Pompei, ritrovato un carro da parata in ottime condizioni: “un unicum in Italia”


A Pompei, dallo scavo di Civita Giuliana, è emerso un carro cerimoniale in ottime condizioni di conservazione. Secondo gli esperti del Parco si tratta di un unicum in Italia.

A Pompei lo scavo della villa suburbana in località Civita Giuliana (condotto nell’ambito dell’attività congiunta tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, avviata nel 2017 e alla luce del Protocollo d’Intesa sottoscritto nel 2019, finalizzati al contrasto delle attività illecite ad opera di clandestini nell’area) ha restituito un carro da parata a quattro ruote in ottime condizioni di conservazione. Si tratta di un carro cerimoniale con elementi in ferro, decorazioni in bronzo e stagno, resti lignei mineralizzati, impronte di elementi organici (dalle corde a resti di decorazioni vegetali), ed è stato ritrovato nel portico dove già nel 2018 erano riemersi i resti di tre equidi.

Secondo gli esperti del Parco si tratta di "un ritrovamento eccezionale, non solo perché aggiunge un elemento in più alla storia di questa dimora, al racconto degli ultimi istanti di vita di chi abitava la villa, e più in generale alla conoscenza del mondo antico, ma soprattutto perché restituisce un reperto unico (mai finora rinvenuto in Italia) in ottimo stato di conservazione.

Il carro: un “unicum” secondo gli esperti

La coltre di cinerite che ha sigillato il carro ha permesso la conservazione delle dimensioni originarie e delle singole parti che ne scandiscono la struttura in connessione. Si tratta di un carro a quattro ruote, probabilmente identificabile sulla base delle notizie tramandate dalle fonti e dei pochi riscontri archeologici ad oggi noti con un pilentum, un veicolo da trasporto usato nel mondo romano dalle élites in contesti cerimoniali. Su alte ruote in ferro, connesse tra loro da un sistema meccanico di avanzata tecnologia, si erge il leggero cassone (90 x 140 cm), parte principale del carro, su cui era prevista la seduta, contornata da braccioli e schienale metallici, per uno o due individui. Il cassone è riccamente decorato sui due lati lunghi con l’alternanza di lamine bronzee intagliate e pannelli lignei dipinti in rosso e nero, mentre sul retro termina con un complesso e articolato sistema decorativo che prevede tre distinti registri con una successione di medaglioni in bronzo e stagno con scene figurate. Questi, incastonati nelle lamine bronzee e contornati da motivi decorativi in esse ricavati, rappresentano figure maschili e femminili a rilievo ritratte in scene che raffigurano satiri e ninfe.

La lamina bronzea è inoltre decorata nella parte superiore con piccoli medaglioni, sempre in stagno, che riproducono amorini impegnati in varie attività. Nella parte inferiore del carro si conserva una piccola erma femminile in bronzo con corona. Anche in questo caso si sono svolte analisi archeobotaniche che hanno mostrato come il legno impiegato per realizzare le strutture laterali e il retro del carro a cui sono fissati mediante piccoli chiodi e grappe gli elementi decorativi in bronzo sia faggio, particolarmente adatto a questo tipo di lavorazione.

Secondo gli archeologi del Parco, il carro rappresenta un unicum in Italia non solo per il livello di conservazione, in quanto non abbiamo solo le singole decorazioni ma l’intero veicolo, ed anche perché non è un carro da trasporto per i prodotti agricoli o per le attività della vita quotidiana, già attestati sia a Pompei che a Stabia. Nella stalla adiacente già indagata, ricordiamo che era stato possibile realizzare oltre al calco della mangiatoia, il calco di un cavallo di grande taglia, che presentava ricche bardature in bronzo. Nello stesso ambiente si rinvennero altri due cavalli, uno riverso sul fianco destro e uno sul fianco sinistro, di cui non è stato possibile realizzare il calco, a causa dei danni causati dai tunnel dei tombaroli e alla conseguente cementificazione delle cavità, che ne avevano distrutto il contesto di ritrovamento. Sono state tuttavia rinvenute altre bardature in bronzo, pertinenti ad una sella e altri elementi da parata, di sicura correlazione con il carro rinvenuto.

Mai emerso dal suolo italiano, il tipo di carro trova confronti con reperti rinvenuti una quindicina di anni fa all’interno di un tumulo funerario della Tracia (nella Grecia settentrionale, al confine con la Bulgaria). Uno dei carri traci è particolarmente vicino al nostro anche se privo delle straordinarie decorazioni figurate che accompagnano il reperto pompeiano.

Lo scavo

Lo scavo che ha portato al rinvenimento del carro fa parte di un progetto che ha una duplice finalità: cooperare nelle indagini con la Procura di Torre Annunziata, per arrestare il saccheggio del patrimonio culturale ad opera di clandestini che nella zona avevano praticato diversi cunicoli per intercettare tesori archeologici; dall’altro portare alla luce e salvare dall’azione degli scavi clandestini una delle ville più significative del territorio vesuviano. In particolare, lo scavo da cui è emerso il carro si è rivelato particolarmente complesso per la fragilità dei materiali e le difficili condizioni di lavoro; si è quindi dovuto procedere con quello che gli archeologi del Parco chiamano “microscavo”, condotto dalle restauratrici del Parco specializzate nel trattamento del legno e dei metalli. Parallelamente, ogni volta che si rinveniva un vuoto, è stato colato del gesso per tentare di preservare l’impronta del materiale organico non più presente. Così si è potuto conservare il timone e il panchetto del carro, ma anche impronte di funi e cordami, restituendo così il carro nella sua complessità.

Considerata l’estrema fragilità del carro e il rischio di possibili interventi e danneggiamenti di clandestini per la fuga di notizie, il team ha lavorato anche tutti i fine settimana a partire dalla metà di gennaio, sia per garantirne la conservazione che per dare un segno forte dell’azione di tutela sul Patrimonio esercitata dal Parco in sinergia con la Procura di Torre Annunziata ed i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, coadiuvati da investigatori del Comando Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata. Questa collaborazione ha portato anche alla partecipazione di tecnici del Parco al processo in corso contro i presunti scavatori clandestini che negli ultimi anni hanno così pesantemente colpito questa villa. Terminato il microscavo in situ, attualmente i vari elementi del carro sono stati trasportati in laboratorio all’interno del Parco archeologico di Pompei, dove le restauratrici stanno procedendo a completare la rimozione del materiale vulcanico che ancora ingloba alcuni elementi metallici e a iniziare i lunghi lavori di restauro e ricostruzione del carro.

Le dichiarazioni

“Pompei continua a stupire con le sue scoperte”, afferma il ministro della cultura Dario Franceschini, “e sarà così ancora per molti anni con venti ettari ancora da scavare. Ma soprattutto dimostra che si può fare valorizzazione, si possono attrarre turisti da tutto il mondo e contemporaneamente si può fare ricerca, formazione e studi, e un giovane direttore come Zuchtriegel valorizzerà questo impegno. Quella che viene annunciata oggi è una scoperta di grande valore scientifico. Un plauso e un ringraziamento al Parco Archeologico di Pompei, alla Procura di Torre Annunziata e ai Carabinieri del nucleo Tutela Patrimonio Culturale per la collaborazione che ha scongiurato che reperti così straordinari fossero trafugati e illecitamente immessi sul mercato”.

“È una scoperta straordinaria per l’avanzamento della conoscenza del mondo antico”, dichiara Massimo Osanna, Direttore uscente del Parco archeologico. "A Pompei sono stati ritrovati in passato veicoli per il trasporto, come quello della casa del Menandro, o i due carri rinvenuti a Villa Arianna (uno dei quali si può ammirare nel nuovo Antiquarium stabiano), ma niente di simile al carro di Civita Giuliana.

“Costante è stata in questi anni l’attenzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata alla tutela dell’immenso patrimonio archeologico presente nel territorio di competenza”, afferma il Procuratore Capo di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso.

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