Ogni volta che si parla dei dipinti di Leonardo da Vinci conservati al Louvre di Parigi, c’è sempre qualcuno che salta fuori dicendo che “la Francia dovrebbe restituirli all’Italia”, “la Gioconda è stata rubata da Napoleone”, e via discorrendo, in un poco gradevole mix di nazionalismo becero e scarsa conoscenza di come sono andate le cose. È risaputo che la Gioconda (così come altre opere di Leonardo conservate al Louvre) non è stata rubata durante le spoliazioni napoleoniche. Il dipinto, infatti, si trova in Francia fin dal 1517. Lo sappiamo da uno scritto del canonico Antonio de Beatis, segretario del cardinale Luigi d’Aragona: Antonio de Beatis aveva viaggiato in Francia al seguito del cardinale e, nel suo “diario di viaggio”, annotava l’incontro tra Leonardo da Vinci e Luigi d’Aragona: “el signore (Luigi d’Aragona, nda) con noi altri andò ad videre messer Lunardo Vinci firentino, vecchio de più de LXX anni, pictore in la età nostra excellentissimo, quale mostrò ad sua Signoria Illustrissima tre quatri, uno di certa donna firentina, facto di naturale, ad instantia del quondam magnifico Iuliano de Medici, l’altro di san Iohanne Baptista giovane, et uno de la Madonna et del figliolo che stan posti in gremmo de sancta Anna, tucti perfectissimi”.
L’annotazione è del 10 ottobre 1517 e i dipinti, partendo dall’ultimo, sono la Madonna col Bambino e sant’Anna, il San Giovanni Battista, mentre la prima è probabilmente la Gioconda, dipinto che comunque figura nelle collezioni di Francesco I di Francia già a partire dall’anno successivo, il 1518: è ipotizzabile che l’opera, insieme ad altri dipinti che Leonardo aveva portato con sé in Francia dall’Italia, fosse stata venduta al re da Gian Giacomo Caprotti detto il Salaì, uno degli allievi di Leonardo. È comunque sicuro e incontrovertibile il fatto che il re di Francia risulta essere proprietario di alcuni dipinti, tra cui la Gioconda, nel 1518 (anche se non sappiamo secondo quali modalità è stata acquistata): pertanto, tali dipinti appartengono legittimamente alla Francia. E allora, perché c’è ancora chi sostiene che la Gioconda sia stata rubata da Napoleone e ne chiede a gran voce il ritorno in Italia?
Leonardo da Vinci, La Gioconda (1503-1513 circa; olio su tavola, 77 x 53 cm; Parigi, Louvre) |
In realtà, esiste una precisa connessione tra Napoleone e la Gioconda: pare che infatti Napoleone amasse particolarmente il dipinto di Leonardo, tanto da portarlo nel 1800 al Palazzo delle Tuileries, all’epoca sua residenza, per appenderlo nelle stanze della moglie Joséphine (sono molti gli storici dell’arte che riportano questa notizia). La Monna Lisa sarebbe poi entrata a far parte delle collezioni del Louvre, che all’epoca si chiamava Musée Napoléon, nel 1804. Questo aneddoto, unito al fatto che le collezioni del Louvre furono effettivamente alimentate grazie alle ruberie compiute dai soldati di Napoleone in terra italiana, probabilmente contribuì a far circolare la voce secondo cui il dipinto è stato davvero rubato da Napoleone. Una voce diffusa già molto tempo fa: di sicuro circolava già nel 1911, l’anno del furto della Gioconda da parte di Vincenzo Peruggia (qui un approfondimento), imbianchino italiano che per un certo periodo di tempo lavorò al Louvre. Il furto fu motivato da ragioni, per così dire, “patriottiche”: Peruggia era convinto che la Gioconda facesse parte dei dipinti trafugati da Napoleone, e volle rubarla per restituirla all’Italia. Tra l’altro, curiosamente, il dipinto che al Louvre sta nella parete di fronte a quella dove è esposta la Monna Lisa, ovvero le Nozze di Cana di Paolo Veronese, è un’opera che è stata veramente spedita in Francia durante le spoliazioni napoleoniche, per l’esattezza nel 1797.
Ma non è tutto: non è neppure vero che Napoleone non rubò nessuna opera di Leonardo da Vinci. È il caso del Codice Atlantico, la più ampia raccolta esistente di disegni e scritti del grande artista toscano: Napoleone, nel 1796, requisì il Codice, che fino al 1815 fu esposto al Louvre. Tornò in Italia grazie all’operato di Antonio Canova, che fu incaricato dallo Stato Pontificio di riportare in Italia le opere di proprietà della Chiesa sottratte durante le spoliazioni napoleoniche e per le quali lo Stato Pontificio aveva chiesto la restituzione. Il Codice Atlantico fu quindi inserito in una lista di beni da restituire alla Biblioteca Ambrosiana, sua legittima proprietaria: l’opera poté tornare in Italia e oggi fa di nuovo parte del patrimonio della Biblioteca. Si tratta, tuttavia, dell’unico codice di Leonardo restituito all’Italia di quelli trafugati.
È stata dunque una serie di aneddoti e fatti storici realmente accaduti (e sicuramente travisati) a diffondere la bufala della Gioconda rubata da Napoleone. Abbiamo visto che le connessioni tra colui che fu l’imperatore dei francesi e il più celebre capolavoro di Leonardo sono diverse. Ma questo non vuol dire che la Gioconda debba essere restituita all’Italia in quanto, ripetiamo, è legittima proprietà della Francia in seguito a un acquisto avvenuto nel 1518 da parte del re Francesco I.
Bibliografia di riferimento
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo