollo. “La celeberrima scultura era a rischio e subito si intervenne con una messa in sicurezza d’urgenza, nessuno sospettava però che qualche settimana più tardi il mondo sarebbe stato travolto dalla pandemia. Agli inizi di marzo la tragicità del momento divenne evidente e iniziò un tempo surreale e a lungo sospeso. Anche l’Apollo ha dovuto attendere il ritorno, a poco a poco, di una condizione di normalità [...]. È dunque con rinnovata gioia che questa sera riconsegniamo agli occhi del mondo un Apollo splendente, radioso come quello di Omero, un capolavoro dell’arte e dell’ingegno che speriamo possa ancora sfidare il tempo per i secoli a venire”.