Salvator Rosa non fu soltanto un grande pittore: la sua versatilità gli permise di essere anche uno stimato poeta e letterato, un buon musicista e anche un attore dilettante. Con l'articolo di oggi e con il consueto stile raffinato, Ambra ci parla delle sue tante attività partendo dall'infanzia vissuta a Napoli.
Casa dolce casa, tu che un tempo ammiravi da laggiù, la vetta alta del Vesuvio, nel
cuore di un piccolo paesse di nome Antella, dove il musicar del dialetto napoletano
risuonava fra le mura delle antiche abitazioni.
È curoso imaginare dove un tempo lontano nacque Salvator Rosa, nelle stanze in cui
vissero i soi nonni, stanze che oggi purtroppo non esistono più.
Giovane fanciullo accolto dai frati somaschi, imparò a leggere e a scrivere, ma in cuor
suo sentiva di non aver raggiunto ancora ciò che il suo animo desiderava.
Imparò dunque a suonare, fra le dolci note di uno spartito ancora tutto da scoprire,
dedicandosi altresì all'arte della pittura, dove il genio della sua mente vagò fino
all'orizzonte più lontano di paesaggi marini, villaggi e porti baciati dal suo sguardo.
Non meno capace fu nell'arte della poesia, sospinta ed esaltata da una vasta
erudizione che, accompagnata da spiccate doti mnemoniche, riuscì a ricamare le
bianche pagine di un diario da taluni invidiato, ma da molti ammirato e stimato.
“Arrivato dunque il Rosa con le sue facezie a farsi conoscere per comico, per poeta,
per suonatore, e per musico...” difficile non fu entrare nella grazia e nella stima di
personaggi importanti del suo tempo.
Bagnato da un'abbondante pioggia di commissioni artistiche, fu così che egli riuscì
ben presto a guadagnare ingenti somme di denaro, vivendo spesso in compagnia di
amici e ammiratori “...mossi dal desio di vedere le opere del suo pennello..” e “
per godere della lettura he egli stesso faceva delle sue satire”.
Giunto poi in quella che un tempo fu la culla del Rinascimento, dove la sua dimora
divenne “l'albergo delle Muse”, dell'erudizione e della cultua, egli, affiancato da
illustri esponenti della cultura fiorentina, fondò un'Accademia che venne
denominata I percossi, dove il pubblico, durante alcuni mesi dell'anno poteva
partecipare ai loro incontri privati.
Il tempo trascorse veloce, fra lo scoccare delle ore ed il susseguirsi degli anni così
che egli “desideroso di vivere qualche tempo a se stesso e ai propri studi e di aver
queste per poter compilare le sue satire” si recò a Volterra.
Fra la lettura di una satira e l'altra, mentre il suo orgoglio si compiaceva di fronte agli
amici letterati, egli nel profondo del suo cuore sentiva che “non era contento in
veruna delle due professioni” poiché le invidie e le gelosie tormentavano la sua
tranquillità interiotre.
E così, spinto dal desiderio di una sottile vendetta, egli scrisse la Satira dell'invidia
contro coloro i quali più volte osarono dubitare della paternità dei suoi scritti.
E fra le rime e i colori, suo figlio Augusto, avuto da Lucrezia, fedele compagna che
egli decise di sposare solo in punto di morte, amava ricordarlo così:
“Salvator Rosa, pittore napoletano, non secondo a nessuno del suo tempo, e pari ai
migliori poeti di tutti i tempi”.
Ambra Grieco