Nella puntata di oggi, Anselmo ci presenta una panoramica sugli studi che sono stati compiuti sull'arte di Battista di Gerio, sfuggente pittore pisano, attivo tra Pisa e Lucca, le cui uniche notizie certe sulla sua vita occupano il ridottissimo spazio di tempo che va dal 1414 al 1418. Anselmo, attraverso il suo articolo, cerca anche di ricostruire le suggestioni che avrebbero influito sull'arte di Battista di Gerio.
Battista di Gerio è un pittore di buona qualità, ma la sua conoscenza è resa difficile dallo scarso numero di dipinti pervenutici, opere che comunque hanno attirato l'attenzione di grandi storici dell'arte quali Roberto Longhi, Carlo Volpe e Federico Zeri.
Abbiamo un'attestazione documentaria del padre di Battista, il lapicida Gerio di Giovanni: nel 1418 venne pagato dall'Opera del Duomo pisano “pro pictura tetti seu celi tabularum existentium in introitu camposancti super ymaginem et figuram Domine nostre Virginis Marie gloriose”. Il 5 aprile 1414 suo figlio conclude a Pisa il proprio apprendistato presso il pittore senese Vittorio di Domenico (già attestato in città nel 1402 e nel 1408). Non sono emerse al momento opere riconducibili a questo artista, ma secondo la studiosa Maria Teresa Filieri la presenza in Battista di caratteri stilistici riconducibili alla pittura senese ed in particolare a Taddeo di Bartolo si devono al suo rapporto con Vittorio. Queste tangenze sono evidenti in una lunetta, affrescata intorno al 1415, raffigurante la “Madonna col Bambino e due angeli adoranti”, oggi conservata nel Museo Nazionale di Villa Guinigi a Lucca, ma proveniente dall'ospedale cittadino di San Luca.
L'affresco (strappato in una data imprecisata) rappresenta, secondo Andrea De Marchi, il “frammento di una composizione ben più vasta”. Lo studioso ritiene che l'opera, dipinta con una “fluenza lineare”, sia riconducibile a Battista per via del suo consueto “intenso e squillante cromatismo”, anche se qui è a malapena individuabile a causa dell'impoverimento diffuso che ha interessato la superficie pittorica. L'attribuzione viene rafforzata confrontando il volto della Vergine raffigurato nell'opera in questione con quello dipinto da Battista nella Madonna col Bambino conservato nell'Opera della Primaziale di Pisa, affresco lievemente più arcaico, e quello della Vergine collocata al centro del polittico della Pieve di Camaiore, datato 1418.
Quest'ultimo presenta altre caratteristiche stilistiche in comune con l'affresco lucchese quali “il particolare modo di spartire i capelli in ciocche intere e ricciolute o il profilo del velo trasparente sopra la fronte della Vergine”, secondo l'attenta analisi di De Marchi. Lo studioso prosegue notando come in questo affresco Battista aderisca “ai calibrati linearismi ghibertiani” riconoscibili qui nella “soluzione del drappo che maschera completamente il dossale del trono”, lo studioso annota inoltre la presenza della “bella falcata ghibertiniana degli angeli adoranti e del manto che si allarga dolcemente sul petto della Vergine”.
L'attribuzione di quest'opera a Battista contribuisce ad allargare la conoscenza dell'attività lucchese dell'artista pisano, finora conosciuta solo grazie ad un documento redatto il 4 aprile 1418 in cui si afferma che Battista, abitante a Lucca, costituisce una società quadriennale con il pittore locale Francesco di Jacopo, incaricato delle mansioni ausiliarie. Nello stesso anno Battista realizza il trittico raffigurante la “Madonna col Bambino fra i Santi Antonio Abate e Bartolomeo, Biagio e Torpé (o Ansano)” conservato a Pieve di Camaiore (provincia di Lucca) nella chiesa dei Santi Stefano e Giovanni Battista. L'opera è firmata alla base dello scomparto centrale (BAPTISTA DE PISIS), sul listello inferiore si legge la scritta “HOC. OPUS. FECIT. FIERI. D(ominu)N(u)S. NUTUS. PR(ri)OR . HUI(us). EC(c)L(es)IE. A . D. MCCCC XII III. Per lungo tempo questa fu l'unica opera conosciuta di Battista di Gerio.
Il trittico fu commesso all'artista da don Nuto Cecchi, probabilmente per la chiesa di San Giovanni e Reparata di cui era priore, da cui fu poi trasferita nella sua sede attuale. L'esame stilistico dell'opera evidenzia affinità con artisti dell'area culturale fiorentina e senese: il san Biagio, ad esempio, assomiglia moltissimo ad un san Nicola (conservato in una collezione privata) realizzato dal “Maestro di Borgo alla Collina”, un artista anonimo per cui lo studioso Alberto Lenza nel volume, di recentissima pubblicazione, intitolato “Il Maestro di Borgo alla Collina: proposte per Scolaio di Giovanni pittore tardogotico fiorentino”, propone l'identificazione con il pittore Scolaio di Giovanni, stretto collaboratore di Gherardo Starnina che, secondo alcuni, è il cosiddetto “Maestro del Bambino Vispo”.
Come si vede, la cultura storico-artistica su cui poggiano le opere di Battista è ancora in parte da sondare, operazione complessa, ma affascinante. Ne do ancora un esempio citando il caso esemplare di connoisseurship tramite cui Federico Zeri ricompose un trittico di Battista, raffigurante una Madonna col Bambino e santi, diviso fra il Museo du Petit Palais di Avignone, la collezione Johnson di Philadelphia ed una collezione privata. Queste tre tavole, secondo la Filieri, rappresentano, rispetto al polittico di Camaiore, una “fase ulteriore nella quale il pittore, riproponendo e aggiornando i tratti peculiari del suo linguaggio, aderisce a formule espressive dai ritmi pacati e solenni che annunciano come egli si muova ormai in una temperie nuova, di marca “masoliniana”, al pari dei pittori fiorentini riformati, quali Giovanni Toscani o Rossello di Jacopo”.
Anselmo Nuvolari Duodo