Ragione da una parte, istinto dall'altra: Pallade e il Centauro è uno dei manifesti dell'arte di Sandro Botticelli, ispirata, in questo come in altri casi, dalla filosofia neoplatonica e dalla rilettura della mitologia. Ambra propone la sua analisi del grande capolavoro con il consueto stile raffinato, che questa volta si fa quasi poetico.
Preda di un costante ed irrefrenabile dualismo in cui la ragione sfiora l'istinto in una
continua ed incessante lotta dove non esistono né vincitori né vinti, l'uomo sogna
un'utopia che non cesserà mai di esistere.
La speranza di poter raggiungere quell'equilibrio precario e difficilmente perseguibile
fra istinto e ragione, si compie quand'egli si volta a guardarla con occhi pieni di
timore, quando la gentil mano afferra la sua folta chioma e tal immaginaria creatura si
ferma e supplisce.
Pacifiche son ora le armi di entrambi, mesta è l'alabarda e a terra è riposto l'arco
dalle frecce appuntite, quando il trionfo della ragione si impone glorioso sugli istinti e
sulle pericolose passioni.
Di bianco vestita, sulla trasparenza del suo abito appare un decoro, un emblema
araldico che si ripete lungo tutto il biancore della veste che la ricopre.
E i fogliati di olivo che avvolgono il suo corpo, raccolti dallo splendore di un anello
diamantato si uniscono a foglie d'acanto che poggiano sulla beata sommità del suo
capo, là, dove un soffice intreccio di capelli dorati risplende di luce divina.
Nata dalla mente di Giove grazie all'ausilio di Efesto, divenne coraggiosa guerriera
protettrice delle civiltà, preposta a vegliare sulla guerra e sulla pace con prudenza e
tenacia.
Emblema della sapientia, concepita come capacità di condurre la mente umana
verso la conoscenza divina, ella è forse simbolo di pace e gloria garante di un
governo capace di domare il disordine della discordia, o forse risulta essere la
rappresentazione di un concetto neoplatonico risuonante a più voci fra le menti ed il
pensiero di colti accademici.
Ormai immobile e remissivo il centauro arciere, simbolo di passioni incontrollate e
impulsi irrazionali blocca ogni suo gesto al cospetto di una presenza divina quanto
mai dolce e leggiadra nel momento in cui la ragione si impegna a sottomettere
l'insano istinto e le fugaci passioni.
Creatura metà uomo e metà animale, simbolo di brutalità e lussuria, si arrende di
fronte ad una pura e trionfante castità.
E così, accanto ad un'antica architettura, nel bel mezzo di un paesaggio lagunare la ferrea volontà divina si impone nella materializzazione di una realtà trasfigurata ed idealizzata attraverso il disegno nella ricerca assetata di una bellezza suprema. E in quel femminil sguardo, divino e umanamente malinconico risiede tutta quella tristezza e profonda inquietudine nutrita da un artista, che come afferma il Vasari, morì solo e nella più profonda indigenza.
Ambra Grieco