È stato ufficialmente rinvenuto il Casouri (conosciuto anche come “Casalauri”), abitato citato dalle fonti storiche come plausibilmente situato nell’area di Ravadese, nel Parmense. Se ne conosceva quindi l’esistenza ma nessuno era mai riuscito a ritrovarlo: la scoperta è avvenuta tra il 2022 e il 2023 dal personale della Bonifica Parmense, sotto la direzione scientifica degli archeologi Marco Podini (Soprintendenza di Parma e Piacenza) e del team della ditta Abacus, incaricata della sorveglianza archeologica dell’area. Ne ha dato l’annuncio ufficiale oggi la presidente del Consorzio di Bonifica, Francesca Mantelli, durante un incontro presso l’APE Parma Museo – il centro culturale ed espositivo della Fondazione Monteparma. Fondamentale è stato anche il contributo delle imprese edili coinvolte nei lavori di miglioramento e adeguamento funzionale delle condotte irrigue del comprensorio del Canale Naviglio, tra Parma e Colorno.
“I rilevanti ritrovamenti nell’area del sistema ’Naviglio’ confermano ulteriormente come l’acqua abbia da sempre rivestito un ruolo strategico nello sviluppo delle sfere economiche e sociali dei territori e nella crescita delle comunità dei cittadini. Esprimo un sentito ringraziamento a tutto il personale consortile, alle imprese impegnate nel cantiere, alla Soprintendenza di Parma e Piacenza e all’archeologa Cristina Anghinetti che, con passione e competenza, ci ha seguiti e supportati in questo articolato percorso”, ha dichiarato la presidente Mantelli.
“L’esecuzione dei lavori di sistemazione idraulica condotti dalla Bonifica Parmense contestualmente alle attività di sorveglianza e, in certe aree, di vere e proprie indagini archeologiche in estensione dimostra che è possibile indagare, salvaguardare, valorizzare senza per questo compromettere o ritardare eccessivamente la realizzazione dell’opera che ne ha occasionato la scoperta: tutela archeologica e sviluppo del territorio non sono necessariamente due concetti antitetici a inconciliabili”, ha spiegato Maria Luisa Laddago, soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza.
“La sorveglianza archeologica condotta attraversando un’ampia porzione del territorio parmense, grazie all’intervento di messa in sicurezza del sistema ’Naviglio’, ha permesso di mettere in luce nuovi indizi sullo sviluppo di questo territorio, per un arco cronologico che dai puntuali ritrovamenti dell’età del ferro giunge fino ai nostri giorni: reperti che ci raccontano la trasformazione agricola e abitativa di questa porzione della pianura, in cui l’uomo ha sfruttato le risorse della coltivazione e dell’allevamento arrivando a produrre abbastanza plusvalore da stabilire rapporti commerciali, anche grazie a canali navigabili, con territori distanti”, ha aggiunto Cristina Anghinetti, archeologa Abacus.
Filippo Fontana, archeologo ArcheoVea, ha sottolineato: “Il ruolo delle acque, della loro regimentazione e della loro gestione, nella formazione del paesaggio urbano ed extraurbano di Parma rappresenta un tema centrale nella comprensione della fisionomia del nostro territorio. Una storia di lungo sviluppata fra usi della risorsa idrica, come motore di sviluppo, e necessità di controllo della forza, a volte anche distruttrice, delle acque”.
Particolarmente coinvolgente è stata la seconda parte dell’incontro, pensata per un pubblico giovane: 70 studenti provenienti dal Liceo Artistico Statale “Paolo Toschi” (classi 4A Teatro e 4A Architettura), dall’Istituto Tecnico Tecnologico “Camillo Rondani” (classi 4C e 5C), e dall’Università di Parma (Dipartimento DUSIC, corsi di Archeologia Classica e Archeologia del Paesaggio) hanno avuto l’opportunità di vivere un’esperienza didattica unica, partecipando a una lezione interattiva con gli archeologi e osservando da vicino i reperti rinvenuti.
Parma, ritrovato ufficialmente il Casouri, antico abitato citato dalle fonti storiche |