Nel suo secondo appuntamento con la rubrica La nota, Ambra ci propone una bellissima analisi del "San Michele Arcangelo" di Guido Reni, che si trova a Roma in Santa Maria della Concezione, in Via Veneto. Un ottimo coronamento per la puntata sul grande artista bolognese.
Quando i nostri occhi contemplano un'espressione artistica così eccelsa, un invadente stupore
sembra invadere il nostro cuore.
Una pittura argentea capace di raggiungere livelli straordinari di intensa delicatezza fissando i
canoni di una bellezza virtuosa, una bellezza che si propone come modello estetico e morale.
Immerse in un idealismo classicheggiante, le opere di Guido Reni ripercorrono i sentieri idilliaci del
mito e della storia antica con uno sguardo di stima verso l'eredità culturale del Rinascimento.
Una ricerca del vero necessaria e fortemente voluta, ma depurata dei suoi aspetti più volgari fino
alla sublime rappresentazione del vero ideale.
Quel sottile e fragile equilibrio che cerca di mediare la purezza del divino con l'oscurità del vero si
evince da ogni sua opera capace di coniugare l' esigenza di verità caravaggesca con il divino
classicismo di Raffaello nel complesso confrontarsi con la tradizione.
Vesti fruscianti, delicati panneggi, volti fanciulleschi testimoniano l'alto senso della bellezza
risultato finale di un approccio conservatore che ripropone la monumentalità antica ed il
naturalismo contemporaneo.
Ecco che l'animo cristiano affianca la grazia e la delicatezza in raffigurazioni umane e divine il cui
corpo diventa ricordo mormorato di un passato da rievocare come testimonia il celebre "San
Michele Arcangelo" commissionato all'artista dal cardinale Antonio Barberini e realizzato su tela di
seta.
Morbidi panneggi colorati avvolgono il sinuoso corpo dell'angelo in un intenso classicismo
all'interno di un'equilibrata composizione capace di evidenziare la celestiale bellezza del volto
angelico.
Le decise curve compositive fanno risuonare l'intera composizione sulla base di una iconografia
antica impostata sulle note di un'avvolgente sinfonia.
Grande fu il riconoscimento e la stima dei contemporanei i quali non esitarono a confrontare la
graziosa, ma allo stesso tempo possente creatura angelica con l'Apollo del Belvedere.
Il suo braccio destro così muscoloso e possente nell'impugnare quella spada così sottile ed affilata
pronta a sconfiggere il demonio intraprende l' eclatante diatriba che sembra apparire ai nostri occhi
nell'ammirare la bellezza ideale dell'angelo contrapposta alla brutalità del demonio.
"Vorrei aver avuto pennello angelico, o forme di Paradiso per formare l'Arcangelo, o vederlo in
Cielo; ma io non ho potuto salir tant'alto, ed invano l'ho cercato in terra. Sicchè ho riguardato in
quella forma che nell'idea mi sono stabilita".
E fu quell'idea così ben chiara e definita nella mente geniale dell'artista che il bene, nella
personificazione del San Michele sembra abbracciare il bello accompagnando la mente
dell'osservatore verso la comprensione della più antica lotta mai esistita tra il bene ed il male.
Ma osservando con attenzione quell'orrida creatura portatrice di sciagure, essa non ha forse le
sembianze di un potente uomo di Chiesa?
Lo sguardo demoniaco così fortemente espressivo testimone della sconfitta ormai sopraggiunta
nasconde forse una personale vendetta dell'artista nei confronti di un papa alquanto indisponente?
"L'angelo io non potevo vederlo e dovetti dipingerlo secondo la mia fantasia. Il demone invece l'ho
incontrato parecchie volte, l'ho guardato attentamente e ho fissato i suoi tratti proprio come li ho
visti".
E fu proprio così che Guido Reni si giustificò al cospeetto di Papa Innocenzo X che vedendosi
ritratto in sembianze demoniache si pentì di aver riservato all'artista parole ben poco piacevoli sul
suo operare artistico.
Ma se l'arte, la vera arte è eterna, allora la vendetta dell'artista sfiorerà gli albori dell'eternità.
Ambra Grieco