Uno dei capolavori più interessanti e affascinanti di Giorgio Vasari, Perseo e Andromeda di Palazzo Vecchio, è il protagonista dell'articolo della rubrica "La nota" dedicato al grande aretino di cui ricorre quest'anno il cinquecentesimo anniversario della nascita. Ambra ci dà modo di approfondire un'opera di cui abbiamo parlato nel podcast: lasciamoci guidare dalle sue parole!
Giovane e bella, ma ormai in preda alla disperazione e arresa al suo crudele destino,
Andromeda attende l'attimo in cui la mostruosa creatura, partorita dalla mente del dio
del mare Poseidone, giunga al suo cospetto per divorare le sue membra.
Se in realtà tal destino si fosse compiuto, fiere e soddisfatte si sarebbero mostrate le
ninfe del mare che mai sopportarono esser superate in bellezza dall'incantevole
fanciulla.
Suo padre, re di Etiopia, mai in vita sua versò così tante lacrime di dolore, mosse
dalla nefasta consapevolezza della sorte crudele inflitta alla figlia il cui giovane
corpo giaceva incatenato ad una cima rocciosa nel territorio ormai devastato di
Filistia.
Solo i suoi occhi ed il suo sguardo potevano scorgere il paesaggio lontano laddove la
morte era già sopraggiunta.
Tante furono le preghiere e le suppliche agli dei dell'Olimpo e proprio quando ogni
speranza sembrava ormai assopita, il giovane Perseo con il suo cavallo Pegaso riuscì
a sconfiggere l'imminente male.
Forte e vittorioso il giovane Perseo, “... havendo posato in terra la testa di Medusa”
liberò colei che poi divenne la sua tanto amata sposa che l'abile mano di Vasari decise
di raffigurare su di “...una lastra, dipinta a olio”.
E se a Vasari, come egli stesso afferma nel Ricordo, tal dipinto “... nel qual tempo convenne fare, dov’è Perseo, che sciogliendo Andromeda, nuda allo scoglio marino”, anche al giovane Perseo convenne affrontar tal impresa poiché il tanto atteso amore ben presto trovò.
E se l'eccelso pittore, per tale opera, ebbe cura di riservare a se stesso parole di autocompiacimento, in altra occasione certo non mancò di descrivere con ammirazione anche l'opera di ugual soggetto realizzata da Piero di Cosimo nel 1510 affermando che egli “...non fece mai la più vaga pittura né la meglio finita di questa, atteso che non è possibile veder la più bizzarra orca marina né la più capricciosa di quella che si immaginò di dipignere Piero”.
Ambra Grieco