Quello che oggi ci propone Ambra è un particolare della vita di Domenico Zampieri, meglio noto come "il Domenichino", che non tutti conoscono: il suo amore, ricambiato, per Rosa Fallani, dal triste epilogo. Con il suo stile molto elegante Ambra ci fa rivivere i momenti dell'amore tra Domenico e Rosa, conducendoci nella Frascati del Seicento.
Odio e rabbia nutrivano verso di lui, i familiari della dolce e bella Rosita, fra le mura
della loro umle dimora, nel piccolo paese di Frascati nel quale abitò anche lui, il
grande Domenico Zampieri.
“Grande”, è ovvio, per la sue capacità disegnative e pittoriche, poiché se la natura da
una parte dona e dall'altra toglie, certo è che nella bellezza non gli fu favorevole.
Basso e goffo, il povero Domenico sopportava ogni giorno gli insulti e le beffe di
coloro che vedendolo, osavano ridere senza alcun scrupolo attribuendogli il
nomignolo di “Domenichino”.
Quel dolore e quella frustazione resero più sensibile il suo cuore che ben presto si
sciolse alla vista di una bella compaesana, Rosa Fallani, sua musa ispiratrice e donna
tanto amata, ma altrettanto contesa.
Quell'amore tanto forte quanto difficile, ostacolato dalla gelosia di una famiglia che
non voleva perder la fanciula prediletta, alimentò voci e pettegolezzi che il gretto
volgo di Frascati assaporava con piacere giorno dopo giorno.
Fuggì, alla ricerca di pace e di qualche buona commissione artistica attraversando per
lungo e per largo l'Italia, ma anche la lontananza non riuscì a far svanire il ricordo di
quel fiore prezioso.
E così, il suo volto prese forma negli affreschi di S.Nilo nella chiesa della Badia di
Grottaferrata, vestita di un prezioso abito di damasco fiorito, poiché egli “invaghissi
di una zitella la quale un giorno venendo con la madre alla badia, ascostamente la
ritrasse in chiesa, e la colorì nell’istoria di Ottone che visita San Nilo...”.
Così Oreste Raggi, nella sua opera “I Colli Albani e Tuscolani” descrive il colpo di
fulmine che quella mattina cadde a ciel sereno, mentre egli adempiva al suo
impegno lavorativo.
“Desiderava Domenico di avere questa giovine per moglie”, ma le insidie continue
ed imperterrite di quella famiglia resero vano ogni tentativo di congiunzione.
I giorni trascorsero veloci e di quell'amore, almeno fra le vie del paese, non si
mormorò più, ma in cuor suo, quella fiamma, seppur piccola, non si spense mai.
E così, consapevole dell'impossibile desiderio, ormai arreso e combattuto, all'età di
trentanove anni sposò Marsilia Barbetti in una piccola chiesa di Bologna.
Infelice e pieno di rimpianti, egli morì in preda a costanti incubi ed ipocondrie tanto
che “si era ridotto in tavola a cambiare le vivande a sorte, nelle quali ansietà et
angustie consumandosi in lui il vigore e lo spirito”.
Ambra Grieco