In Spagna, nei pressi di Huelva (Andalusia), è stata scoperta una delle più grandi concentrazioni megalitiche d’Europa: sono state infatti rinvenute le localizzazioni di 526 menhir, risalenti a un periodo compreso tra il VI e il III millennio a.C. I risultati della ricerca sono stati pubblicati in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Trabajos de Prehistoria che come prima firma vede quella dell’archeologo José Antonio Linares Catela, del Dipartimento di Storia e Antropologia dell’Università di Huelva. Il sito megalitico di La Torre-La Janera, dove sono stati trovati questi monumenti preistorici, si trova compreso tra i territori municipali di Ayamonte e Villablanca, non lontano dal fiume Guadiana e dal confine col Portogallo, e la concentrazione si spande su di un’area di 600 ettari.
L’indagine guidata dal professor Linares Catela è iniziata nel 2018 come indagine di archeologia preventiva in vista dell’installazione, su un terreno vicino, di una piantagione di avocado, e ha fatto uso di diverse tecniche di ricerca, analisi e documentazione: rilievi, geoarcheologia, tecnologie dell’informazione geografica e fotogrammetria. Sono occorsi dunque più di tre anni per arrivare a pubblicare i risultati. Sono stati rinvenuti una gran varietà di megaliti: menhir, ovvero singole pietre, dolmen, ovvero strutture con due pietre in verticale e una in orizzontale montata sulle altre due, e poi tumuli funerari, recinzioni e altro. Si è inoltre scoperto che i megaliti appartengono a diversi periodi storici, circostanza che contribuisce a rivestire il sito di La Torre-La Janera di una notevole importanza per lo studio del megalitismo iberico. Al momento, vengono condotti studi di laboratorio per datare in maniera più precisa le pietre. Per il momento, i megaliti di La Torre-La Janera contribuiscono a rafforzare l’idea secondo cui il megalitismo sulle terre che si affacciano sull’Atlantico è uno dei più antichi fenomeni di antropizzazione del territorio, e probabilmente aveva anche la funzione di marcare geograficamente un’area.
I menhir trovati dagli studiosi sono di diversi formati (lenticolare, ovoidale, subtrapezoidale, rettangolare), di diverse sezioni (piatte, ovoidali, circolari) nonché di diverse dimensioni (da 1 a 3 metri di lunghezza). La maggior parte dei menhir è stata eretta nei dintorni degli affioramenti in cui sono stati estratti, dunque negli stessi luoghi di rinvenimento o nelle immediate vicinanze, come è tipico, per esempio, dei menhir della Bretagna. La maggior parte dei menhir (fino a 260) si concentra in 26 allineamenti e 2 cromlech (si intende per cromlech un insieme di menhir disposti a cerchio). Gli allineamenti, a seconda della loro composizione, sono in file che vanno da 3 a 6 menhir, lunghe 15-100 metri, oppure da due a sei file parallele con un numero variabile di pietre e 50-250 m di lunghezza. Entrambi questi modelli di allineamento si trovano sui pendii o sulle cime di prospetti prominenti con un profilo continuo. Sono orientati nord-ovest-sudest, nord-sud o est-ovest e contengono menhir verticali che giacciono su fosse di fondazione, lapidi o strutture perimetrali e piattaforme di pietra. I due cromlech si trovano sulla sommità di colline con un chiaro orizzonte verso est, da dove si possono osservare le albe degli equinozi e dei solstizi, che per le popolazioni preistoriche avevano una grande importanza. Il cerchio di pietre meglio conservato è costituito da 9 menhir sdraiati, che delimitano uno spazio circolare a forma di “U” aperto ad est, di 17 x 14 metri.
I dolmen e i tumuli funerari sono stati costruiti su siti con affioramenti rocciosi subverticali di grovacca, una roccia sedimentaria tipica di queste zone. Queste architetture dovevano essere contenitori funerari, ma non si può escludere, si legge nello studio che alcuni siano stati associati a pratiche evocative e rituali commemorativi, che potevano anche prevedere la deposizione di offerte, come è stato confermato in tumuli funerari in altre aree peninsulari. I dolmen si trovano isolati o raggruppati, e presentano tre tipi di costruzione: con tumulo in pietra a secco, e in affioramento con oppure senza tumulo. Nel sito sono stati poi trovati anche recinti megalitici, grandi costruzioni aperte e articolate su vari livelli, dentro ai quali si trovano più menhir riutilizzati.
Sono state trovate anche dieci incisioni rupestri, localizzate in affioramenti di grovacca. Predominano coppe e cerchi incisi e linee incise. Alcune incisioni vengono sovrapposte a segni di erosione naturale, sfruttando scanalature lineari, scanalature longitudinali e scanalature sinuose. La maggior parte di queste incisioni è associata ai megaliti: è il caso dell’affioramento posto sul fronte esterno di un dolmen, dove è presente un ovale inciso per mezzo di una scanalatura ribassata e coppe distribuite attorno ad esso. Si trovano anche in blocchi affioranti attorno a recinti e alle piattaforme megalitiche.
La diversità dei megaliti trovati nel sito di La Torre-La Janera solleva diverse ipotesi preliminari e linee di discussione, affermano gli autori dello studio, sulle monumentalità preistoriche del sud-ovest della penisola iberica, incorporando il territorio del Basso Guadiana come area di studio del megalitismo iberico. Secondo gli studiosi, è probabile che le prime pietre verticali di La Torre-La Janera siano state erette durante la seconda metà del VI-V millennio a.C., epoca proposta per la costa occidentale dell’Algarve e dell’Alto Alentejo. I pochi allineamenti conosciuti del sud-ovest peninsulare, composti da 3 o 5 pietre, sono stati infatti collocati in passato lungo una cronologia simile. Inoltre, è probabile che l’ampia varietà dei menhir di La Torre-La Janera sia il risultato di sequenze architettoniche di costruzione, trasformazione e uso a lungo termine, come desumibile dalle varie forme di impianto e le molteplici composizioni dei gruppi, eventualmente eretti in cronologie diverse. Il fatto che la stragrande maggioranza dei menhir si trovi accanto alle loro strutture di fondazione o contenuti in tumuli funerari può essere dovuto allo sviluppo di pratiche di monumentalizzazione, condanna e/o riuso, come è stato documentato nelle statue-menhir del quadrante nord-ovest o nei tumuli-menhir delle brughiere di Burgos e Las Loras, tra le altre aree ed espressioni megalitiche della penisola iberica. I dolmen e le ciste megalitiche de La Torre-La Janera si distinguono poi per il piccolo formato delle camere e per la loro tecnica costruttiva, che unisce la trasformazione degli affioramenti rocciosi alla collocazione di supporti in pietra, elementi in pietra a secco e stele. I dolmen presentano somiglianze con i piccoli elfi dell’Alentejo. Queste costruzioni funerarie, organizzate in gruppi di due o tre tombe, sono state inquadrate in una fase iniziale di megalitismo, analoghe a quelle delle necropoli dell’Algarve occidentale. L’associazione spaziale tra dolmen, tumuli funerari, cisti megalitiche e menhir rappresenta una grande occasione per ottenere dati sulla sincronia e convivenza tra le pietre verticali a cielo aperto e le strutture funerarie.
“La Torre-La Janera”, conclude lo studio, “è sin qui un sito unico nella penisola iberica. Le architetture in pietra e le altre manifestazioni ad esse associate si riferiscono a diverse fasi cronologiche della Preistoria recente, monumenti coesistenti con diverse funzioni e tradizioni tecniche. [...] La Torre-La Janera un carattere proprio, essendo la maggior parte dei monumenti aspetto ’ruvido’ e ’semplice’. Questo fatto può essere dovuto a due possibilità complementari: a) la probabile antichità del sito, originatosi in una fase di architettura megalitica arcaica dei menhir; b) la continuità di una tradizione costruttiva e di un’identità tecnica mantenute nell’area attorno ai ’megaliti di grovacca’”. Di conseguenza, affermano gli autori dello studio, “il sito amplia l’orizzonte della conoscenza dei megalitismi dell’Europa occidentale e delle potenzialità di ricerca nel sud-ovest della penisola. La sua posizione all’estremità meridionale della facciata atlantica accresce le geografie per la discussione di alcuni dei problemi più rilevanti sulla genesi e la sequenza cronologica della monumentalità dei grandi sassi, nel caso dell’instaurazione dei loro collegamenti con le rotte marittime, la diacronia della sua validità, il peso delle evoluzioni architettoniche su scala sempre più piccola o le connessioni che manifestano i modi di costruire e organizzare questi territori. La discussione sull’antichità e la presunta estinzione di questi monumenti alla fine del III millennio a.C. sono questioni chiave per le quali il sito di Torre-La Janera può rivelare aspetti inediti”.
Spagna, in Andalusia scoperta una delle più grandi concentrazioni megalitiche d'Europa |