Giovanni ci parla oggi di una tela allo stesso tempo eroica e poetica: "Enea e Turno", opera conservata alla Galleria Corsini di Firenze e risalente al 1682 circa. Il dipinto è a soggetto letterario ed è tratto dall'Eneide di Virgilio: Giovanni ce lo racconta con un'analisi bella e appassionata.
Nella sua lunga missione per la fondazione di Roma, Enea si trova ben presto a fronteggiare alcune popolazioni del Lazio e di parte dell’Umbria e della Campania. Turno, re dei Rutuli, ha riunito attorno a sé un grande esercito ma attende, fino a quando la sua protettrice Giunone gli invia dal cielo Iride, per esortarlo alla lotta. Segue una violentissima battaglia: capi valorosi e giovani assetati di gloria cadono da entrambe le parti, fino a quando Turno decide di mandare un messaggio ad Enea proponendo uno scontro diretto fra di loro. Enea, lieto di risolvere la questione con un duello, indossa la corazza e le armi divine. Il campo è approntato, e le due schiere di soldati si sono disposte ai lati, alla presenza di Giunone e Venere. Il duello ha inizio ed Enea, grazie alla protezione delle sue armi forgiate da Vulcano, ha subito il sopravvento su Turno, ma al momento di finire il nemico sembra esitare per un attimo, commosso dalle implorazioni del giovane che chiede di risparmiarlo. Quando però riconosce sulla corazza del nemico le borchie del proprio compagno Pallante, che Turno porta come trofeo dopo averlo ucciso, l’ira lo conduce a brandire il colpo fatale.
L’indugio che si è insinuato nell’animo generoso di Enea prima di uccidere Turno è il momento scelto dal pittore per un’immagine ricca di pathos, che ben riassume le fatiche sostenute dall’eroe troiano prima di fondare la stirpe romana. Commovente è il gioco di sguardi: il terrore e la supplica che si imprimono sul volto del re dei Rutuli e la riflessione che attraversa il pensiero di Enea. Sfumature psicologiche con le quali il pittore gioca per offrire l’idea del tumulto delle passioni, profondamente umane, vissute dai protagonisti, consapevoli del momento decisivo di fronte allo scontro. Con gesto fermo il figlio di Anchise blocca il corpo di Turno, che a sua volta tenta di sollevarsi in un ultimo sforzo. Sullo sfondo i guerrieri si agitano e si preparano anch’essi alla lotta ai piedi della città turrita, dove i Troiani asserragliati hanno sostenuto l’assedio dei Rutuli.
In cielo le due dee supportano i rispettivi beniamini; la bionda Venere, accompagnata da Vulcano e la disperata Giunone, amareggiata per l’esito infausto. Anche i colori del cielo, squarciato da nubi incendiate di rosso e scurito di un blu cobalto, e i tagli di luce radente a tratti scintillante, concorrono a definire la pausa emotiva e grave, in un ritmo comunque concitato, evidenziato dallo svolazzare delle vesti.
Famoso per la straordinaria rapidità di produzione, Luca Giordano dimostra anche in quest’opera della maturità una sapiente capacità di sintesi. Il dipinto fu eseguito durante il soggiorno fiorentino dell’artista napoletano, fra il 1682 e il 1685, quando risulta impegnato nella decorazione della cappella dedicata a S. Andrea Corsini, nella chiesa del Carmine a Firenze.
Giovanni De Girolamo