La Casa Museo Jorn di Albissola Marina, una poesia della spontaneità


Asger Jorn visse e lavorò per anni ad Albissola Marina: la Casa Museo Jorn, quella che un tempo era la sua abitazione, conserva la poesia della sua arte.

La strada che parte dal borgo a mare e s’inerpica sulle colline che da dietro lo serrano, tra palme, olivi e muretti a secco, negli anni Cinquanta conduceva a un terreno incolto e a una casa colonica abbandonata, risalente a chissà quale epoca. Quelle erte assolate che salgono da Albissola Marina erano state il luogo in cui due papi, Sisto IV e Giulio II, trascorsero la loro infanzia: probabile dunque che anche quell’edificio così mal conservato potesse un tempo far parte d’una tenuta agricola appartenuta ai della Rovere, che di questo territorio erano originarî.

Da quassù si gode d’un ampio panorama sul mare. Si vede tutta Albissola, ma lo sguardo abbraccia anche il porto della vicina Savona e, dalla parte opposta, il piccolo promontorio che separa la città della ceramica dai comuni vicini. Negli anni Cinquanta, l’espansione edilizia aveva appena iniziato a mordere questo tratto della costa ligure, e la vista, rispetto a oggi, incontrava certo meno ostacoli. Ma sono rimasti immutati il profumo dei pini, il frinire delle cicale, la rilassante tranquillità. Ambiente quanto mai idoneo alle riflessioni d’un artista: tanto dovette pensare il grande Asger Jorn (Vejrum, 1914 – Aarhus, 1973) quando, nel 1957, decise di stabilirsi in quell’antica casa di sassi e mattoni, non appena le condizioni economiche gli permisero di traslocare in un posto più accogliente rispetto a quelli cui era abituato fin dal momento del suo arrivo in Italia.

Il panorama dal giardino di Casa Jorn
Il panorama dal giardino di Casa Jorn. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Asger Jorn
Asger Jorn. Courtesy Amici di Casa Jorn

L’artista aveva accolto, tre anni prima, l’invito di Enrico Baj e di Sergio Dangelo, coi quali aveva da tempo stabilito contatti epistolari. Jorn aveva da sempre mostrato una certa ostilità nei confronti del funzionalismo: “l’impulso artistico”, scriveva già nel 1943, “è il centro della nostra immaginazione e del nostro intuito. È ciò che unisce le nostre realtà col nostro potenziale, quello che esiste con quello che non esiste, quello che è stato con quello che sta per arrivare ma non è ancora arrivato, il possibile con l’impossibile. È ciò che ci consente di elevarci al di sopra delle domande che riguardano il tempo e lo spazio. È qualcosa di fondamentale nella nostra natura, perché rafforza la nostra volontà di vivere e di creare”. La sua polemica contro uno stile che riteneva colpevole di sopprimere l’estro creativo dell’artista lo portò a fondare, nel 1954, il Mouvement Internationale pour un Bauhaus Imaginiste, che si prefiggeva l’obiettivo di ricreare lo spirito di comunità della Bauhaus di Gropius, d’opporsi alle derive del gruppo fondato a Weimar (e deriva era considerata la tanto osteggiata “nuova Bauhaus” di Max Bill), di concedere fiducia e importanza all’espressione artistica del singolo, e di schierarsi contro l’eccesso di razionalità tipico del funzionalismo. Baj aderì al movimento, e Jorn fu entusiasta di trasferirsi in Italia: Albissola Marina gli fu suggerita proprio da Baj, perché diversi suoi amici, tra i quali Lucio Fontana, la frequentavano, e l’artista milanese, pur non essendoci mai stato di persona, ne aveva sentito sempre parlare molto bene.

Jorn però non aveva un posto dove dormire. Nella primavera del 1954, quando giunse ad Albissola Marina assieme alla compagna Matie e ai figli Olga, Martha, Ole e Bodil, finì dapprima ospite di Lucio Fontana nel suo fondo di Pozzo Garitta, la pittoresca piazzetta nel centro storico di Albissola, e giunta l’estate s’accampò in un terreno di proprietà del marchese Faraggiana, nel quartiere di Grana, non lontano da Albisola Superiore. Letteralmente: l’alloggio del “vichingo”, come era uso chiamarlo Baj, era nient’altro che una tenda da campo. Ma era comunque comoda: in una lettera inviata nel 1997 a Piero Simondo, la figlia Martha (nata Nieuwenhujis) ricordava che la tenda era grande “quasi come un bungalow”, spaziosa, ultimo modello, di fabbricazione danese, accoglieva sei persone che al suo interno dormivano larghe. Ed era financo dotata di veranda. La sistemazione per l’inverno, invece, era lo studio che Asger aveva preso in via Isola: “un enorme vano”, scriveva ancora Martha, “dotato di servizi, diviso in due da una parete di legno, in cui stavamo comodamente”. Lo studio era situato vicino alle fornaci dove si fabbricavano le ceramiche: l’artista danese era giunto ad Albissola col chiaro intento d’approfondire questa tecnica che riteneva particolarmente consentanea al suo modo d’intendere l’arte.

Da quando Asger Jorn piombò in Liguria a quando riuscì ad acquistare il terreno e la casa in collina, nel quartiere Bruciati, passarono appena tre anni: i proventi delle vendite delle opere certo non gli consentirono di vivere nel lusso, ma poté togliersi la soddisfazione d’avere una casa sua, e soprattutto di sistemarla nella maniera che ritenesse più acconcia. E si prodigò in tutti i modi per rendere la casa stessa una grande opera d’arte. Ad Albissola Marina, Asger strinse una salda e profonda amicizia, destinata a durare fino alla fine dei suoi giorni, con un artigiano del luogo, Umberto Gambetta (ma per tutti, semplicemente, Berto), che lo aiutò a risistemare il rudere. “Per anni”, ricordava Martha, Berto “dedicherà ogni momento libero in restauri ed abbellimenti che, in un crescendo, trasformeranno la nostra casa con giardino in casa-museo”. A Berto, abile coi lavori di muratura, Asger affidò l’incarico d’occuparsi di pareti, muri e pavimenti. L’artista invece creò le ceramiche che avrebbero decorato gli ambienti. Tutto doveva essere accogliente, colorato, una dimora in cui fosse piacevole vivere, lavorare, ospitare amici e colleghi per lunghe riflessioni in giardino, magari davanti a un buon bicchiere di vino. Vino che Jorn stesso, da grande appassionato (in special modo di vini piemontesi), produceva con l’uva che Berto e la moglie Teresa gli fornivano. “Caro Asger”, gli scriveva Berto in una lettera datata 24 gennaio 1973, “la tua lettera giuntami oggi ci ha lasciato molto addolorati sapendoti ricoverato in ospedale. Mi dici che ti manca molto il vino e il minestrone, per il vino ti ho spedito un piccolo pacco con due bottiglie di Barolo ’64 e una di Barbera ’67 che spero sia buono e che ti faccia piacere, per il minestrone niente da fare, ti aspettiamo ad Albissola per mangiarlo assieme, capirai, caldo dicono che sia migliore”.

Purtroppo, Asger non avrebbe più fatto ritorno ad Albissola: le tribolazioni inferte da un cancro ai polmoni ebbero la meglio su di lui, e l’artista scomparve il primo di maggio ad Aarhus, in Danimarca. Ma l’amicizia con Berto era già stata eternata con un’opera particolarmente toccante. Addossato alla dépendance nella quale l’artista volle collocare il proprio studio, vediamo un forno la cui cappa fu da Asger decorata con un mosaico realizzato per mezzo della tecnica ligure del rissêu: tipica di sagrati e giardini, prevedeva che l’immagine venisse composta con ciottoli rigorosamente bianchi e neri, recuperati da fiumi o dalla battigia. Sul fronte della cappa, una delle tante strane figure che popolano la residenza. Sul lato destro, Asger ha composto la scritta “BERTO / JORN”. Un modo per suggellare questo legame speciale tra il “foresto”, come usa dire da queste parti, e l’autoctono, tra l’artista giramondo e l’operaio, tra il vichingo dall’animo gentile e il ligure che annullò gli stereotipi sulla diffidenza degli abitanti di questa terra (insieme a pressoché tutti gli albissolesi, che mai fecero mancare il loro supporto all’artista venuto da lontano). Ma anche un modo per “firmare” quella grande opera d’arte che è Casa Jorn.

Casa Jorn ad Albissola Marina
Casa Jorn ad Albissola Marina. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Esterno di Casa Jorn
Esterno di Casa Jorn. Ph. Credit Amici di Casa Jorn


L'ingresso del museo
L’ingresso del museo. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Asger Jorn e Berto Gambetta
Asger Jorn e Berto Gambetta. Courtesy Amici di Casa Jorn


Il forno col mosaico
Il forno col mosaico. Ph. Credit Finestre sull’Arte


La firma di Berto e Jorn
La firma di Berto e Jorn. Ph. Credit Finestre sull’Arte

Un’abitazione oggi diventata la Casa Museo Jorn, diretta con competenza, passione e acume da Luca Bochicchio. Fu l’artista stesso a volere che la casa diventasse un museo. Le sue ultime volontà prevedevano che, dopo la sua dipartita, la casa venisse concessa in uso gratuito, vita natural durante, a Berto e Teresa. Quindi, una volta sopraggiunta anche la loro scomparsa, la casa, già donata al Comune di Albissola Marina, sarebbe stata trasformata in un museo. E così è stato: sottoposta a un lungo e complesso restauro, iniziato nei primi anni 2000 e terminato nel 2014, anno del centenario della nascita di Asger Jorn, è stata inaugurata per l’apertura al pubblico in data 3 maggio.

“È importante comprendere che la poesia non è soltanto qualcosa al di fuori dei bisogni essenziali della vita, ma che pane e vino sono poetici, che una casa è una poesia e una città è un ornamento, un prezioso gioiello”. Le parole di Asger Jorn trovano il loro compimento già sui primi scalini che dalla strada conducono al giardino e quindi all’abitazione. In ogni angolo della casa si respira poesia. I pavimenti esterni sono stese di frammenti di ceramiche fatti arrivare dalle Ceramiche Artistiche di Santa Margherita Ligure. Lacerti di varie forme, dimensioni e colori, uniti a formare uno dei mosaici più bizzarri che si possano calpestare: quello che per altri è uno scarto, per Asger Jorn è una possibilità. Non si butta via niente: dai dipinti di artisti dilettanti reperiti nei mercatini delle pulci fino alle piastrelle recuperate dalle manifatture di mezza Liguria, tutto è buono per creare una nuova operta d’arte, in accordo con quel principio della “rivalutazione” (così lo chiama la studiosa Karen Kurcynski) che animò la poetica di Asger Jorn, interessato com’era alle espressioni artistiche popolari in quanto cariche d’una creatività spontanea, lontana tanto dalle accademie quanto dalle avanguardie. “Jorn creò per sé e per la sua famiglia”, scrive Luca Bochicchio, "un’architettura spontanea, nella quale pittura, scultura, arti applicate e decorative si fondevano, creando un continuum con le forme e i colori della natura. Per questo ogni parte dei muretti, dei pavimenti e degli edifici contiene tracce di interventi artistici, realizzati spesso con materiali e oggetti di recupero: scarti di lavorazione del vetro, del marmo, delle fornaci, piastrelle, pietre di fiume, conchiglie, vasi antichi e, naturalmente, piatti e sculture di Jorn e di suoi amici". Fuori dalla casa, mostri d’ogni sorta, collocati sulle pareti esterne con chiare funzioni apotropaiche. Si tratta, per la più parte, di figure che rimandano alla mitologia nordica (ma non solo: nel giardino c’è anche un piccolo antro che accoglie, trecentosessantacinque giorni l’anno, un presepe cristiano in terracotta): per Jorn, il mito è un’interessante manifestazione di creatività collettiva, e compito dell’artista non è quello di credere ai miti (azione passiva del tutto inadatta a un artista), bensì quello di creare dei miti.

Un brano del pavimento esterno di Casa Jorn
Un brano del pavimento esterno di Casa Jorn. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Uno dei mostri sulle pareti esterne
Uno dei mostri sulle pareti esterne. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Il presepe
Il presepe. Ph. Credit Finestre sull’Arte

Il pianterreno dell’abitazione è una sorta di manifesto visivo di questi concetti. Dei mostri che popolano l’esterno, s’è già detto. All’interno, il primo ambiente che il visitatore incontra è la cucina, uno dei locali più vissuti da Jorn e dai suoi ospiti. Qui, si trovano piastrelle e utensili da cucina in ceramica, tutto materiale proveniente da laboratori locali. Alcune probabilmente sono anche ceramiche antiche. Sempre sulle pareti, sono stati sistemati i bozzetti per due opere monumentali: il Grande rilievo per il Liceo Statale di Aarhus (1959) e il Grande Mondo per la Casa della Cultura di Randers (1971). Un pannello illustra le fasi di realizzazione del Grande rilievo. Per Albissola Marina fu una specie di evento, date le dimensioni dell’opera (una colossale scultura in ceramica alta tre metri e larga ventisette) e date anche le tecniche poco ortodosse che l’artista aveva messo in atto per crearla: una famosa immagine lo ritrae mentre passa sopra alla creta con la sua Vespa bianca. Un gesto che intendeva fare della stessa creazione artistica una sorta di performance, un’azione che rendesse chiaro come l’atto stesso del creare sia dettato da una pulsione. Le figure che il visitatore trova nell’ambiente successivo, una veranda che collega il piano terra col primo piano, rispondono anch’esse allo stesso impulso: simili a quelle che popolavano l’arte di Jean Dubuffet, l’artista malgré lui per eccellenza, sono formate da pietre e frammenti di ceramiche che creano bizzarri personaggi che paiono usciti dalla mente d’un bambino. E con i bambini Jorn si trovava particolarmente a suo agio.

Lo dimostrano le ceramiche che si trovano appese a una delle pareti del salotto, al piano superiore. Sono piatti realizzati dai figli di Asger Jorn quand’erano ancora bambini, nel 1955, durante un esperimento realizzato nell’ambito d’un congresso della Bauhaus immaginista. Collocati entro uno degli ambienti più importanti della casa, perché per l’artista danese l’arte prodotta da un bambino era un qualcosa da prendere molto sul serio. L’artista Aksel Jørgensen (Copenaghen, 1883 - 1957), assieme al quale Jorn, da giovane, aveva lavorato a lungo, scriveva che “il bambino non è trattenuto o ostacolato dalla conoscenza psicologica, e nessuno gli chiede di subordinare a questo tipo di conoscenza il suo naturale bisogno di creare. Il bambino si trova da solo in mezzo al mondo e percepisce tutto ciò che lo circonda solo coi suoi occhi e senza riflessioni. [...] Il bambino non ha un concetto chiaro dell’esistenza fisica del mondo, e quindi vive secondo quelli che sono i suoi pensieri”. E Jorn, che la pensava allo stesso modo, scriveva che “un bambino che ama le belle figure e le incolla in un libro con impressa la scritta ’ALBUM’, infonde all’artista una speranza più grande di quella che potrebbe dargli un qualsiasi critico d’arte o direttore di museo”. Non stupisce dunque che l’artista danese abbia realizzato gran parte delle sue imprese artistiche ispirandosi agli scarabocchi dei bambini, né sorprende che i suoi figli abbiano partecipato alla decorazione della casa. Molto semplicemente, riteneva che i bambini fossero capaci di manifestazioni artistiche ben più spontanee e libere di quegli adulti, costretti entro certi schemi a causa delle conoscenze acquisite, delle abilità maturate, delle convinzioni estetiche divenute consapevoli.

E lui, nelle sue opere, cercava per quanto possibile di lavorare con lo stesso stupore d’un bambino. Cercava d’immaginare, e di far immaginare, quanti osservassero i suoi lavori. Come quelli che troviamo nelle camere da letto. Così li descrive Luca Bochicchio: “nei murales che vediamo qui si può notare la carica espressiva, gestuale e cromatica della pittura di Jorn. Dall’apparente caos di linee, sbavature e sgocciolature di colore, sembrano emergere figure deformi che possiamo ricostruire o interscambiare nella nostra mente. Secondo Jorn, l’arte visiva, così come l’architettura, doveva interagire con lo spettatore stimolandone l’immaginazione e la fantasia. L’arte pubblica e quella decorativa erano per Jorn ancora più importanti, in quanto potevano modificare la percezione dello spazio influendo positivamente sulla vita”. Lo stile è quello tipico degli artisti del gruppo Co.Br.A.: linee violente, colori forti che si mescolano, forme indefinite, che però mai si staccano totalmente dalla realtà. Secondo la definizione dello stesso Jorn: "un’arte astratta che non crede all’astrazione".

Si lascia l’edificio principale e si prosegue verso la dépendance. Nel giardino c’è una grande vasca che in origine doveva convogliare le acque piovane: sarebbero poi servite per l’irrigazione dei campi vicini. Gigli in fiore conducono verso la costruzione nella quale Asger Jorn volle allestire il suo studio. L’ambiente più piccolo era stato allestito a pensatoio: l’artista vi si ritirava quando voleva godersi un po’ di quiete in solitaria. E quand’era assente, la saletta era concessa a Berto e Teresa, che potevano utilizzarla come camera da letto. L’ambiente più grande è invece un’ampia aula soppalcata: qui l’artista dipingeva, e alcune foto alle pareti testimoniano l’uso di questa parte dell’abitazione. È ancora presente la tavola sulla quale Jorn appoggiava i dipinti per lasciarli asciugare.

La cucina di Casa Jorn
La cucina di Casa Jorn. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Asger Jorn, Senza titolo
Asger Jorn, Senza titolo, cucina (1959-1960 circa; scarti di fornace; Albissola Marina, Casa Museo Jorn)


Esterno della veranda in notturna
Esterno della veranda in notturna. Ph. Credit Amici di Casa Jorn


Particolare della veranda
Particolare della veranda. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Asger Jorn, Senza titolo
Asger Jorn, Senza titolo, veranda (1959-1960 circa; scarti di fornace e tecnica mista; Albissola Marina, Casa Museo Jorn)


Il salotto di Casa Jorn
Il salotto di Casa Jorn. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Particolare del salotto con, sulla destra, i piatti dei bambini
Particolare del salotto con, sulla destra, i piatti dei bambini. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Bambini di Asger Jorn, Piatto, Secondo esperimento della Bauhaus immaginista
Bambini di Asger Jorn, Piatto, Secondo esperimento della Bauhaus immaginista (1955; terracotta dipinta sotto vernice, 29 x 26 cm; Albissola Marina, Casa Museo Jorn)


Asger Jorn, Murale
Asger Jorn, Murale, camera da letto (anni ’60; pittura acrilica; Albissola Marina, Casa Museo Jorn)


Asger Jorn, Murale
Asger Jorn, Murale, camera da letto (anni ’60; pittura acrilica; Albissola Marina, Casa Museo Jorn)


La vasca del giardino
La vasca del giardino. Ph. Credit Finestre sull’Arte


I gigli in fiore
I gigli in fiore. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Il pensatoio
Il pensatoio. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Foto di Asger Jorn nel suo studio, appoggiata alla tavola che utilizzava per lasciar asciugare i dipinti
Foto di Asger Jorn nel suo studio, appoggiata alla tavola che utilizzava per lasciar asciugare i dipinti

Oggi, quello che un tempo era lo studio di Asger Jorn è diventato un locale che accoglie mostre temporanee. A Casa Jorn si tengono infatti anche esposizioni, di artisti affermati come di giovani che iniziano a farsi strada nel mondo dell’arte: l’Associazione degli Amici di Casa Jorn, che si occupa della valorizzazione del complesso, è composta da giovani professionisti che hanno interesse a mantenere alta la qualità degli eventi che vi si svolgono. Non solo mostre: anche incontri, presentazioni di libri, performance, concerti. Oltre a una collezione permanente che accoglie un centinaio d’opere di Asger Jorn (casomai non bastasse considerare la casa un’opera di per sé), e a un centro di ricerca sull’arte contemporanea attivo e vivace. Un museo nato grazie a un’amministrazione comunale attenta e a un gruppo di studiosi con le idee chiare, capaci di lavorare attorno a un progetto culturale d’altissimo livello, in grado di soddisfare tanto gli addetti ai lavori quanto i visitatori e gli appassionati d’arte. E tutto nello spirito di quel grande artista danese che, un giorno di marzo del 1954, arrivò ad Albissola Marina per scrivere una nuova e ricca pagina di storia dell’arte. Una pagina che, a Casa Jorn, si può leggere in tutta la sua ambiziosa e calorosa poesia, delicata ed energica allo stesso tempo.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).






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