I cambiamenti climatici e gli eventi atmosferici anomali rispetto a quanto gli scienziati sono abituati a registrare portano anche a scoperte altrimenti inaspettate. La siccità di questo 2023 infatti ha portato ad un abbassamento del livello delle acque del Rio delle Amazzoni in Brasile di ben 15 metri portando di conseguenza in superficie zone delle sponde e del letto del fiume fino ad ora nascoste. E proprio su alcune, parecchie, rocce ai bordi del fiume sono arrivati alla vista umana delle incisioni sulle pietre che sembrano disegni di volti e persone. Dei petroglifi che già nel 2010, con analoga siccità, furono intravisti e che ora si ripresentano. Intendiamoci: l’abbassamento del livello delle acque in tale misura è una cosa molto grave che non può essere certo compensata da un ritrovamento di questo tipo, comunque sia quelle incisioni hanno destato l’interesse delle istituzioni e della comunità scientifica brasiliane.
Siamo nella zona di Manaus, nello stato di Amazonas, a Ponto das Lajes, vicino alla confluenza dei fiumi Rio Negro e Solimões: qui sono nettamente visibili una serie di incisioni che compongono inequivocabilmente dei volti umani scolpiti nella pietra (come mostrano le immagini Rai)
L’archeologo Jaime de Santana Oliveira Oliveira, dell’Istituto nazionale del patrimonio storico e artistico (IPHAN), che sovrintende alla conservazione dei siti storici, ha spiegato all’agenzia giornalistica internazionale Reuters che i primi ritrovamenti risalgono al 2010, ma la prolungata siccità, con il Rio Negro, il principale affluente del Rio delle Amazzoni, che è sceso di 15 metri da luglio, ha permesso di constatarne la numerosità e la qualità: “Questa volta non abbiamo trovato solo segni, ma raffigurazioni del volto umano incise nella roccia, anche se non possiamo datarle con esattezza, in base alle prove degli insediamenti umani nella regione, riteniamo che possano risalire a circa 1.000-2.000 anni fa. Ci permettono di capire lo stile di vita delle popolazioni preistoriche”.
Le rappresentazioni sono per la maggior parte di volti, che la comunità locale chiama popolarmente “caretas”: incisioni millenarie dunque nascoste sott’acqua che rappresentano oltre alle figure umane anche degli animali ben prima dell’arrivo degli europei. Sono presenti anche incisioni che dimostrano la presenza di una sorta di officina litica con segni di lavorazioni. Il sito di Lajes conserva ancora vasche di lucidatura locali dove, migliaia di anni fa, gli indigeni fabbricavano i loro strumenti, come le accette.
Ma non è tutto: questa siccità di portata storica, considerata la peggiore degli ultimi 121 anni, ha portato alla luce altri tre siti archeologici in diverse parti dello stato di Amazonas, completamente sconosciuti e di grande rilevanza, secondo l’IPHAN. Si tratta delle rovine del Forte São Francisco Xavier, nel comune di Tabatinga (Amazonas), costruito nel corso del XVIII secolo, sulle rive del fiume Solimões, al confine tra Brasile, Colombia e Perù. L’edificio era l’ultima tappa per coloro che navigavano il Solimões verso le Ande durante il periodo coloniale, in particolare le navi che si dirigevano verso la città spagnola di San Pablo de Loreto, in Perù, segnando i domini della Corona portoghese nella regione amazzonica. Costruita in legno massiccio, la fortificazione aveva la forma di un esagono irregolare e conteneva nove pezzi di artiglieria, di cui ne restano cinque: due sono esposti al Museo di Storia Nazionale di Rio de Janeiro e tre alla caserma dell’esercito brasiliano di Solimões. L’edificio è considerato una pietra miliare nel consolidamento del confine brasiliano nella regione del Nord. I tecnici dell’IPHAN hanno ispezionato le rovine del forte per registrare il sito nel Registro Nazionale dei Siti Archeologici (CNSA), un database che riunisce informazioni sui beni archeologici in Brasile.
Il secondo è il sito della Costa do Goiabeira, nel comune di Anamã, a 160 km da Manaus. Con la siccità sono venute alla luce urne cinerarie in materiale ceramico. Il terzo dei siti si trova nel comune di Urucará, sulle rive del fiume Uatumã. È composto da petroglifi, simili a quelli scoperti a Ponta das Lajes, in cui si possono vedere incisioni realizzate su pietre. Classificati come precoloniali, i siti rappresentano lo stile di vita delle persone che abitavano quella regione in passato. Sia il sito di Anamã che quello di Urucará non sono ancora registrati presso il CNSA . L’IPHAN è venuto a conoscenza dell’esistenza di queste tracce solo durante la siccità del 2023 , rendendo necessarie visite che dovranno essere effettuate in collaborazione con altri istituti di ricerca nello stato di Amazonas nelle prossime settimane.
“In questo momento in cui incisioni rupestri e manufatti ceramici compaiono in tutta l’ Amazzonia, non possiamo non riconoscere le opportunità di ricerca e valorizzazione della nostra storia, ma anche la dura realtà della più grande siccità degli ultimi 121 anni che ha colpito la nostra popolazione”, dice la sovrintendente Beatriz Evanovick. “Esprimiamo la nostra solidarietà alle comunità colpite e riaffermiamo il nostro impegno a preservare e prenderci cura di questo patrimonio nel mezzo di sfide così ardue. Oltre a registrare e informare, pianifichiamo con il team e i partner i prossimi passi nella conservazione e cura di questo patrimonio storico e archeologico”.
L'autore di questo articolo: Andrea Laratta
Giornalista. Amante della politica (militante), si interessa dei fenomeni generati dal turismo, dell’arte e della poesia. “Tutta la vita è teatro”.