Il Bronzino non fu soltanto uno dei più grandi pittori del Cinquecento: fu anche un fine intellettuale alla corte dei Medici e svolse attività di poeta. Ambra ci propone una sintesi sulla sua pittura, con riferimenti anche ai commenti di Giorgio Vasari, e qualche cenno sulla sua attività letteraria.
Quando nel 1548 Paolo Pino nel suo Dialogo di pittura considerò Bronzino il
rappresentante più eccelso di Firenze, ne esaltò ripetutamente le doti disegnative
garanti di un manierismo tipicamente fiorentino.
Alla luce del giorno, fra le mura del palazzo granducale, dove lo scintillio dell'oro e
dell'argento illuminava gli occhi dei poveri, Bronzino disegnava i delicati lineamenti
nobiliari reduce da un Morfeo che abbracciarlo più non voleva.
Foglio, penna ed inchiostro accompagnarono le sue notti insonni quando l'ispirazione
sembrava aver la luna nel cuore.
“Io veglio gran parte della notte e poco dormo e sol quel tempo alle mie rime
sceglie” quand'egli, a braccetto con la solituudine ed il silenzio, si interrogava:
“...che debb’io fare?”.
Con l'indole modesta ed il cuore pieno di rime, Agnolo compose sonetti e canzoni
che egli dedicò ad amici, artisti ed esponenti del casato mediceo, fra la stima e
l'ammirazione di chi come lui amava l'arte della scrittura.
Con la sorte favorevole al suo fianco, egli visse dove “fioriva maggior copia di belli
ed elevati ingegni, che in altri tempi fusse avvenuto giammai” come afferma il
Vasari, consapevole anch'egli di aver assaporato le glorie di un'epoca irripetibile.
Deliziato dal profumo dei fiori d'arancio di un matrimonio che segnerà la sua
fortuna, Bronzino dipinse il dolce volto di Eleonora in compagnia del figlio “tanto
naturali che paiono vivi veramente e che non manchi loro se non lo spirito”.
Così il Vasari descrive i ritratti compiuti da Agnolo alla corte medicea affermando
che “era suo proprio ritrarre dal naturale quanto con più diligenza si può
immaginare”.
Coerente alle volontà propagandistiche dei Medici, egli fu pittore e poeta radicato ad
un petrarchismo antico alternato talvolta alla simpatia e alla licenziossità delle rime
bernesche.
E così, fra il riso e le burla, Bronzino non mancò di esternatre, fra una rima e l'altra,
le sue più intime impresioni riguardo l'aristocrazia fiorentina, con lo spirito vivace ed
ironico di chi possiede l'intelligenza di equilibrare la realtà alla fantasia.
Ambra Grieco