Piccola Pompei a Verona? No a confronti ridicoli. Il complesso “scoperto” era noto dal 2004


A Verona è stata scoperta una piccola Pompei? Non siamo ridicoli. Lo scavo di cui si parla è molto importante, ma è stato avviato nel 2004: la notizia vera è il ritrovamento di reperti che hanno permesso di saperne di più su cosa sia accaduto nel complesso.

La “scoperta” della “piccola Pompei” di Verona rimbalzata sui quotidiani italiani e stranieri in questi giorni, e definita “spettacolare ritrovamento” dal sindaco Federico Sboarina? Si tratta di uno scavo sicuramente molto importante, ma è stato avviato nel 2004, e gran parte di ciò che la stampa ha riportato era noto da tempo agli studiosi (ma anche ai giornalisti) da più di quindici anni, dal momento che lo scavo archeologico sotto l’ex Cinema Astra era partito da tanto tempo e l’area era stata successivamente sottoposta a vincolo dalla Soprintendenza di Verona. I resti archeologici sotto all’ex cinema, situato al numero 13 di via Oberdan, erano stati rinvenuti tra l’estate e l’autunno di diciassette anni fa durante i lavori della realizzazione di un piano interrato sotto la platea di un edificio al civico 1. Gli scavi, si legge nella relazione storico-artistica della Soprintendenza datata 7 novembre 2007, “hanno portato alla luce una serie di strutture a carattere residenziale”: le indagini, tuttavia, furono all’epoca sospese.

La relazione contiene diversi dei dati riportati in questi giorni. “In questa zona”, si legge nel documento del 2007, “le varie indagini effettuate negli ultimi 30 anni hanno riscontrato l’esistenza di un settore extramurano fortemente urbanizzato in età romana, e con un tessuto insediativo analogo a quello intramurano. Ciò è documentato da numerosi ritrovamenti, alcuni particolarmente importanti come quello di via Cantore 18, che conservava vari ambienti interrati, tra cui un ninfeo, decorati da un elegante apparato pittorico, e quello di via Cantore 15/via Oberdan 18, dove erano i resti di tre grandi vani voltati, probabilmente seminterrati”. Le strutture di via Oberdan 13, si legge ancora nella relazione, “allineate con il tracciato della grande via consolare e del decumano secondo e probabilmente aperte su entrambe le strade, si compongono di una serie di vani, più di 20. La loro organizzazione planimetrica non è chiarissima, non essendo stato individuato l’elemento generatore dell’impianto (area aperta, corridoio o altro). Sono conservate per un’altezza media di oltre 1 m e definiscono ambienti di varia pezzatura, alcuni dei quali dotati di impianto di riscaldamento sia a pavimento che a parete”.

Dunque, gli impianti di riscaldamento di cui parlano a gran voce i media in questi giorni, erano già noti, così come note erano le decorazioni pittoriche. “Su alcune pareti”, si legge ancora nella relazione, “rimangono consistenti resti di affreschi che richiamano pitture di III stile, mentre in 7 vani sono stati individuati pavimenti in signino bordati da fasce di tessere musive e contenenti campi centrali decorati da tesselle e crustae. L’edificio doveva essere dotato di un piano superiore di cui è testimoniato il crollo del vano F. Tale piano era dotato di pavimentazioni musive“. Quanto alla funzione, la relazione del 2007 affermava che ”non si conosce l’esatta funzione dell’impianto che sembra aver avuto un uso residenziale, ma pare essere troppo grande come struttura abitativa privata, almeno in rapporto allo standard medio veronese“. Quanto alla datazione, questa ”risale verosimilmente alla primissima età imperiale, ma molte dovettero essere le trasformazioni susseguitesi, sembra, sino al III secolo".

Quali sono dunque, gli elementi di novità che hanno fatto gridare alla spettacolare scoperta? Certo, si tratta di uno scavo di grande rilevanza per i motivi riportati dalla relazione e menzionati sopra: per lo stato di conservazione (i piani pavimentali, per esempio, sono perfettamente conservati), per la presenza di affreschi e impianti a riscaldamento anch’essi ben conservati, per il recente ritrovamento degli arredi lignei (in questo caso conservati non perfettamente ma comunque in grado di fornire informazioni utili per capire cosa è accaduto nella struttura). Ma in realtà, negli ultimi giorni non è emerso niente che giustifichi il sensazionalismo che ha accompagnato la notizia, peraltro prima annunciata da alcune agenzie a inizio settimana e soltanto ieri approfondita in conferenza stampa. Molto semplicemente, rispetto alla relazione del 2007 gli archeologi della Soprintendenza, dopo aver ripreso gli studi sul complesso, hanno fatto scoperte che consentono di chiarire meglio le ipotesi sulla sua funzione e sulla natura dei crolli che hanno interessato gli ambienti. Alcuni recenti rinvenimenti (resti crollati, un mobile di legno carbonizzato all’interno di un ambiente che ha conservato intatti i colori delle pareti affrescate) hanno portato gli studiosi a ipotizzare che a sancire la fine del complesso sia stato un incendio, che secondo un’ipotesi, sarebbe stato deliberatamente appiccato durante l’epoca dell’imperatore Gallieno, attorno al 265 d.C., per fini difensivi, e avrebbe riguardato tutti i quartieri della città prossimi alle mura. Quanto alla funzione, si è fatta strada l’ipotesi (già comunque ventilata anni fa) che la struttura potesse essere un albergo. Insomma: la vera scoperta è stata l’individuazione di ambienti con crolli chiaramente provocati da un incendio.

Addirittura, nel 2010 si ipotizzava già la creazione di un percorso archeologico per “ammirare colonne e mosaici”. E di area archeologica è tornato a parlare il soprintendente di Verona, Vincenzo Tinè, che in un servizio della testata ArchaeoReporter ha spiegato in che stato si trovano adesso i lavori (in particolare, lo scavo, secondo quanto ha affermato, è al 30%) e cosa è previsto in futuro: “Finora”, ha dichiarato Tinè, “abbiamo potuto far perno sulla disponibilità del proprietario che ha acquisito lo stabile e che di buon grado si è reso disponibile a realizzare tutti questi scavi preliminari, funzionali a orientare la ristrutturazione e la riqualificazione dell’edificio. Lo scavo va completato, ora è al 30% e non oltre: va quindi fatto tutto il resto dello scavo e poi va allestita l’area archeologica. Quello che si è fatto è predisporre la possibilità dell’area archeologica, quindi di posizionare pilastri e strutture di consolidamento in modo da garantire la solidità della futura area”. Per andare avanti e predisporre l’area archeologica serviranno però risorse ingenti, come ha spiegato Brunella Bruno, funzionario archeologo della soprintendenza e direttrice dello scavo: “È uno scavo un po’ particolare: ha interessato i bordi dell’area proprio perché non è un’indagine che è partita da evidenze scientifiche. Noi auspichiamo ovviamente di poter trovare delle risorse idonee: ce ne vogliono tante, anche perché questo è uno scavo che deve camminare di pari passo con il restauro”.

Si fa dunque un po’ più chiaro il perché del clamore e dei paragoni con Pompei. E proprio sul confronto con Pompei è intervenuto lo stesso Tinè, sempre nel servizio di ArchaeoReporter: “L’effetto percettivo e visivo è pompeiano”, ha detto. “Ora non voglio fare confronti ridicoli, ma anche qui come a Pompei, un evento distruttivo, forse non naturale e non accidentale ma determinato dalla volontà dell’imperatore Gallieno di liberare una fascia immediatamente esterna alle mura di Verona per motivi di sicurezza, ha determinato una distruzione subitanea, estensiva, senza possibilità di degrado progressivo e senza possibilità forse nemmeno di portare fuori gli arredi da parte dei residenti, e quindi ha in qualche modo cristallizzato una situazione che è l’optimum archeologico. Tipicamente gli archeologi vivono di disgrazie che sigillano situazioni di vita: in questo caso la disgrazia dell’incendio esteso della Verona della fine del III secolo ha consentito la conservazione di evidente che altrimenti sarebbero perdute o deteriorate nel tempo”.

Nella foto della Soprintendenza di Verona, una parte dello scavo.

Piccola Pompei a Verona? No a confronti ridicoli. Il complesso “scoperto” era noto dal 2004
Piccola Pompei a Verona? No a confronti ridicoli. Il complesso “scoperto” era noto dal 2004


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