Una Venezia in cui la vita scorre ancora tra feste e mondanità, ma anche una Venezia avviata verso la fine della sua indipendenza: le atmosfere nostalgiche di Francesco Guardi rendono percepibile il declino della Serenissima. Ambra ce ne parla in questo articolo, facendo anche degli interessanti riferimenti a come il Canaletto considerava la pittura di Francesco Guardi.
Avvolta da un'atmosfera irreale e fortemente soggettiva, percepisco il preannunciare
di un fervore romantico dove l'illusione di colori e forme mi cattura e trasporta il mio
sguardo su tocchi di pennello veloci e guizzanti che colorano di movimento la
staticità di architetture e scenari urbani.
Mi sento parte di un' ambientazione vibrante di luce, creata da linee e prospettive
dilatate, edifici e “... cose che restano scorrette quanto mai, ma spiritosissime”.
Così Canaletto descrisse le opere di un'artista che “... lavorava per guadagnarsi la
pagnotta giornaliera” disprezzando il modo in cui egli lavorava poiché
“... comprava telacce di scarto con imprimiture scelleratissime”.
E forse fu proprio quella sua scelleratezza che permise a Francesco Guardi di creare
scenari in cui la realtà si intreccia alla fantasia in un carnevalesco insieme di
passaggi cromatici uniti a trasparenze madreperlacee. Qui, l'azzurro del cielo con le
sue soffici e vaporose nuvole domina il susseguirsi incalzante degli edifici e delle
arcate fra l'altezza maestosa di un campanile e le galanti rotondità delle cupole di
San Marco.
Amata e mai tradita, l'artista raffigurò sempre la bellezza e lo splendore di Venezia,
dei suoi riflessi, dei suoi colori, così caldi e vibranti come le onde increspate
dell'acqua su cui danzano gondole animate da una tradizione viva nei secoli.
E quei giochi di fantasia, così liberi e romantici, disprezzati e non compresi dal gusto
dell'epoca, esprimono uno stile pienamente autonomo ed originale in cui un'arbitraria
impostazione dell'impianto prospettico conduce ad effetti di dilatazione spaziale dove
gli abiti e le vesti di un'élite veneziana colorano la città di tinte accese e piene di
vita.
Quei tocchi veloci ed in apparenza spensierati di “colore molto oglioso che spesso
usava per tirare avanti” nascondono nell'artista quel sentimento di decadenza
politica e morale che egli ben presto avverte intorno a lui. Quella vena nostalgica
nata dal ricordo ancora vivo nella sua mente della grandezza ormai passata di
Venezia, si lega alla consapevolezza di un declino ormai prossimo, celato da un
pesante, grigio velo di sfarzo esteriore.
Rivive ancora oggi sulle tele di Francesco Guardi quella Venezia ormai passata fatta
di luci ed ombre, realtà e riflessi, a scapito di quelle parole che risuonarono rumorose
dalle labbra di Canaletto: “Chi acquista dei suoi quadri deve rassegnarsi a perderli in poco tempo ed io non
mi farei mai malleveradore della loro durata per altri dieci anni...”.
Ambra Grieco