In ogni cena di Natale che si rispetti non manca mai l’invadente figura della zia vecchia che regala al nipote il solito, atroce e temibilissimo maglione in lana pesante a losanghe in technicolor, con le figure delle renne e dei fiocchi di neve. Da tempo immemore, generazioni su generazioni di nipoti hanno dovuto necessariamente scontrarsi con il più classico dei dilemmi natalizi: gettare il regalo, oppure indossarlo per il pranzo di Santo Stefano onde far contenta la parente?
A Firenze, proprio durante le feste appena trascorse, l’antico rituale del maglione sgradevole si è rinnovato, e questa volta non soltanto, com’è lecito immaginarsi, nelle case dei fiorentini, ma anche nelle sale di Palazzo Vecchio. Il ruolo della zia vecchia, nel Natale fiorentino, è spettato a Jeff Koons, e il Comune di Firenze ha dovuto, probabilmente suo malgrado, vestire i panni del nipote dal sorriso forzato a cui tocca far buon viso a cattivo gioco. È infatti accaduto che l’artista-manager statunitense, tra i più discussi nel panorama dell’arte contemporanea, abbia avuto la splendida idea di lasciare, “per un lungo periodo di tempo”, la sua statua Pluto and Proserpina piombata in piazza della Signoria a ottobre e destinata a rimanerci almeno fino al 21 gennaio, data di conclusione ufficiale dell’iniziativa che ha esposto il lavoro di Koons vicino alle statue dei grandi artisti del Cinquecento. Evidentemente, le lodi a profusione di stampa e politica e la possibilità di esporre un’opera in una delle piazze più famose del mondo, non sono bastate a Jeff Koons, che con un’abilissima mossa di marketing presentatasi sotto le sembianze di una generosa donazione (seppur con diritto di riscatto: parrebbe infatti che la donazione non sia perpetua) ha deciso di lasciar la sua opera in città.
E adesso il problema è tutto del Comune di Firenze. Disfarsi del maglione, oppure indossarlo per far contenta la zia? Certamente, così come il nipote non si sognerebbe mai di mettere lo spaventoso indumento quando è fuori con gli amici o con la fidanzata (pena il pubblico ludibrio), il Comune di Firenze potrebbe accantonare l’ipotesi di sistemare in una piazza il gigantesco Ferrero Rocher di Koons, come è stato efficacemente descritto da un commentatore su Facebook. E potrebbe invece metterlo al riparo da occhi indiscreti, ma in una collocazione tale da non lasciar adito a eventuali critiche da parte del donatore: si parla dunque del Museo del Novecento, del cortile di Palazzo Medici-Riccardi, o del Teatro dell’Opera.
Jeff Koons, Pluto and Proserpina (2010-2013) |
Credo, tuttavia, che Pluto and Proserpina non stia poi così male all’aperto, neppure in piazza della Signoria, anzi: è un’opera ideale per la Firenze di oggi. Intendiamoci: l’arte contemporanea deve occupare piazze e spazi pubblici, e può e deve anche dialogare con l’antico. Solo negli ultimi due anni, non sono mancati esempi molto intelligenti di statue di scultori contemporanei inserite in contesti immutati da secoli: e per non uscire dai confini regionali, potremmo citare gli esempi di Mitoraj in piazza dei Miracoli a Pisa, di Cárdenas nelle vie del centro storico di Carrara, di Lipchitz in Palazzo Pretorio a Prato. Certo: affinché il dialogo sia proficuo, è necessario che l’arte contemporanea abbia qualcosa da dire o da mostrare, e che si innesti bene nel tessuto storico-artistico del luogo che la ospita. La scultura di Jeff Koons può aprire un dialogo tutt’altro che stridente con l’essenza della Firenze odierna. Jeff Koons non ha inventato niente di nuovo: il suo maggior contributo alla storia dell’arte, come ha notato Luigi Bonfante in uno straordinario articolo pubblicato su Doppiozero, è quello di aver introdotto la "nobilitazione del kitsch", di aver elevato il cattivo gusto a opera d’arte. La sua stessa Pluto and Proserpina non è, come molti credono, un’interpretazione del celeberrimo Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini: è semplicemente la riproduzione di una porcellana settecentesca che riprendeva il tema del ratto di Prosperina a sua volta non da Bernini, ma da un artista che si era ispirato al capolavoro berniniano. Koons ha, in sostanza, ingrandito e dorato un manufatto che può essere considerato come poco più che un souvenir. Come quelli, moderni, che abbondano nelle bancarelle di tutte le città turistiche, Firenze inclusa. Ma anche nei bookshop dei musei: agli Uffizi, per esempio, sono in vendita terrificanti gadget (uova con la Venere di Botticelli, riproduzioni del David di Michelangelo dotate di vestiti da fargli indossare) il cui cattivo gusto è lo stesso che caratterizza l’opera omnia di Jeff Koons.
Gadget in vendita agli Uffizi |
E se consideriamo l’atto della donazione di Pluto and Proserpina come una mossa commerciale, non potremo anche qui non trovare un’assonanza con le operazioni di marketing attraverso le quali il patrimonio storico-artistico viene considerato merce di scambio per allestire mostre d’intrattenimento, o con le quali si fa in modo che certi luoghi-simbolo di Firenze si tramutino in location da affittare a danarose celebrities. Lo stesso marketing che ha trasformato la città in una sorta di luna park per turisti e che ha allontanato gli abitanti dal centro storico non poteva trovare maggior glorificazione d’una statua che si configura come un prodotto della stessa cultura che ha governato Firenze negli ultimi tempi. È stupido gridare al presunto oltraggio perpetrato nei confronti dei grandi del Cinquecento: l’opera di Koons, per dirla con Bonfante, “strappa la forma antica dalla sua storicità e la offre alla meraviglia e al godimento immediato di turisti e bambini”. Ed è la stessa cosa che Firenze fa da anni: prima di scandalizzarsi per l’opera di Koons, occorrerebbe dunque scandalizzarsi per l’operato di molte delle ultime amministrazioni comunali, provinciali, e anche statali. C’è, insomma, una totale corrispondenza tra la statua di Koons e l’anima della Firenze di oggi: e non sarebbe una pessima idea se Pluto and Proserpina rimanesse esposta in una piazza pubblica di Firenze per lungo tempo. Non certo perché l’arte di Koons porta innovazione, e ancor meno perché porta evoluzione: Pluto and Proserpina non è un’opera innovativa e non fa evolvere alcunché. Semplicemente, rappresenta in maniera molto efficace la decadenza della città: una decadenza che, tuttavia, non ha niente di malinconico, né di romantico. È una decadenza vuota e kitsch, e niente avrebbe potuto celebrarla meglio della statua di Koons.
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).